Il Tribunale di Rieti ha condannato a complessivi 36 anni di carcere i 5 imputati nel processo per il crollo delle due palazzine di edilizia popolare di Piazza Augusto Sagnotti ad Amatrice in seguito al terremoto del 24 agosto 2016. Il sisma provocò il crollo delle due palazzine e sotto le macerie morirono 18 persone, altre tre rimasero gravemente ferite.
Accolta la richiesta del pm Rocco Gustavo Maruotti, che aveva chiesto pene variabili dai 6 ai 9 anni, per le accuse in concorso di omicidio, disastro colposo plurimi e lesioni. Il tribunale ha condannato a 9 anni di carcere Ottaviano Boni, all’epoca direttore tecnico dell’impresa costruttrice Sogeap, a 8 anni Luigi Serafini, amministratore unico della stessa azienda, a 7 anni Franco Aleandri, allora presidente dell’Iacp, a 5 anni Maurizio Scacchi, geometra della Regione Lazio-Genio Civile, e a 7 anni Corrado Tilesi, ex assessore del Comune di Amatrice.
Il tribunale, inoltre, ha condannato tutti gli imputati e i responsabili civili (Ater, Regione Lazio e il Comune Amatrice) al risarcimento dei danni in favore delle parti civile da quantificare in sede civile. La sentenza sui crolli di piazza Sagnotti è la prima nell’ambito dei processi nati dalle inchieste sul sisma di Amatrice e Accumoli. “È stata fatta giustizia per intere famiglie sterminate”, ha detto Wania Della Vigna, legale dei familiari delle vittime.
“Quelle palazzine gemelle, costruite in cemento armato dallo Iacp tra 1973 e il 1977, crollarono come castelli di carte senza lasciare scampo a chi le abitava”, ha aggiunto spiegando che le vittime “ignoravano che le case consegnate dallo Iacp erano completamente abusive”, costruite con i soldi pubblici “in totale difformità del progetto iniziale (che invece era stato autorizzato) senza autorizzazione sismica del Genio civile e senza certificazione di abitabilità” da parte del Comune di Amatrice. “Un esempio – ha concluso l’avvocato Della Vigna – di scelleratezze costruttive, ma anche amministrative, il tutto con l’assenza totale di controlli e verifiche”.