“Ci sono imprenditori che cercano di far fuori la concorrenza appoggiandosi ai capitali mafiosi“. E’ l’allarme lanciato dalla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese. In un colloquio con La Stampa la numero uno del Viminale ha sottolineato ancora una volta come le mafie possano andare all’arrembaggio dei fondi pubblici, sfruttando l’emergenza coronavirus. E i primi risultati del monitoraggio ad opera delle forze di polizia hanno dato risultati che il quotidiano definisce “sbalorditivi“. Lamorgese parla anche di scuola e della situazione al Sud: “La dispersione scolastica è un problema gravissimo perché i nostri ragazzi hanno il diritto a un futuro. È fondamentale che tornino in classe. Qualche problema ci sarà, ma dobbiamo governare i problemi, non farsi travolgere. E per il bene dei ragazzi, spero nella condivisione. Le polemiche non servono”.

E a proposito di Sud, la ministra ha anche raccontato quando scoperto dal Viminale durante l’emergenza coronavirus: “Nell’immediatezza del lockdown, a Palermo, nel quartiere dello Zen – dice Lamorgese – abbiamo identificato alcune persone che facevano una sorta di welfare di prossimità. Portavano generi alimentari alle famiglie più povere. Poi lo Stato è intervenuto. E abbiamo dimostrato che esiste uno Stato che sa fare squadra”. Di cosa si trattava, di welfare mafioso? “Non crediamo che ci fosse dietro un’organizzazione. Erano famiglie che cercavano di darsi una veste di affidabilità sul territorio”.

Le affermazioni della ministra hanno raccolto il commento di Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro: “Imprenditori che cercano di far fuori la concorrenza appoggiandosi ai capitali mafiosi? Sul piano processuale non ci risulta, in ogni caso è un’affermazione che può avere il suo fondamento. Però riscontri sul piano giudiziario ancora non ne abbiamo. Ma ciò che dice il ministro Lamorgese è serio e sensato, ed è credibile ciò che emerge dal loro monitoraggio”, dice il magistrato. Poi Gratteri, sull’ipotesi che lo Stato, di fronte a questo fenomeno, possa essere in ritardo, afferma: “Non si tratta di ritardo, è ovvio che noi sul piano giudiziario ci muoviamo sempre dopo la commissione del reato, è chi fa prevenzione che deve cercare di arrivare prima, quindi i servizi segreti, e chi fa controllo del territorio deve cercare di capire prima cosa sta succedendo”.

Quanto alle mafie che vanno all’arrembaggio dei soldi pubblici, il capo della Dda di Catanzaro chiosa: “Questa è un storia vecchia, le mafie sono presenti dove c’è da gestire denaro e potere, quindi perché questa volta non dovrebbero essere interessate ai soldi pubblici?”. Infine, sul come, nell’immediatezza, poter fronteggiare questi fenomeni, Gratteri conclude: “Non c’è una cosa urgente da fare, ma occorre una modifica seria alle norme per far sì che diventi non conveniente delinquere. E poi, ovviamente, bisogna investire di più sulle forze dell’ordine per recuperare quel gap di carenze di organico che dura ormai da decenni”.

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