Il 2 settembre un uomo, che per un periodo ha vissuto fuori dal campo di Moria, è risultato positivo al tampone. Le autorità greche avevano imposto il totale isolamento del campo fino al 31 agosto per abbassare al minimo i rischi di contagio
La pandemia da coronavirus è entrata a Moria, campo profughi dell’isola di Lesbo, e ora rischia di causare centinaia di vittime tra uomini, donne e bambini, che sono già stremati da condizioni di vita disumane. L’allarme è stato lanciato da Oxfam e Greek Council for Refugees (Gcr), che chiedono l’intervento immediata del governo greco e dell’Unione Europea per evitare che l’emergenza si trasformi in una catastrofe sanitaria.
Il 2 settembre un uomo, che per un periodo ha vissuto fuori dal campo ufficiale, è risultato positivo al tampone. Nel campo profughi dell’isola di Lesbo, dove sono stati registrati oltre 80 casi, le autorità greche avevano imposto il totale isolamento del campo fino al 31 agosto per abbassare al minimo i rischi di contagio. Nelle ultime settimane Mitilene, il capoluogo dell’isola, è stata presa d’assalto dai turisti. Dopo aver accertato il caso di positività, le autorità hanno deciso di prolungare la quarantena per altri 14 giorni, fino a metà settembre.
Nel campo vivono attualmente quasi 13mila persone, ben più delle 3mila previste dagli spazi a disposizione. Il 40% sono bambini. I profughi sono costretti a dormire all’aperto o ammassati in tende di 2 metri per 3, con una media di 15 o 20 persone al loro interno. L’accesso all’acqua è garantito per sole 5-6 ore al giorno e i servizi igienici, già precari, sono inadeguati per far fronte alla diffusione del contagio: lo stesso bagno viene utilizzato da almeno 160 persone, in 500 sono costretti a condividere la stessa doccia, oltre 300 persone utilizzano lo stesso rubinetto nell’assoluta mancanza di sapone.
Un nuovo rapporto pubblicato oggi denuncia come le regole di confinamento sempre più severe imposte agli oltre 24mila migranti sulle isole greche, si stiano trasformando in misure di “detenzione” de facto, del tutto inadeguate a contenere il diffondersi della pandemia. Un modello “discriminatorio e lesivo dei diritti umani fondamentali”, che adesso rischia di diventare un approccio condiviso a livello europeo. “A quasi 6 mesi dallo scoppio della pandemia, il piano di emergenza ideato dal governo greco per fronteggiare il contagio nei campi è ancora del tutto inadeguato ed espone a un rischio altissimo i migranti, il personale umanitario e tutta la popolazione delle isole – ha affermato Natalia Rafaella Kafkoutsou del Greek Council for Refugees – Si concentra infatti quasi esclusivamente sulle limitazioni della circolazione, piuttosto che su prevenzione e risposta sanitaria. Invece di proteggere le persone, i presidi sanitari nel campo sono stati multati e molti centri di accoglienza sulla terraferma, che potevano accogliere i migranti, sono stati chiusi”.
Oxfam e Grc chiedono che vengano fatti tamponi a tutte le persone nel campo e che tutti i migranti siano trasferiti sulla terraferma, in Grecia e in altri Paesi Ue. Secondo le due organizzazioni, il governo greco sta progettando di trasformare tutti i campi profughi sulle isole in centri dove le persone in fuga da conflitti o persecuzioni, compresi i bambini, saranno di fatto detenute. Un approccio che assieme alle cosiddette “procedure accelerate” per le richieste, rischia di fatto di cancellare l’obbligo da parte dei Paesi europei di garantire protezione alle persone in cerca di asilo.
“Piuttosto che lavorare insieme per migliorare le condizioni vita di decine di migliaia di disperati intrappolati nelle isole greche, l’Europa sta permettendo alla Grecia di violare i diritti fondamentali dei richiedenti asilo – denuncia Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia -. Per questo siamo estremamente preoccupati che la Commissione europea e i Paesi membri mutuino il modello greco per la riforma del sistema di asilo a livello europeo, di cui si discuterà nelle prossime settimane. Per questo chiediamo alla Commissione europea di lavorare a una riforma del sistema di asilo a livello europeo, che consenta a chi fugge da guerre e persecuzioni di poter accedere a procedure per la richiesta di asilo eque ed efficaci”.