L’Inps non può fornire al fattoquotidiano.it la lista dei politici che hanno chiesto e ottenuto il bonus di 600 euro riservato alle partite Iva fino a quando il Garante della privacy non avrà concluso l’istruttoria sul trattamento dei loro dati. È il senso della risposta inviata dall’istituto alla richiesta di accesso agli atti presentata lo scorso 10 agosto, il giorno dopo l’esplosione del caso con la pubblicazione della notizia su Repubblica. La vicenda, a questo punto, può finire solo in due modi. Se l’authority presieduta da Pasquale Stanzione riterrà illecito l’iter con cui i nomi dei deputati e dei 2mila amministratori locali beneficiari dell’indennità sono stati “selezionati” e fatti oggetto di approfondimento, l’istituto di previdenza verrà sanzionato. In caso contrario, dovrà rendere pubblici quei nomi.
Rispondendo all’istanza di accesso, Inps ricorda che è in corso l’istruttoria sul trattamento dei dati “effettuato per la verifica dei requisti necessari per beneficiare del sussidio richiesto con le domande presentate e liquidate”. Durante l’audizione in videoconferenza alla commissione lavoro della Camera, il 14 agosto, il presidente Pasquale Tridico ha ricordato che tra i requisiti c’era il fatto di non essere titolari di un trattamento pensionistico né iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie. Le verifiche della task force antifrode sarebbero partite da qui: i parlamentari godono di una gestione previdenziale interna che non è chiaro nemmeno all’Inps se vada considerata obbligatoria. Dubbi anche sugli amministratori locali, che hanno una loro forma di previdenza. Di qui, ha ricostruito Tridico, l’incrocio dei dati e l’avvio di approfondimenti che all’epoca erano “ancora in corso”.
L’operazione di “raffronto dei dati personali dei richiedenti con quelli riferiti alla carica di parlamentare e politico locale”, oltre alle “eventuali comunicazioni a terzi” – la fuga di notizie – sono però finiti nel mirino del Garante. Di conseguenza, spiega Inps nella sua risposta al fattoquotidiano.it del tutto analoga a quella inviata alla commissione Lavoro, l’istituto ha “al momento sospeso ogni ulteriore attività di trattamento di tali dati”.
Ora non resta che attendere le conclusioni dell’authority, il cui presidente nel frattempo dovrebbe essere a sua volta audito in commissione Lavoro. E che, in linea di principio, ha chiarito come in base al Codice della trasparenza la privacy non osti alla pubblicazione dei nomi di chiunque riceva contributi pubblici e non versi in condizioni di disagio economico. Situazione che certo non riguarda i membri del Parlamento.
Se il trattamento dei dati sarà ritenuto lecito, Inps dovrà dunque fare i nomi. Ma quali? Quelli dei deputati coinvolti sono già venuti a galla: Andrea Dara ed Elena Murelli, leghisti, sono stati sospesi dopo la notizia mentre il pentastellato Marco Rizzone è stato deferito ai probiviri. Mancano i due che hanno chiesto il bonus senza ottenerlo: resteranno anonimi perché il contributo alla fine non l’hanno intascato. Per quanto riguarda i politici locali, molti si sono autodenunciati – a volte tirando in ballo a sproposito presunti errori del commercialista – ma molti altri restano senza nome. Compresi uno – o più? – governatori regionali.