Nell’emergenza erano una benedizione, arrivate nelle mani degli operatori sociosanitari si rivelarono inutilizzabili e finirono nei magazzini con la scritta “mascherine-pannolino”. Ma ora Regione Lombardia, che a marzo le aveva ordinate e pagate 8,1 milioni di euro, ha deciso di tirarle fuori di lì e donarle al Kazakhistan. Ma non prima di averle ripagate. E’ la storia surreale raccontata da La Stampa.
Le mascherine in questione sono frutto di una delle tante riconversioni produttive in corsa dell’emergenza sanitaria. Anche la Fippi di Rho passò dai pannolini ai dispositivi di protezione individuale che servivano come il pane. La Regione guidata da Attilio Fontana colse la palla al balzo e ne ordinò 18 milioni tramite Aria Spa, la centrale unica degli acquisti pensando così di dare ossigeno a infermieri e medici che avrebbero dovuto proteggersi. Una volta arrivate però si rivelarono assai diverse da quelle attese: non sterili perché per indossarle bisogna farle passare dalla testa, non filtranti proprio per via del materiale utilizzato. I Cobas denunciano alla Procura che apre un’inchiesta e le mascherine finiscono in un magazzino della Fondazione Fiera Milano.
Ma ecco il colpo di scena: le mascherine pannolino usciranno da lì per effetto di due delibere del 7 settembre con cui la giunta Fontana ha stabilito di donarne un milione al Kasakhistan e altre 500 mila saranno date ad Areu, l’agenzia per l’emergenza-urgenza che le terrà come riserva nei propri magazzini. E qui il diavolo ci mette la coda: “Dato atto che le mascherine facciali a uso sanitario modello Fippi sono state quotate da Aria Spa per 0,45 euro + Iva, pari a uno costo totale di 823.500 euro per 1,5 milioni di pezzi”, la giunta delibera di comprarle per tale importo a valere sul capitolo di spesa relativo agli acquisti di bene per aiuti umanitari.
Risultato: la regione ripaga Aria Spa, la partecipata cui aveva già dato i soldi per comprare i 18 milioni di pezzi prodotti dalla Fippi. Dalla Regione fanno – si legge nell’articolo – fanno sapere che “non si tratta di un doppio pagamento dello stesso quantitativo ma di un ulteriore ordine necessario a mantenere inalterato il nostro livello di scorte” che ammonta a 12 milioni di mascherine Fippi, altri 20 milioni di chirurgiche, 3 di ffp3. Una spiegazione che non convince l’opposizione a Palazzo Lombardia con il dem Pietro Bussolati che spiega l’operazione come un maldestro e confuso tentativo di salvare la situazione: “Si vergognano di dare la mascherine pannolino di cui un tempo si vantavano agli operatori sanitari, cercano di spedirle altrove e ora i contribuenti lombardi sono costretti a ripagarle ad una partecipata della Regione stessa”.
Cronaca
Lombardia, il bluff delle “mascherine pannolino”. Inutilizzabili, la Regione le regala al Kazakhistan. Pagandole di nuovo
A marzo la giunta guidata dal leghista Fontana fece produrre 18 milioni di pezzi all'azienda Fippi di Rho, spendendo 8,1 milioni. Una volta consegnate si rivelarono inutilizzabili, la Procura aprì un'inchiesta. E ora la Regione ne riacquista una parte per donarla al Paese asiatico
Nell’emergenza erano una benedizione, arrivate nelle mani degli operatori sociosanitari si rivelarono inutilizzabili e finirono nei magazzini con la scritta “mascherine-pannolino”. Ma ora Regione Lombardia, che a marzo le aveva ordinate e pagate 8,1 milioni di euro, ha deciso di tirarle fuori di lì e donarle al Kazakhistan. Ma non prima di averle ripagate. E’ la storia surreale raccontata da La Stampa.
Le mascherine in questione sono frutto di una delle tante riconversioni produttive in corsa dell’emergenza sanitaria. Anche la Fippi di Rho passò dai pannolini ai dispositivi di protezione individuale che servivano come il pane. La Regione guidata da Attilio Fontana colse la palla al balzo e ne ordinò 18 milioni tramite Aria Spa, la centrale unica degli acquisti pensando così di dare ossigeno a infermieri e medici che avrebbero dovuto proteggersi. Una volta arrivate però si rivelarono assai diverse da quelle attese: non sterili perché per indossarle bisogna farle passare dalla testa, non filtranti proprio per via del materiale utilizzato. I Cobas denunciano alla Procura che apre un’inchiesta e le mascherine finiscono in un magazzino della Fondazione Fiera Milano.
Ma ecco il colpo di scena: le mascherine pannolino usciranno da lì per effetto di due delibere del 7 settembre con cui la giunta Fontana ha stabilito di donarne un milione al Kasakhistan e altre 500 mila saranno date ad Areu, l’agenzia per l’emergenza-urgenza che le terrà come riserva nei propri magazzini. E qui il diavolo ci mette la coda: “Dato atto che le mascherine facciali a uso sanitario modello Fippi sono state quotate da Aria Spa per 0,45 euro + Iva, pari a uno costo totale di 823.500 euro per 1,5 milioni di pezzi”, la giunta delibera di comprarle per tale importo a valere sul capitolo di spesa relativo agli acquisti di bene per aiuti umanitari.
Risultato: la regione ripaga Aria Spa, la partecipata cui aveva già dato i soldi per comprare i 18 milioni di pezzi prodotti dalla Fippi. Dalla Regione fanno – si legge nell’articolo – fanno sapere che “non si tratta di un doppio pagamento dello stesso quantitativo ma di un ulteriore ordine necessario a mantenere inalterato il nostro livello di scorte” che ammonta a 12 milioni di mascherine Fippi, altri 20 milioni di chirurgiche, 3 di ffp3. Una spiegazione che non convince l’opposizione a Palazzo Lombardia con il dem Pietro Bussolati che spiega l’operazione come un maldestro e confuso tentativo di salvare la situazione: “Si vergognano di dare la mascherine pannolino di cui un tempo si vantavano agli operatori sanitari, cercano di spedirle altrove e ora i contribuenti lombardi sono costretti a ripagarle ad una partecipata della Regione stessa”.
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Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.