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Riki a FqMagazine: “Ho vomitato il successo, ora gli eccessi mi hanno stufato”

Il cantante, secondo classificato ad “Amici 16” nel 2017, pubblica “PopClub”, dove racconta di sé senza filtri. Il successo improvviso, il Forum sold out, l'esperienza in Sudamerica, il no ad “Amici Speciali”,  l'ultimo posto a Sanremo e le polemiche per alcune sue frasi molto forti. Poi il silenzio, l'autodistruzione e la rinascita. Riki senza filtri a IlFattoQuotidiano.it

di Andrea Conti

Riki chiede scusa diverse volte, riconosce gli errori spiazzandoti perché li ha identificati e si ripromette di non farne più, cita più volte la parola verità, fino all’ammissione di aver attraversato un momento difficilissimo a causa del successo e di essersi trovato ad un bivio. Il Forum sold out, il grande successo, i riflettori puntati dei social e dei media, occhi azzurri, tanta determinazione e autodifesa estrema, fino ad usare le parole sbagliate nel momento sbagliato con la valanga dei social addosso. Quando si sale, si vuole sempre di più, si esagera e si perdono di vista le cose più importanti. Poi la ricostruzione mattone dopo mattone, proprio come sta facendo in questi giorni, rimettendo a nuovo un loft ai margini di Milano, per ricominciare. Il cantante fa autocritica massima e lo fa attraverso il suo ultimo disco “PopClub”, uscito venerdì dopo il primo stop a causa della pandemia. Un album pop, ben prodotto, ma anche sperimentale tra elettronica e sonorità latine. Un progetto che arriva a 3 anni di distanza dal precedente “Mania”. Canzoni che sembrano ritratti, come “Margot” una prostituta sola e senza amici, fino all’ultimo brano “Petali e vocoder”, un vero e proprio manifesto esistenziale che apre ad un nuovo percorso. Riki pensa già al prossimo disco e punterà al minimalismo, non solo musicale ma anche come filosofia di vita. Riki, secondo classificato ad “Amici 16” nel 2017, senza filtri, senza alcun tabù a IlFattoQuotidiano.it.

Hai scritto su Twitter “quando si è in alto spesso non ci si rende conto della fortuna che ci avvolge, tutto sembra dovuto e tutto ci stanca. Subentra allora la voglia di cadere”. Hai vissuto momenti bui?
Questo è un periodo negativo per tutti, però il lockdown mi ha permesso di fare riflessioni importanti che altrimenti non avrei mai potuto fare. Mi sono ritrovato a pensare, ragionare su quali siano stati gli errori che ho commesso e quali le cose belle che ho fatto. Sono andato a rivedere, ad esempio, tutti i miei video dal 2017 in poi e mi sono reso conto che molte cose erano da fuori di testa. Non mi rendevo conto di quello che stavo vivendo e nemmeno capivo quanto fossero grandi, forse perché vivevo inconsapevolmente nel frullatore mediatico. Così col senno di poi mi sono reso conto di tantissime cose, anche di quelle meno belle, in relazione soprattutto al mio rapporto con i social.

Che rapporto hai oggi con i social?
Credo che siano un mezzo di comunicazione importante e veloce, danno la possibilità di far parlare chiunque. Prima non tutti avevano diritto di parola, ora non è più cosi. Poi tutto dipende anche da quello che si dice, dalla cultura, dal modo di comportarsi e dall’intelligenza delle persone. Spesso non vengono usati nel modo corretto.

Anche tu hai cambiato la modalità di utilizzo?
Sì, oggi voglio lanciare messaggi senza pretese, condividendo quello che posso con le persone che mi seguono. Spiegare quello che ho vissuto.

Cosa hai vissuto?
Quando sono tornato, nell’estate del 2019, dal Sudamerica per alcuni impegni di lavoro, non posso dire di essere caduto in depressione, ma volevo quasi vomitare e rinnegare quello che avevo fatto sino ad allora.

Perché?
Il motivo lo so e capisco che, a tanti, possa sembrare un discorso paraculo, ma questa è la verità: avevo voglia di rifiutare me stesso e tutto quello che avevo fatto in precedenza. Quando ti succedono tante cose belle e sei sempre sulla cresta dell’onda ti sembra che tutto sia dovuto. Quando mi sono reso conto che volevo di più e ancora di più, mi sono fermato in tempo. Dopo aver ottenuto successo in Sudamerica, sono tornato e mi sono concentrato sui miei impegni in Italia, facendo cose diverse, sperimentali, quasi borderline. Solo dopo ho capito di aver commesso degli errori. Oggi vedo le cose molto più chiare di prima: mi comportavo così perché era un mio modo di rifiutare quello che avevo, insomma volevo autodistruggermi.

Ci sei riuscito?
Ho fatto quello che dovevo fare e l’autodistruzione è avvenuta, ma non in accezione negativa perché era una cosa necessaria. Mi portavo dietro tantissimi pregiudizi per via di alcune cose che avevo fatto in precedenza. Ci sta, fa parte del gioco. Però era giunto il momento di dare un taglio netto per poi riprende il giusto percorso. Allo stesso modo quando sei in alto e poi cominci a scendere, molte persone più sagge ti dicono che ‘dagli errori si impara e poi ritornare più in alto diventa stimolante’, successivamente si apprezza di più quello che ottieni. Io ho capito che quando scendi, senti prima l’esigenza di poter capire meglio quanto accade attorno a te, per poi avere più voglia di risalire in fretta.

