Tre mandati sì, ma al massimo due consecutivi: ecco l’ennesima versione della riforma dello sport, l’ultima idea del ministro Vincenzo Spadafora che potrebbe anche mandare a casa il presidente del Coni, Giovanni Malagò, anche se solo per i prossimi quattro anni. Ammesso che ci sia una riforma.
Sul testo della grande legge delega che dovrebbe cambiare (o almeno così prometteva di fare) l’intero sistema sportivo italiano si litiga da mesi. Dentro c’è più o meno di tutto, dalla contrattualistica per i lavoratori sportivi agli stadi, ma alla fine il dibattito politico si è arenato soprattutto sulle poltrone. In particolare su una poltrona, quella di Malagò al vertice del Comitato olimpico. Il ricambio al vertice delle Federazioni sportive ormai pare definitivamente rimandato: mentre la maggioranza discuteva se e come cambiare la regola (attualmente fissata dall’ex ministro Lotti che ha previsto un tetto di tre mandati, ma con uno di “bonus” per quelli già in carica), quasi tutti i padri-padroni delle Federazioni hanno convocato le urne, in modo da farsi rieleggere prima che la riforma entri in vigore. Dal nuoto al tennis, dal basket al golf, i presidenti si sono salvati e avranno altri quattro anni di governo. Così sul tavolo resta il Coni, e Malagò.
All’inizio Spadafora aveva proposto (forse anche provocatoriamente) di abbassare il limite a due: così avrebbe disarcionato Malagò, che infatti è andato su tutte le furie, e con lui Pd e Italia Viva, pronti a difenderlo a spada tratta anche a costo di far saltare la riforma. Per quieto vivere (del governo), il ministro aveva allora fatto marcia indietro, riportando il limite a tre, che voleva dire Malagò fino al 2025. Ma allora era stato il Movimento 5 Stelle a insorgere. Quest’estate la tensione fra Spadafora e i parlamentari del suo partito era stata così forte da mettere in discussione persino la stessa posizione del ministro, pronto a dimettersi in caso di sfiducia. L’allarme è rientrato ma la situazione non è risolta: i 5 Stelle muovevano tutta una serie di rilievi, dal ridimensionamento della società Sport e Salute in giù, ma alla fine il vero oggetto del contendere, il risultato più visibile mediaticamente da portare a casa, è rimasta la testa di Malagò.
Ora, dopo un mese di tregua solo apparente, spunta questa nuova soluzione di compromesso nell’ultima bozza. Potrebbe mettere d’accordo ministro e parlamentari. E Malagò? Così l’anno prossimo sarebbe costretto a cedere la mano, ma potrebbe ricandidarsi nel 2025 (intanto si consolerebbe con la guida del Comitato delle Olimpiadi di Milano-Cortina). C’è sempre il comma che salva dal limite i membri Cio (e Malagò lo è), ma nelle intenzioni del Ministero vale solo per il ruolo di consigliere. Bisogna capire cosa ne penseranno gli alleati del Pd (per cui la Legge Lotti non si tocca), il Coni, che pretende di avere totale potere di autodeterminazione, e ovviamente il Cio, che già un anno fa aveva minacciato di sospendere l’Italia per ingerenze politiche. La riforma prosegue faticosamente il suo percorso, intanto continua a cambiare.