Benedetto XVI contro Francesco? O Francesco contro Benedetto XVI? Mentre Bergoglio si appresta a eguagliare la lunghezza del pontificato del suo immediato predecessore, le tifoserie di ambo le parti inaspriscono l’immagine di due Pontefici, l’emerito e il regnante, in perenne contrapposizione. Un’immagine tutt’altro che reale e che finisce per danneggiare sia Ratzinger che Bergoglio, costretti a subire passivamente dei veri e propri cliché da coloro che si sono autonominati esegeti esclusivi dell’uno o dell’altro pontificato.
A cercare di spazzare via questo fumo dannoso e a ridare spazio alla verità è il volume dal titolo significativo: Una sola Chiesa (Rizzoli). A firmarlo sono proprio Francesco e Benedetto XVI ed è impreziosito dalla prefazione del cardinale Segretario di Stato vaticano Pietro Parolin. “Il primo impulso per la realizzazione di quest’opera”, come scrive l’editore del libro, si deve a monsignor Giuseppe Antonio Scotti, segretario della Conferenza episcopale lombarda, che nel passato è stato segretario aggiunto del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, presidente della Libreria Editrice Vaticana e della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI.
Il volume, che ha avuto una gestazione molto lunga in questi ultimi anni e che più di un autorevole commentatore dei sacri palazzi sperava di vedere abortire, presenta sedici catechesi del mercoledì di Benedetto XVI affiancate da analoghi brani di Francesco. Pagina dopo pagina emerge una perfetta continuità di magistero, sia dal punto di vista tematico che da quello dei contenuti, che mostra una naturale progressione nella successione dei Pontefici che da San Pietro arriva oggi fino a Bergoglio.
È normale, e ciò si evince con chiarezza nel volume, che ciascuno dei due ultimi vescovi di Roma manifesti una maggiore sensibilità per i temi a lui più affini, per formazione, per cultura e per età. E anche che gli stili siano assai diversi, come è giusto che sia. Ma entrambe le voci formano quel corpo unitario che costituisce il magistero pontificio. A dispetto di chi vive contrapponendo continuamente Ratzinger e Bergoglio
“Nel caso di Benedetto XVI e Papa Francesco, – scrive il cardinale Parolin nella prefazione – la naturale continuità del magistero papale ha un tratto unico: la presenza di un Papa emerito in preghiera accanto al suo successore. Nei rari interventi pubblici di questi anni, il Papa emerito non ha mai mancato di sottolineare la peculiarità, lo ‘stile’ del ministero di Papa Francesco: ‘La sua pratica pastorale’ ha dichiarato in un’ intervista concessa al gesuita belga Jacques Servais ‘si esprime proprio nel fatto che egli ci parla continuamente della misericordia di Dio. È la misericordia quello che ci muove verso Dio, mentre la giustizia ci spaventa al suo cospetto. A mio parere ciò mette in risalto che sotto la patina della sicurezza di sé e della propria giustizia l’uomo di oggi nasconde una profonda conoscenza delle sue ferite e della sua indegnità di fronte a Dio. Egli è in attesa della misericordia’”.
Il porporato sottolinea, inoltre, la “continuità del magistero” e la “peculiarità dello stile pastorale”, ma precisa che “tra Benedetto e Francesco esiste in primo luogo una viva comunanza d’affetto”. E aggiunge: “Di questa vicinanza intima e profonda è segno durevole questo libro, che presenta fianco a fianco le voci a confronto di Benedetto XVI e Papa Francesco su temi cruciali. È un ‘abbecedario del cristianesimo’ per riorientarsi sulla fede, la Chiesa, la famiglia, la preghiera, la verità e la giustizia, la misericordia e l’amore. La consonanza spirituale dei due Pontefici e la diversità del loro stile comunicativo moltiplicano le prospettive e arricchiscono l’esperienza dei lettori: non solo i fedeli ma tutte le persone che, in un’epoca di crisi e incertezza, riconoscono nella Chiesa una voce in grado di parlare ai bisogni e alle aspirazioni dell’uomo”.
Gli fa eco monsignor Scotti che, subito dopo l’elezione di Bergoglio, notò che “quello usato da Francesco veniva interpretato, prevalentemente dai mass media, come un linguaggio di rottura rispetto al magistero precedente”. E aggiunge: “Leggendo con attenzione i documenti e vedendo da vicino l’azione del nuovo Papa, vedevo che questa rappresentazione era fuorviante. Francesco aveva certamente una sua originalità, bella, fresca, tutta da scoprire e assimilare. Ma nei contenuti non registravo rotture con il passato”. Una vera e propria “novità nella continuità” come è stato per la Chiesa il Concilio Ecumenico Vaticano II.