Come hai vissuto il tuo lockdown?
Con la mia ragazza, abbiamo superato una bella prova. Poi ho aiutato mio padre, che si trovava al lago, perché aveva bisogno di assistenza e gli mancavano mascherine, medicine e tutto quanto gli occorreva perché soffre di pressione e ha bisogno di determinate cure. È stato un periodo complesso che ha portato anche molto dolore ai miei amici d’infanzia: c’è chi ha perso anche i genitori e i nonni. Un momento durissimo per il mondo intero, ma per me alla fine fermarmi totalmente mi ha fatto capire che certe situazioni non mi stanno più bene, che non voglio avere a che fare con certe persone. Oggi voglio solo gente attorno a me che mi facciano stare bene. Mi sono mancate tante cose dall’uscita con gli amici ma anche il contatto umano.

Parli spesso di errori commessi, tra questi c’è anche la risposta al giornalista che aveva criticato la tua canzone sanremese (“sei una checca frustrata” aveva scritto Riki, ndr)?
Lì ho sbagliato, non posso dire altro e anche con le scuse cambia poco l’errore che ho commesso. Questa è la pura verità. Non volevo offendere il giornalista e non è nemmeno da collegare, secondo quanto hanno scritto in giro, al fatto che io ci sia rimasto male dopo l’ultimo posto a Sanremo.

Qual è stato il tuo bilancio sanremese?
Una esperienza che volevo fare con la consapevolezza di essermi presentato non con i miei brani più forti. Quando fai Sanremo o hai un background importante nella carriera e vita o vivi un momento particolare in cui vuoi puntare in alto. Se lo avessi fatto nel 2017 o nel 2018 sarebbe forse andata diversamente. Detto ciò, non vuol dire che non ci tornerò più, sicuramente non quest’anno e nemmeno l’altro anno ancora. Voglio costruire un percorso artistico più solido. Insomma, per chiudere il discorso di prima, non c’ero rimasto male per Sanremo ma ero rimasto male per quello che il giornalista aveva scritto sul brano. Tutto qui.

Come mai non hai partecipato ad “Amici Speciali”?
C’è anche chi si è inventato che io abbia litigato con Maria De Filippi, quando in realtà non è così. L’altro giorno mi ha ringraziato perché ho usato delle belle parole nei suoi confronti in una intervista. Io ho detto quello che pensavo e in maniera onesta. Ho condiviso il pensiero con il mio manager Francesco Facchinetti: non era il momento giusto per me, avevo staccato con il mondo esterno, nonostante comunque ‘Amici Speciali’ avesse un intento benefico importante e mi è anche piaciuto, l’ho trovato fatto molto bene e mi sono divertito a guardarlo.

Cosa consiglieresti a chi esce da un talent?
Di non stare male con la parte di questo lavoro più buia e nera, legata alle critiche. Non bisogna far sì che queste possano portarti ad avere momenti di down, ma anzi bisogna ribellarsi, ma nel modo giusto. Io l’ho fatto, però alla mia maniera, ma mi si è ritorto tutto come un boomerang. Non ci ho guadagnato niente, anzi…

Cosa hai fatto quando sei uscito da “Amici”?
Le prime cose che ho detto al mio manager sono state: no a serate in discoteca, no a marchette, no a sponsorizzazioni sui social, magari rimettendoci anche tanti soldi. Un piccolo esempio, per far capire che sin da subito seduto sul banco ad ‘Amici’ volevo fare questo mestiere non a breve termine, ma lasciando qualcosa di concreto attraverso le canzoni e le parole. Forse la mia immagine o il mio modo di pormi sul palco hanno fatto sì che alle persone non arrivasse il mio messaggio. Era come se avessi creato un filtro, uno scudo mediatico con l’esterno. Ma non sono il bambolotto che molti pensavano fossi.

“Utilizziamo maschere di banalità per coprire le nostre banali menzogne”, canti in “Petali e Vocoder”. A cosa ti riferisci?
Avevo voglia di chiudere questo disco proprio con una poesia scritta da me per lanciare un messaggio importante alle persone che mi seguono, ossia che c’è altro oltre al Riki di ‘Polaroid’ o dei tormentoni.

Cosa rappresenta per te “PopClub”?
Uno spartiacque nella mia carriera che apre al prossimo disco più acustico e dedicato alla parole.

“Petali e vocoder” è il tuo manifesto esistenziale?
Sono rimasto sorpreso dall’accoglienza che ha avuto questo brano. Io scrivo generalmente un testo per i social, ormai spedisco la frase al mio manager Francesco che poi la pubblica. Sono diventato anti social (ride; ndr). Comunque avevo cercato di sondare il terreno su quali fossero le canzoni che erano piaciute di più e tra queste c’era proprio ‘Petali e vocoder’, pazzesco! Non saprei nemmeno farla dal vivo, dovrei studiarla bene perché ci sono tantissime parole, era una poesia inizialmente. Un flusso di pensieri che parte da una riflessione di Greta, il rapporto con la natura, che poi sfocia nei temi dei social e delle persone che ormai hanno gli occhi spenti, illuminati indirettamente dallo schermo del telefonino.

Se ne uscirà?
Una soluzione non esiste, l’unica è aspettare che la gente sposti l’attenzione su altro. Spero anche che ci sia un utilizzo diverso e consapevole dei social. Ho visto molti feed di alcuni miei colleghi, durante il lockdown, tutti che postavano cosa leggevano, quando facevano le pulizie, costretti a ‘farsi sentire’ per forza almeno una volta al giorno. Come se bisognasse farlo per forza. Comunque vedo in generale che questa pandemia sta fomentando ancora più rabbia nelle persone che sono ancora più incazzate di prima e si stanno comportando in maniera folle.

Chi è Riki oggi?
Un ragazzo che si sta approcciando al minimalismo, sta cercando di capire come vivere in modo minimale, ma come concetto di vita. Il materialismo e il costantemente accumulare cose mi hanno stufato.

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