La memoria depositata in Senato sul decreto Agosto. I magistrati contabili propongono di semplificare le politiche passive per il lavoro. In tema di regolamentazione dei licenziamenti "condivisibile la scelta di vincolare l’impresa che usufruisce appieno degli ammortizzatori sociali a mantenere in essere il rapporto, ma non di vincolare le imprese che non hanno fruito integralmente dei benefici"
Semplificare le politiche per la tutela e il reinserimento dei lavoratori, ma anche prevedere un legame tra i bonus e le situazioni economiche dei beneficiari, dopo questa prima fase di aiuti. E’ quanto suggerisce la Corte dei Conti nella memoria depositata in Senato sul decreto Agosto. I magistrati contabili propongono di riconsiderare le politiche passive per il lavoro, “in un quadro che tenga conto delle molteplici esigenze emerse: tra esse, una maggiore semplificazione e una più chiara separazione della funzione assicurativa generale da quella connessa alla gestione dei processi di crisi strutturale e delle correlate esigenze di ricollocazione dei lavoratori”. Su questo fronte il governo ha già annunciato di aver avviato la revisione del sistema degli ammortizzatori, con un doppio canale che affianchi all’integrazione del salario la riqualificazione del lavoratore nei casi in cui la crisi dell’impresa sia considerata irreversibile. Quanto ai bonus, “se, da un lato, va ribadita una valutazione positiva circa la scelta iniziale di procedere ad erogazioni diffuse e basate su criteri non eccessivamente discriminanti, dall’altro, appare ora evidente la necessità di collegare le stesse alle condizioni economiche complessive dei percipienti”.
Sempre in materia di politiche per l’occupazione, la Corte segnala che “va attentamente vagliata la scelta di utilizzare una parte relativamente cospicua di risorse per “fiscalizzare” gli oneri sociali per le imprese del Sud. Manca al momento un bilancio complessivo degli effetti prodotti dalle politiche di decontribuzione per i lavoratori giovani assunti a tempo indeterminato introdotte negli ultimi anni (dalla legge di bilancio del 2017 in poi, con varie modifiche successive). Vi è da chiedersi se il contesto postpandemia (possibilità di processi di re-shoring, spinta al riposizionamento di paesi e regioni nelle catene globali del valore, ecc) non induca ad affrontare il tema della competitività del Mezzogiorno in una logica diversa da quella, pura ed antica, della riduzione del costo del lavoro”.
In tema di regolamentazione dei licenziamenti, “appare condivisibile la scelta di vincolare l’impresa che usufruisce appieno degli ammortizzatori sociali a mantenere in essere il rapporto di lavoro, ma non di vincolare le imprese che non hanno fruito integralmente dei benefici approntati: ne potrebbero scaturire difficoltà nell’emersione delle effettive realtà aziendali e ritardi nelle misure di ristrutturazione e risanamento (in larga parte) comunque inevitabili”, sottolineano i magistrati contabili.
“In un contesto di emergenza sanitaria quale quello che stiamo attraversando”, è la premessa, “la politica di bilancio chiamata a giocare un ruolo indispensabile. La necessità di prevedere un lungo periodo di convivenza con il virus (in attesa degli sviluppi attesi sul fronte delle cure e del vaccino) oltre a richiedere un rafforzamento del sistema sanitario, rende necessari interventi volti da un lato a preservare la capacità produttiva del sistema economico e le sue potenzialità di crescita e dall’altro a garantire l’occupazione senza gravare sui conti delle imprese, attraverso gli strumenti della cigo e Cassa in deroga e gli altri istituti”. Il decreto si pone in continuità con quelli varati nei mesi scorsi, “concentrando gli interventi sui comparti più interessati dalla crisi e sulle misure a favore dei lavoratori, attraverso gli strumenti della cassa integrazione e confermando, per quanto riguarda la liquidità delle imprese, le misure basate sulla proroga dei versamenti tributari e contributivi”.
Dopo aver valutato positivamente “il rifinanziamento di misure del Piano Transizione 4.0, degli investimenti strategici innovativi e, in particolare, del Fondo IPCEI per consentire l’erogazione dei contributi alle imprese che partecipano agli Importanti Progetti di Interesse Comune Europeo”, come “importante occasione di sviluppo per le imprese, anche di piccole e medie dimensioni, operanti nei settori più innovativi” e giudicato “giustificato” in relazione all’attuale contesto economico il rafforzamento patrimoniale delle imprese di maggiori dimensioni in difficoltà attraverso l’utilizzo del Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività di impresa, le Sezioni riunite in sede di controllo della Corte avvertono che “tale finalità di salvaguardia dovrà essere adeguatamente contemperata con le esigenze di sana gestione delle risorse pubbliche, che dovranno confluire sulle imprese caratterizzate da una ragionevole prospettiva di recupero economico”.
Quanto alle ulteriori direzioni in cui muove il decreto, se positivo è l’impegno su servizi sanitari e scolastici e sugli enti territoriali in difficoltà “con reintegro delle risorse intaccate dal calo del gettito tributario, il sostegno alle spese di investimento e interventi, anche finanziari, rivolti a mitigare gli effetti dell’emergenza sugli enti che presentano criticità finanziarie (in procedura di riequilibrio ex art. 243-bis, in programma di rientro dal deficit strutturale) nonché la sospensione dei termini procedimentali dei piani e delle stesse procedure esecutive avviate dai creditori”, va detto che queste misure “si innestano in un contesto normativo già frammentario e disorganico che richiederebbe, invece, una riconsiderazione complessiva al fine di costruire assetti normativi efficaci e stabili, evitando il ricorso a interventi che non contribuiscono a risolvere strutturalmente i problemi, ma si limitano a differirli. Essi mancano di un respiro sistematico e ciò non può che creare incertezza nelle amministrazioni”.