Un gruppo di amici, con “compiti assegnati”, incarichi “di rilievo”, una “spiccata capacità organizzativa” e una “rara abilità“. Quale? Mettere a segno una frode, almeno per la procura di Milano. È questo il ritratto dei tre commercialisti vicini della Lega che emerge dalle 60 pagine di ordinanza firmate dal gip Giulio Fanales. Tre professionisti noti alle cronache nazionali ormai da diversi mesi: Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni sono gli uomini ai quali il tesoriere della Lega, Giulio Centemero, ha affidato i conti del partito. E probabilmente pure quei due che Matteo Salvini oggi ammette di conoscere, considerandoli “onesti”: erano infatti il revisore legale del gruppo della Lega al Senato e il direttore amministrativo di quello alla Camera. Michele Scillieri, invece, ha lo studio in via Privata delle Stelline 1, a Milano, dove ilfattoquotidiano.it ha scoperto che era stata domiciliata la sede fantasma della Lega per Salvini premier, il nuovo partito nazionale creato dall’ex ministro dell’Interno.
L’affare del capannone e i due “obiettivi criminali”- Prima solo indagati e ora finiti ai domiciliari con le accuse di peculato, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, i tre commercialisti di area Carroccio sono finiti nei guai per quell’affare del capannone venduto alla Lombardia Film Commission, attraverso un’operazione che per l’accusa ha “due obiettivi criminali“: frodare il Fisco e intascare soldi pubblici. Grazie a un bando scritto sotto dettatura. Ma grazie anche alle frequentazioni in via Bellerio, la storica sede della Lega a Milano. Attenzione però: per la procura quell’affare che ha portato agli arresti i commercialisti fu ideato soltanto dagli indagati. Ma dopo che alcune fondamentali informazioni erano state raccolte nella storica sede del Carroccio. Lo racconta Manzoni, che con i pm ha sostenuto “di aver appreso da Di Rubba in occasione di alcune visite presso la sede della Lega in Milano via Bellerio, del finanziamento erogato dalla Regione in favore” della Lombardia Film Commission “finalizzato all’acquisto di un immobile“. Quella notizia metterà in moto tutto il meccanismo alla base del quale ora i tre commercialisti sono finiti ai domiciliari. D’altra parte se Di Rubba, Manzoni e Scilieri sono finiti già da tempo nelle informative degli investigatori è perché l’inchiesta sul capannone di Cormano corre parallela a quella dei pm di Genova che continuano a indagare sull’ormai famigerato tesoretto di 49 milioni. Come i colleghi liguri, anche il procuratore aggiunto Eugenio Fusco e il sostituto Stefano Civardi – aiutati nelle indagini dal nucleo di Polizia economico-finanziario della Guardia di Finanza – si sono trovati davanti ginepraio di società, strutture complesse, triangolazioni ancora in fase di disvelamento. Un puzzle ancora tutto da ricostruire.
Il gip: “Hanno incarichi di rilievo” e possono rinnovare il reato – Per il momento si sa solo che Di Rubba, Manzoni e Scillieri e il cognato di quest’ultimo Fabio Barbarossa (considerato dagli inquirenti come suo “prestanome“) potrebbero ancora commettere “delitti della stessa specie“. Questo perché la triade di commercialisti, come spiega il gip, ha appunto “dimostrato una spiccata capacità organizzativa” con “perfetto riparto dei compiti” e “potenzialità operative” e si basa su “legami interpersonali (a base amicale, lavorativa e parentele in senso lato) particolarmente stretti e risalenti nel tempo” con un “vincolo di solidarietà reciproca“. Una triade di cui “si sono potute ben saggiare le potenzialità operative” che “beneficia degli incarichi di rilievo tuttora ricoperti da alcuni componenti negli organigrammi di numerose società ed enti, fra i quali anche soggetti di diritto privato a partecipazione pubblica“. Per questo, e dopo che la procura ha rinnovato il primo di settembre la richiesta d’arresto già inoltrata al gip il giorno del fermo di Luca Sostegni, è scattato l’arresto. “Si ribadisce, pertanto, l’adeguatezza all’efficace contrasto del pericolo di reiterazione del reato della sola misura degli arresti domiciliari corredata del divieto di comunicare con i terzi estranei. La forma di cautela prescelta viene ritenuta, altresì, proporzionata alla gravità in concreto dei fatti addebitati e, di conseguenza, all’entità delle sanzioni presumibilmente da irrogare”, è quello che scrive il giudice.
