Nicola Zingaretti non voleva ricandidare Vincenzo De Luca alla presidenza della Campania. Voleva sacrificarlo sull’altare della tenuta dell’accordo di governo Pd-M5s, da rafforzare attraverso una comune intesa sul ministro dell’Ambiente Sergio Costa.

Un nome e un progetto che piacevano al segretario napoletano dei dem Marco Sarracino e alla leader dei pentastellati locali Valeria Ciarambino. Sappiamo come è andata a finire. Il virus ha rimesso in pista De Luca che, per punire Zingaretti, ha disegnato una polverizzazione delle liste, ne ha messe in campo 15, ha schierato gli uomini migliori, i campioni delle preferenze, i politici più radicati sul territorio, in “De Luca presidente”.

Con un unico scopo: ridimensionare il Pd. Provare a impedirgli di essere il primo partito della coalizione. De Luca vuole infatti dimostrare a Zingaretti che lui vince da solo. Che con o senza i dem, il suo “brand” di governatore del lanciafiamme è di successo sicuro.

Se, come pare molto probabile, De Luca verrà riconfermato, decisiva per le sorti future del centrosinistra napoletano sarà l’analisi del voto. Un Pd sconfitto da “De Luca presidente” avrebbe poca voce in capitolo nella scelta del candidato sindaco di Napoli. Potrebbe essere fagocitato dal sistema di potere del governatore.

In ogni caso, e forse proprio per questo, Sarracino ha messo le mani avanti e ha giocato d’anticipo, rilasciando interviste a tre testate napoletane alle quali ha annunciato sin da ora di voler lavorare “ad una coalizione sul modello di quella che sostiene il governo Conte, molto diversa da quella che sostiene De Luca”. Staremo a vedere.

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