È questo lo scenario immaginato dal ministro della Salute, che al Corriere della Sera spiega: "Quando arriverà il problema sarà decidere a chi darlo, perché ne avremo poche dosi, 2 o 3 milioni". E, come Conte, esclude un nuovo lockdown totale: "Autunno non sarà facile. Non è nostra intenzione fermare di nuovo il Paese. Abbiamo investito molte risorse e rafforzato il Servizio sanitario nazionale. Non chiudiamo, anzi riapriamo le scuole"
Quando l’Italia avrà a disposizione il vaccino contro il coronavirus le prime dosi saranno messe a disposizione di sanitari e anziani. È questo lo scenario immaginato dal ministro della Salute, Roberto Speranza. “Quando il vaccino arriverà il problema sarà decidere a chi darlo”, ha spiegato al Corriere della Sera, perché “all’inizio ne avremo poche dosi, due o tre milioni”. La proposta del ministro è quindi “che sia gratuito e che arrivi prima agli operatori sanitari e agli anziani con patologie, in particolare nelle Rsa”.
“Non so quale sarà il giorno e quale il vaccino giusto, ma penso che il traguardo non sia troppo lontano – dice Speranza – Il contratto con AstraZeneca prevede le prime dosi a fine anno”. A proposito dei verbali del Comitato tecnico scientifico e in particolare riguardo al “piano” del governo per l’emergenza Covid, il titolare della Salute precisa che era “non era un piano ma uno studio in itinere su scenari potenziali e diversi tra loro, iniziato dai nostri scienziati a metà febbraio e completato a marzo”. A chi accusa l’esecutivo di mancanza di trasparenza, risponde: “Per noi la trasparenza è un punto di forza, non abbiamo mai secretato nessun atto. La pubblicazione di tutti i verbali è un unicum a livello mondiale. Quel documento non è mai stato secretato dal governo, il vincolo di riservatezza fu scelto dal Cts”, sottolinea Speranza.
Volgendo lo sguardo al futuro, a una settimana dalla riapertura delle scuole, Speranza dice: “Non ho mai abbassato la guardia e sono preoccupato anche ora. L’autunno non sarà facile e ritengo vada gestito con la massima cautela. Eppure sono ottimista, vedo la luce in fondo al tunnel”. Adesso, dice, “dobbiamo resistere” perché “nel giro di alcuni mesi avremo risultati incoraggianti sia per le cure che per i vaccini”. L’attenzione sarà “altissima” proprio fino all’arrivo del vaccino, anche se “il quadro italiano è diverso per fortuna rispetto ad altri Paesi europei”.
E come fatto due volte sabato dal premier Giuseppe Conte, prima alla festa del Fatto Quotidiano e poi al Forum Ambrosetti a Cernobbio, il ministro della Salute allontana il rischio di un nuovo lockdown: “No. Non è nostra intenzione fermare di nuovo il Paese. Abbiamo investito molte risorse e rafforzato il Servizio sanitario nazionale. Non chiudiamo, anzi riapriamo le scuole”. E non avanza ipotesi sui contagi in classe: “Non ci sono stime, ma sarebbe sconsiderato immaginare che in Italia non ci saranno casi positivi. Il mio auspicio – ha sottolineato – è che siano il numero più basso possibile, molto dipenderà dalla capacità di rispettare le tre regole fondamentali: mascherine, distanziamento e lavaggio delle mani”.