Il ruolo di Luca Sostegni – Nell’inchiesta compare, ovviamente, anche Luca Sostegni, l’uomo fermato a luglio con l’accusa di estorsione nei confronti degli altri sodali e bloccato prima di una imminente fuga in Brasile. Il gip riferisce che, durante tre interrogatori con i pm, Sostegni sostiene di aver partecipato “in prima persona a una riunione” con le altre persone coinvolte. Dove è avvenuto quel summit? Nei paraggi della “sede della Lega in via Bellerio a Milano”. Inizialmente, ricostruisce il giudice, era quello “il luogo fissato per l’incontro”. Poi Sostegni vede uscire dall’edificio Di Rubba, Manzoni e Scillieri, il quale lo informa di preferire “un luogo meno rischioso perché più appartato”. Il quartetto si reca quindi in una “tavola calda nelle vicinanze”. Un racconto che il gip definisce “attendibile” e che conferma “la prova dell’accordo collusivo, siglato sin dall’origine dai tre indagati (Di Rubba, Manzoni e Scillieri), volto a minare dalle fondamenta il procedimento diretto a stabilire il contenuto del bando” emanato dalla Film Commission per l’individuazione della nuova sede a nord di Milano.
Il bando fatto su misura – Come nelle più classiche inchieste penali su gare, appalti e bandi ecco che emerge come è stato strutturato l’imbroglio: sotto dettatura di chi doveva partecipare alla gara. A raccontarlo ai pm è una una responsabile organizzativa della Lombardia Film Commission, entrata nell’ente come dipendente e poi con sempre maggiori responsabilità, che ha svelato il 29 luglio scorso, la “perfetta corrispondenza fra la bozza di avviso” pubblico per la ricerca di un immobile per la nuova sede della fondazione, redatta da Scillieri e da lui “inviata” all’allora presidente Di Rubba ed “il documento definitivo” che venne poi pubblicato online. Una testimonianza molto importante per gli inquirenti e per il giudice che scrive: “La predisposizione da parte di Scillieri della bozza dell’avviso pubblico, destinata ad essere trasfusa senza modifiche nel documento finale, rappresenta una circostanza dotata di notevole pregnanza probatoria, in merito alla preesistenza dell’accordo collusivo”. Un “accordo collusivo“, si legge, “siglato fin dall’origine dai tre indagati (Di Rubba, Manzoni e Scillieri), volto a minare dalle fondamenta il procedimento diretto a stabilire il contenuto del bando, o meglio dell’avviso, per la ricerca del terzo contraente”. L’8 maggio 2017, infatti, la dirigente della Film commission riceve la disposizione di scrivere una mail a Scillieri con la bozza del bando. Ventiquattro ore ore dopo arriva – anche alla casella di Di Rubba – la risposta e la nuova bozza. Queste ed altre email sul punto sono state acquisite dalla Guardia di finanza durante le acquisizioni e le perquisizioni effettuate.
