Ormai ci siamo e ovviamente la speranza è che tutto vada bene: che la scuola apra il più regolarmente possibile, che resti aperta e che l’anno finisca felicemente, garantendo ai nostri ragazzi quello che è un diritto costituzionalmente basilare, il diritto allo studio. Poi, messa in stand by la speranza, se si prova a guardare come stanno le cose, qualche dubbio viene.

Gli spazi, intanto: fatto salvo qualche sporadico affitto che costerà carissimo e una serie di interventi di edilizia leggera, le cose sono rimaste sostanzialmente quelle di prima, comprese tutte le problematiche di stabilità, norme antisismiche, salubrità. Nessun piano di rinnovamento dell’edilizia scolastica è all’orizzonte, virus o non virus. Mancano i soldi: dobbiamo comprare gli F35 e salvare Alitalia.

Poi i banchi: detto che ancora non capisco a chi sia venuta l’idea che dei banchi con rotelle potessero aiutare in una situazione in cui gli spazi sono striminziti, sono ovviamente felice di sapere che ne arriveranno 2 milioni senza rotelle, ma a una piazza (anzi piazzetta), ma anche in questo caso gli spazi restano quelli che erano e infatti si parla ancora di decine di migliaia di studenti in tutta Italia ‘non allocati’, banchi o non banchi.

Rimane un mistero poi il perché non si sia pensato a quelli regolabili in altezza, visto che la statura media della popolazione continua a crescere, come la percentuale di giovani scoliotici: vedi mai…

Con le rime buccali a un metro di distanza, intanto, nonostante il CoVid, lo spazio riservato a ogni allievo è a volte ancora inferiore a quel 1,9 metri quadri previsto dall’Europa. Ma fa nulla: tanto devono stare seduti… Lo stesso vale per i diversamente abili, per i Dsa e per i Bes, si garantisce che tutto sarà garantito a questi studenti più fragili, ma non si spiega come fare in pratica, con questi spazi, questi organici-gruviera e questi virus… Si arrangeranno le scuole?

Nel frattempo le classi pollaio sono rimaste pollaio e, come ha fatto notare un gruppo di maestre e maestri trevigiani, un pollaio resta un pollaio anche se lo fai più grande, cioè classi di 30 allievi sono ingestibili, anche in un’aula grande come la Piazza Rossa: più spazio per razzolare, certo, ma polli da batteria erano e polli da batteria restano.

Di seguito: gli insegnanti. Si è preferito (duri & puri) scommettere su un concorso che forse domani si farà, chissà, ci si è sventolati con la cosiddetta meritocrazia, si sono inventati strani tipi di nuove graduatorie con qualità da panacea: tutto pur di non stabilizzare i precari storici. Il risultato è che mancano ancora decine di migliaia di insegnanti e vedrete che, come sempre, tutto sarà risolto (se e quando sarà risolto) soltanto dal ricorso a quello che io chiamo il “precariato selvaggio”.

Nel frattempo non è mancata occasione di calunniare tutti gli insegnanti italiani e i loro sindacati, trattati da gaglioffi da destra e anche da sinistra, accusandoli di ogni nefandezza, prima di tutto di pavidità di fronte al nemico (il Carogna-Virus), paventando fughe bibliche e addirittura insinuando che avremmo fatto ricorso di massa alla Legge 104 (un iter lunghissimo e severamente regolato). Insomma la fiera delle fake news per ringraziarci di esserci più o meno inventati da soli metodologie, strumenti, programmazioni per far sì che, sia pure a distanza, la scuola non si fermasse mai.

Nel frattempo restiamo i più malpagati d’Europa, non abbiamo nulla nel nostro contratto che regoli il nostro eventuale lavoro da remoto, nessuno parla di rinnovarci il contratto usuale, ma qualcuno si stupisce che non ci sia la coda di candidati che accettino di trasferirsi da Crotone a Milano per la folle cifra di 1300 euro mensili.

Ma la scuola deve andare avanti: nessuno fa nulla, i pochi che fanno fanno cose diciamo così ‘singolari’, si fa un’Ordinanza e una Nota alla settimana, rendendo tutto sempre più confuso, ma la scuola deve andare avanti e, badate, non perché sia un diritto, ma perché altrimenti la nazione si ferma, perché si ferma la vita delle famiglie.

E così si procede per deroga: i pochi trasporti che ci sono viaggeranno all’80% e, poiché l’hanno stabilito in deroga il governo e il Cts, allora nessuno si ammalerà, se gli spazi mancano, allora metà classe, a turno, in deroga ai suoi diritti, starà a casa, a guardare le lezioni da video, si arrangerà il professore a inventarsi una didattica capace di essere una e trina (valida per quelli in classe, per quelli dietro lo schermo e anche per tutte le ‘ultime circolari’ che il Ministero nel frattempo emanerà).

È ovvio che passarsi materiali, specie cartacei, sia veicolo di contagio, ma a scuola basterà imbustare i compiti in classe, poiché è noto che il virus, che odia essere imbustato, per deroga biochimica si autoeliminerà nel momento stesso in cui sarà infilato nel contenitore.

Si era parlato di una piattaforma pubblica a cui collegare tutte le scuole per effettuare la didattica a distanza, o quella integrata, ma neanche se ne discute più, andranno bene GoogleMeet e Zoom: in fondo che volete che sia affidare l’esercizio di un diritto fondamentale a una piattaforma privata dedita al profitto e che si fonda proprio sulla profilazione dei suoi utenti per le sue miniere di Big Data?

Si dice anche che agli studenti deve essere garantito il diritto a tenere assemblee, ma nessuno spiega come, né dove, visto che gli spazi per farle in presenza non esistono, a CoVid vigente, mentre per farle da remoto occorrerebbe una piattaforma che non c’è: il massimo supportato da GoogleMeet è 250 utenti, le scuole superiori italiane in media hanno 700 o 800 allievi (se son ‘piccole’). Si derogherà anche all’assemblea, a scuola si va per studiare e non per far politica, giusto? E via così.

Sorge il dubbio: non era più facile, almeno alle superiori, restare in modalità remota? Davvero per la scuola italiana vale sempre il vergognoso, servile detto: piuttosto che niente, meglio piuttosto?

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