Il bilancio della stagione turistica estiva che si va concludendo, la prima post-pandemia, si sta rivelando alquanto deludente per tutti coloro che speravano in un cambiamento radicale, indotto dall’emergenza sanitaria. E non parliamo solo di Costa Smeralda e altri luoghi mondano-marini trasformatisi in epicentri del “contagio menefreghista”, sull’onda della radicata tradizione di un turismo indifferente alle regole, e alla logica, persino della natura.

Le montagne, in particolar modo le più belle, sono state prese d’assalto come non mai. E finalmente si sono di nuovo levate voci autorevoli, con in testa Reinhold Messner, per reclamare almeno un fermo temporaneo delle auto e delle moto, ovvero un qualche contenimento del traffico di mezzi e persone, nei punti più battuti delle Dolomiti, come sui passi del cosiddetto Sellaronda.

Non è che in Alto Adige, per esempio, non vi sia una certa coscienza diffusa della fragilità del territorio e del sistema dei trasporti e dei servizi: tornato, dopo le tempeste di fine agosto, più che mai “l’Alto Adige, alto fragile” del suo poeta contemporaneo più noto, deve fare i conti non solo con gli incassi record, ma anche con i considerevoli danni e i costi conseguenti di una stagione particolare.

E dire che molti, sollecitati anche dalle proiezioni e dai risultati di numerose ricerche, avevano cominciato a capire quanto la svolta ecologica fosse decisiva anche per la sfida del turismo. Le autorità locali avevano provato a sperimentare provvedimenti per arginare in qualche modo il traffico, con rigidi limiti di velocità temporanei sull’intasatissima A22, e con varie iniziative locali, come d’estate le domeniche per le bici piuttosto che con una giornata di stop al traffico infrasettimanale intorno al passo del Sella.

E’ una provincia autonoma, quella di Bolzano, dove non manca una certa spinta verso la mobilità dolce e alternativa, con un’attenzione costante al buon funzionamento dei trasporti pubblici e un incremento lodevole delle piste ciclabili, che sono ormai una rete che copre non solo le direttrici internazionali della val Pusteria e della val Venosta, ma un po’ tutti i centri urbani, cominciando a lambire anche le valli più affascinanti (per esempio, con la nuova Bressanone-val di Funes).

Eppure, nei periodi apicali dell’assalto turistico, d’inverno come d’estate, diventano ingestibili i pesantissimi flussi del traffico. A luglio e agosto, poi, la rombante presenza dei bikers di mezza Europa, incoraggiata da una tolleranza eccessiva nei confronti dei limiti di velocità e dei comportamenti stradali, snatura totalmente l’ambiente circostante: di recente la guida e alpinista di fama Marcello Cominetti, con una polemica lettera aperta, ha ricordato che è ormai impossibile arrampicare senza subire l’inquinamento acustico delle motociclette persino negli angoli più ostici, come le torri e i campanili del Murfreit (Muro freddo, appunto: un nome, un programma, per non dire della più nota linea storica di salita, denominata “Via della morte obliqua”…).

Cominetti ci ha tenuto anche a sottolineare quanto la situazione sia andata paradossalmente degenerando dopo la proclamazione delle Dolomiti patrimonio Unesco e la conseguente nascita di una fondazione ad hoc “per la tutela” dei tanto ammirati monti Pallidi, osservazione condivisa da molti con particolare sconforto. Anche sul versante veneto continuano a manifestarsi segni di una voglia di resistenza all’assalto turistico, come l’ultima manifestazione alle Cinque Torri contro il Grande Carosello di Zaia. Com’è ben noto a tutti, la fragilità tipica del nostro sistema alpino viene messa a dura prova già dal riscaldamento globale e dagli eventi atmosferici estremi tipici di quest’epoca.

Con questa complessa realtà di allarme eco-idro-geologico, oltre che con il rischio Covid, dovrebbe oggi misurarsi chi pensa alla prossima stagione sciistica. Se è un delitto contribuire anche solo restando indifferenti alla distruzione di un patrimonio dell’umanità, sarebbe davvero stupido rischiare di far ripartire il focolaio pandemico sugli impianti di risalita e nelle località più frequentate, come è successo alla fine dell’inverno scorso. Speriamo che qualcuno se ne renda conto.

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