Lo schema e l’acquisto a prezzi gonfiati – Secondo l’accusa, dunque, il bando per l’acquisto di un immobile da parte di una società pubblica venne creato ‘ad hoc’ sulle caratteristiche di un immobile di proprietà della Andromeda immobiliare, formalmente amministrata da Barbarossa ma in realtà in mano a Scillieri. È dal commercialista che ha domiciliato la Lega per Salvini premier che comincia questa storia. È il febbraio 2017, quando Scillieri diventa curatore di una società sull’orlo del fallimento, la Paloschi srl. Legale rappresentante viene nominato Sostegni. Quella società ha un’unica proprietà: un capannone malmesso a Cormano, a nord del capoluogo lombardo. Verrà presto venduto alla Andromeda per 400mila euro: dunque un uomo di Scillieri vende, e un altro uomo di Scillieri compra. Gli assegni, però, non saranno mai incassati. Meno di un anno dopo, nel dicembre del 2017, ecco che quell’immobile sarà rivenduto alla Lombardia Film Commission. Costo dell’operazione: 800mila euro. Il doppio rispetto a quanto Andromeda dichiara di averlo pagato. Chi è presidente della fondazione, nominato dall’allora governatore leghista Roberto Maroni? Ma ovviamente Di Rubba. Quell’acquisto per i pm è stato fatto “ad un corrispettivo notevolmente superiore al reale valore di mercato” e con la restituzione, poi, “di una consistente porzione della provvista al presidente Di Rubba ed ai suoi sodali” attraverso passaggi di denaro ricostruiti nelle indagini.
Volevano distruggere le prove – Gli indagati pensarono anche di distruggere tracce di assegni che non erano stati incassati. Barbarossa parlando con Scillieri “in merito al mancato incasso degli assegni emessi” da Andromeda in favore della Paloschi “valutava l’opportunità della distruzione dei titoli di credito, rimasti nelle sue mani, onde evitare la loro scoperta da parte delle autorità inquirenti“. La Paloschi, infatti, non incassò mai i 400mila euro in assegni pagati – solo sulla carta – dall’immobiliare Andromeda. Gli 800mila euro di soldi pubblici pagati dalla Film Commission, invece, vennero incassati. Eccome se vennero incassati. Secondo le indagini torneranno nelle tasche dei professionisti, attraverso una serie di giri ancora tutti da chiarire: Sostegni emette 19 bonifici per 301mila euro alla Fidirev, fiduciaria svizzera oggetto di una rogatoria.
L’elettricista del Carroccio – Per l’accusa a Manzoni e Di Rubba sono poi finiti 420mila euro, alla Andromeda di Scillieri sono rimasti 133mila euro mentre 200mila euro sono stati pagati per la ristrutturazione del capannone alla Barachetti service, dell’elettricista Francesco Barachetti, pure lui di area Lega: è stato consigliere comunale a Casnigo ed è – secondo l’Ansa – l’ultimo indagato di questa storia. Indicato dagli investigatori come “personaggio legato a Di Rubba e Manzoni” e “più in generale al mondo della Lega”, gli uffici della sua società sono stati perquisiti nelle scorse ore. Il nome di Barachetti era già emerso in un report dell’Unità d’informazione finanziaria di Bankitalia per movimenti di denaro anche verso la Russia. La Barachetti, si leggeva nella relazione , “risulta essere controparte di numerose transazioni finanziarie con il partito della Lega Nord”.
“Operazione condotta in modo occulto” – Insomma, quella messa a punto dai professionisti della Lega è un’operazione complessa che per questo il giudice definisce di “rara abilità“. Anche perché condotta “in modo occulto, ossia mantenendo la maggior parte dei membri del sodalizio in posizione ‘riparata’ ed esponendosi all’esterno attraverso uno solo fra loro (Barbarossa Fabio)”. Di Rubba, ex presidente della Lombardia Film Commissione, “dopo avere personalmente governato, in qualità di presidente della fondazione, la fase ‘preliminare” si è spogliato “della carica, sì da risultare, al tempo del trasferimento immobiliare, privo di ruoli all’interno della fondazione”. Manzoni, “braccio destro del Di Rubba, destinato a divenire, al termine dell’operazione, beneficiario immediato di una parte della somma” è sempre “rimasto privo di qualunque ruolo che potesse ricondurlo alla vicenda”. Manzoni sentito lo scorso 3 settembre dai pm di Milano, si è però difeso sostenendo di “non avere percepito alcuna somma, in relazione all’operazione immobiliare“. Un racconto considerato inattendibile.