Tensioni a Parigi, specialmente nella zona vicino agli Champs-Élysées. La capitale si è comunque presentata blindata. Era da prima del lockdown che il movimento non tornava in piazza per protestare. Tra i gruppi di manifestanti, hanno sfilato anche i "No mask" e i proprietari delle discoteche, costretti a chiudere a causa delle regole sanitarie imposte dal governo guidato da Jean Castex
Un rilancio sottotono quello che ha caratterizzato il ritorno in piazza dei gilet gialli, il movimento di contestazione contro il presidente Emmanuel Macron e il suo governo. A Parigi, come ormai da tradizione, la protesta più grande: i manifestanti si sono infatti dati appuntamento sugli Champs-Élysées (nonostante il divieto della prefettura), place de la Bourse, place Wagram (i luoghi autorizzati dalla polizia) e place Saint-Pierre, ai piedi della Basilica del Sacro Cuore a Montmartre. Non sono mancati gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine: a mezzogiorno c’erano già 154 fermati solo nella Capitale, saliti al momento a 222, sui poco più di mille manifestanti scesi in piazza. Tra i gruppi di manifestanti, hanno sfilato anche i “No mask” e i proprietari delle discoteche, costretti a chiudere a causa delle regole sanitarie imposte dal governo guidato da Jean Castex.
La tensione era molto alta in tutto il Paese, già prima dell’inizio dei cortei: Jerome Rodrigues, uno dei leader del movimento, aveva esortato prima dell’inizio a “una disobbedienza civile completa”, in particolare rifiutando di mostrare documenti di identità alla polizia. Una trentina di fermate della metropolitana e della rete di trasporto ferroviario erano inaccessibili già da questa mattina alle 5, mentre molti negozi vicini ai luoghi dei raduni hanno sbarrato le finestre e le vetrine. Registrati scontri sporadici, specialmente nella zona intorno agli Champs-Élysées, dove i manifestanti hanno provato a radunarsi nonostante i divieti. La polizia ha risposto sparando gas lacrimogeni per disperdere la folla.
Tra i momenti di maggiore tensione vissuti in piazza c’è stato l’arrivo dell’umorista Jean-Marie Bigard, che aveva solidarizzato con il movimento, ma di recente ha preso le distanze da uno dei suoi leader, Jérôme Rodrigues, dopo che questi ha paragonato la polizia a “una banda di nazisti”. Il comico è stato accolto all’urlo di “Collabo!“, collaborazionista, ed è stato scortato via dalla polizia. Sul percorso, i dimostranti hanno incendiato cassoni dell’immondizia e almeno un’auto, come mostrano numerosi video diffusi online.
Per la stampa francese, quindi, si è trattato di un ritorno fiacco alle proteste. Les Echos, così come Le Parisien, parlano di “bassa mobilitazione“, riportando un’intervista fatta a un manifestante che, in maniera più catartica, afferma che ormai “il movimento è morto”. Diversa la visione, invece, di varie testate più vicine al movimento. Come per l’Humanité, quotidiano di sinistra, che in un reportage racconta che in piazza sono tornate migliaia di persone, al grido di “noi non possiamo scomparire”. A Tolosa, centro del movimento popolare durante tutto il 2019, ai manifestanti non è stato nemmeno permesso di scendere in piazza.
I gilet gialli sono tornati in piazza dopo un lungo periodo di pausa causato dal lockdown. Si tratta di un movimento che da quando è emerso il 17 novembre del 2018, innescato dall’aumento delle tasse sul carburante, ha portato in piazza migliaia di persone ogni sabato per 70 settimane. Ora si è trasformato in un movimento di protesta permanente contro il governo di Macron, guidato da diverse fazioni politiche e che racchiude dentro di sé varie realtà mosse da un comune sentimento di lotta per una maggiore giustizia fiscale e sociale.