Caro ministro Speranza,
ho letto le sue proposte sul recovery fund (20 progetti per circa 68 miliardi da realizzarsi nei prossimi 5 anni) e in tutta franchezza le esprimo quelle che non sono altro che delle doverose preoccupazioni e perplessità.
I suoi 20 progetti, ciascuno dei quali ovviamente con delle innegabili utilità sociali, nel loro insieme sono semplicemente, a sistema sanitario invariante, la rappresentazione di uno shopping compulsivo, cioè di una politica solo della spesa che rinuncia a mettere le mani in una vera criticità strutturale. Lei è come quel padre che, dopo anni di stenti, vince alla lotteria un po’ di soldi, e anziché mettere al sicuro la sua famiglia compra cotillons.
Ognuno dei suoi progetti è quantificato in specifici fabbisogni finanziari – quelli ritenuti necessari per la loro realizzazione – ma, per me e immagino anche per l’Europa, i suoi sono numeri davvero senza senso. Lei chiede tanti soldi per fare tante cose, ma non ci dice mai come farle, come distribuirle, cioè non descrive mai le modalità della spesa e men che mai dà garanzie sulla sua corretta spendibilità. Senza un progetto di riforma lei ha il coraggio di chiedere 68 mld convinto che l’Europa dovrebbe crederle sulla parola.
Le sue proposte, nel loro insieme, sono la prova che lei, pur parlando di riforma fin dall’inizio del suo mandato, non ha né un vero pensiero riformatore e meno che mai una strategia per ridefinire il sistema sanitario pubblico, alle prese con un futuro difficile e sfide, soprattutto con la società e l’economia, senza pari. Che lei, a partire dal suo attuale partito, e da chi la consiglia, purtroppo, sia sordo alle ragioni della riforma, lo si vede proprio dal suo approccio politico di fondo:
1. il sistema sanitario nella sua struttura di base resta invariato, alcune cose si riordinano (istituti a carattere scientifico, ospedali, ecc);
2. altre cose si aggiungono semplicemente a quello che c’è (strutture che si sommano semplicemente ad altre strutture);
3. e infine, il fil rouge della digitalizzazione che lei tuttavia non riesce a organizzare, come dovrebbe, in un progetto di riforma a scala di sistema, ma frammenta e sfarina in mille rivoli.
Scusi ministro, ma i danni causati al sistema dal suo precedente partito, con la riforma del titolo V, quando li ripariamo? Lei sa bene che se non mettiamo a posto la questione del “governo”, i suoi 68 mld rischiano di essere buttati dalla finestra. E le contraddizioni create con l’azienda, sempre dal suo precedente partito, quando le rimuoviamo? Lei davvero se la sente di dare a queste aziende, che molto poco hanno fatto per eliminare le vere diseconomie del sistema, altri 68 mld da gestire? O pensa di cavarsela, come ridicolmente propone, spendendo quasi 3 mld per aggiornare i direttori generali?
E con la svolta neoliberale che sempre il suo precedente partito ha messo in pista negli anni ’90 inseguendo il sistema multi-pilastro, riesumando mutue e fondi, che facciamo? Rimettiamo a posto le cose o no? Lei crede saggio chiedere 68 mld all’Europa e continuare a finanziare il privato con gli incentivi fiscali?
E la questione lavoro, cioè la questione delle “professioni” che si fa? Assumiamo il più possibile facendo impennare il costo del lavoro, ma a de-capitalizzazione del lavoro invariante? Cioè continuiamo nel terzo millennio a ignorare la crisi delle professioni e a considerare il lavoro in sanità con la logica burocratica del dpr 761? E l’ospedale? Lei ci propone un semplice riordino a modello e a sistema ospedaliero invariante, ma il sistema ospedaliero sono 60 anni che aspetta una riforma. Ancora non ha capito che tutto quello che lei propone per il territorio, per le case della salute (riproposte sotto mentite spoglie), per le Rsa, per la medicina generale, per i presidi a degenza temporanea, ecc. dipende da come si risolve la questione del rapporto tra territorio e ospedale?
Le chiedo ministro: andiamo avanti con un sistema duale, con due sistemi giuridici, due organizzazioni, due contrattazioni separate o progettiamo un vero sistema unico integrato? Sul problema della prevenzione taccio, per pura misericordia. Ma possibile mai signor ministro che non si renda conto, con la pandemia ancora in corso, che quello che lei propone non è nulla di più che acqua fresca?
E infine la questione delle diseguaglianze, mi perdoni ministro, ma ci vuole davvero una bella faccia tosta a chiedere 670 mln per mettere in piedi dei “centri territoriali per il contrasto alla povertà sanitaria e per le persone irraggiungibili (hard to reach)”, quando la prima cosa da fare è riformare i criteri di allocazione delle risorse alle regioni, cioè superare la quota capitaria ponderata che ha schiavizzato il sud obbligandolo ad esportare i suoi malati al nord.
Mi fermo qui; ci sarebbe molto da ridire su quello che lei propone, per la scuola e sui problemi aperti tra distretto e scuola e tante altre cose. Ma conto di tornare sull’argomento, non mi appartiene la regola di criticare senza avanzare proposte. Ora le dico solo che senza una vera riforma a criticità storiche irrisolte, accrescere la spesa di 68 mld, con 12 punti di meno di Pil, significa solo condannare il sistema pubblico all’insostenibilità e quindi spianare la strada alla sua privatizzazione.
Per me, signor ministro, lei sta prendendo una strada avventata, sbagliata e pericolosa, e ho ritenuto mio dovere dirglielo.