Cesare Paladino, gestore dell’Hotel Plaza a Roma, aveva patteggiato un anno e due mesi di carcere per non aver versato due milioni di euro di tassa di soggiorno tra il 2014 e il 2018. Dopo l'approvazione del dl Rilancio, che depenalizza il reato di peculato per gli albergatori, ha chiesto la revoca del patteggiamento. Ma per la procura di Roma non si può applicare al suo caso
Cesare Paladino, gestore dell’Hotel Plaza a Roma e padre della compagna del premier Conte, nel 2019 patteggiato un anno e due mesi di carcere per non aver versato due milioni di euro di tassa di soggiorno tra il 2014 e il 2018. Ma dopo l’approvazione del decreto Rilancio ha chiesto di revocare quel patteggiamento per peculato perché, secondo i suoi avvocati, la norma ha depenalizzato la condotta per peculato in illecito amministrativo e si applica anche retroattivamente. I pm di Roma, però, la pensano diversamente. Come riferisce Repubblica, hanno redatto un parere in cui forniscono la loro lettura della nuova legge. È vero che c’è una depenalizzazione, ma non si applica ai fatti commessi prima del 19 maggio (cioè prima della pubblicazione in Gazzetta ufficiale).
È per questo che la loro intenzione è quella di andare avanti nel procedimento e chiedere una condanna di Paladino, padre di Olivia. Secondo i magistrati coordinati dall’aggiunto Paolo Ielo, spiega ancora il quotidiano romano, la nuova norma cambia la posizione dell’albergatore – che non è più esattore – ma obbligato in solido con il cliente. “Non vi è abolitio criminis perché la norma sopravvenuta non espunge nella macro-categoria degli incaricati di pubblico servizio la sotto-categoria degli incaricati dalla riscossione delle imposte per conto di un ente pubblico”.
Niente da fare nemmeno per l’ipotesi di poter riavere indietro il denaro sequestrato dalla procura. Il parere dei pm resta “negativo”, ma tutto verrà rimesso nelle mani del gip. Paladino lo scorso anno aveva restituito la somma dovuta al Comune, insieme a un risarcimento danni. Il pm Alberto Pioletti e il procuratore aggiunto Paolo Ielo, che gli avevano contestato il reato, avevano stimato le cifre trattenute illecitamente in circa 300mila euro nel 2014, oltre 500mila nel 2015, 2016 e 2017 e infine 88mila euro nel 2018.