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Mutui, quando in banca la burocrazia si confonde con la ‘burocretinezia’

Mutui, quando in banca la burocrazia si confonde con la ‘burocretinezia’
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Burocrazia o “burocretinezia”? Non è un gioco di parole e nemmeno un refuso. E’ solo la conferma di due termini che sono parenti stretti. Almeno in banca.

Dopo averne viste parecchie, negli ultimi tempi sento tante di quelle stupidaggini che mi viene da chiedere: burocratizzare o burocretinizzare in banca è una predisposizione genetica o un’arte?
Domanda retorica per me che ho dato risposta in Io so e ho le prove parlando della “formazione a delinquere”, ma non per i cittadini che molto lentamente iniziano a capire che i burocretini elevano a scienza la tendenza a cretinizzare il cliente.

Ma soprattutto c’è da chiederlo a quei manager che, negli istituti di credito, a furia di contare i peli, non si sono ancora accorti di essere diventati già calvi. Volete un esempio? Ecco il colloquio (registrato) tra il direttore di una banca e un cliente che ha richiesto la proroga della sospensione del mutuo prevista dal decreto “Cura Italia” (max 18 mesi), di cui stiamo parlando da qualche settimana e che sta diventando, così come temevo, una vera e propria Via Crucis per i cittadini che ne hanno diritto.

Cliente: “Caro direttore, dopo la concessione della prima sospensione di 6 mesi scadente a fine settembre, Le ho inviato via Pec la disposizione di proroga di 12 mesi così come prevista dal decreto (ecco un modello)…”

Direttore: “L’ho letta (senza degnarsi di avvisare il cliente) ma, visto che mi hai telefonato (e se non lo avesse fatto?), ti consiglio di accettare la proroga di soli 6 mesi secondo l’accordo interbancario perché quella prevista dal decreto è troppo complicata. Devi produrre tanti documenti, li devi scannerizzare (quanto e’ difficile!) e li devi inviare poi a noi (figurati!)”.

Cliente: “Direttore ho letto con attenzione il testo della disposizione Consap relativa al decreto e ho rispettato il dettato. Occorre semplicemente compilare un modulo, allegare un documento di riconoscimento e l’attestato che sono in cassa integrazione (che il mio datore di lavoro mi ha fornito in meno di un minuto)”.

Direttore: ”Ahhhhhh (meravigliato della conoscenza della procedura e spiazzato). Allora vuol dire che devo accontentarla (quasi fosse un sacrificio!)”.

Mi chiedo: colpa della inesperienza, della impreparazione o davvero pigrizia mentale?

Ma in questo contesto mi interessa soprattutto sottolineare il successo nella trattativa di quel cittadino-cliente che non si è fermato di fronte alla solita banale scusa dilatoria, si è informato e ha ottenuto il risultato di vedersi riconosciuto un proprio diritto.

Le probabilità di successo nelle cose importanti della vita vengono di solito sottovalutate perché si crede che siano più difficili. Al contrario si sopravvalutano le probabilità nelle cose non importanti, credute più facili. Il problema è che proprio nella naturale moltiplicazione delle cose non importanti alligna la burocrazia che, ostinata, prolifera nelle banche e si espande come la gramigna.

Bisognava essere un funzionario di banca degli anni Cinquanta per continuare a pensare che la burocrazia sia la forma più efficiente di organizzazione: tutti i problemi risolti da un insieme di regole, controlli, sanzioni perché l’uomo è intrinsecamente avverso al cambiamento. Il che non è vero. O, perlomeno, non lo è interamente. Questo “non interamente” è quanto basta! Quanto basta per fare leva sull’uomo, per suscitare l’impegno responsabile verso determinati obiettivi, per esaltarne l’esigenza di autoaffermazione. Quanto basta per la soluzione dei problemi.

Perché se il paradosso è l’ultima possibilità di chi, dopo aver tentato invano, tenta un’ultima volta, allora, di fronte a così grande ostinazione, una scappatoia c’è. Combattere la burocretinezia è possibile.

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