Annullamento della sentenza di secondo grado e nuovo processo davanti ai giudici milanesi. La causa? "La Corte d’Appello di Milano si era dimenticata una parte della motivazione" ma, secondo la difesa, a mancare sono anche le prove sulla responsabilità per gli omicidi
Annullata dalla Corte di Cassazione la sentenza di condanna per Laura Taroni, infermiera del pronto soccorso di Saronno, nel Varesotto. La donna era stata condannata a 30 anni perché ritenuta responsabile dell’omicidio del marito, Massimo Guerra e della madre, Maria Rita Clerici, aiutata secondo l’accusa dall’amante medico Leonardo Cazzaniga, anestesista della struttura in cui lavorava l’imputata. Ora si tornerà all’appello, ma la sentenza verrà emessa da un’altra sezione della Assise. Per l’avvocato dell’imputata, Cataldo Intrieri, “la decisione non riguarda solo il fatto che la sentenza fosse incompleta perché la Corte d’appello di Milano si era dimenticata una parte della motivazione, ma anche perché mancano le prove sulla responsabilità per gli omicidi”. Poi ha aggiunto: “La causa è riaperta”.
L’infermiera Taroni era una dei due protagonisti dell’inchiesta “Angeli e demoni” condotta dalla procura di Busto Arsizio, sulle morti avvenute all’interno della struttura in cui la stessa lavorava con Cazzaniga. Arrestati entrambi nel 2015, hanno subito due processi separati da cui lo stesso Cazzaniga è uscito condannato all’ergastolo dalla Corte d’assise di Busto Arsizio, in quanto ritenuto colpevole di dieci dei dodici omicidi di pazienti in corsia per i quali era stato processato. Tra le morti, al medico sono state imputate anche quelle di Massimo e Luciano Guerra, rispettivamente marito e suocero della Taroni.
Per i difensori dell’ex infermiera di Lomazzo (Cataldo Intrieri e la collega Monica Alberti) si è trattato di una vittoria, grazie alla quale hanno ottenuto l’annullamento della sentenza del 2 luglio del 2019. Depositate le 122 pagine che componevano la motivazione della sentenza, però, 13 non erano più presenti, quelle relative alla capacità di intendere e di volere dell’imputata. Un errore materiale, dunque, di cui si erano accorti gli stessi giudici, che avevano fissato un’udienza eliminare il vizio di forma. Alberti e Intrieri avevano depositato una richiesta di nullità dell’udienza in quanto questo avrebbe leso il diritto di difesa della Taroni, visto che una settimana prima sarebbero scaduti i termini per presentare il ricorso in Cassazione. Una decisione contro cui si era mossa la procura generale, che invece aveva chiesto agli inquilini del Palazzaccio di respingere il ricorso, in quanto le parti mancanti nella sentenza non avrebbero avuto un peso determinante ai fini del giudizio.
Quindi la decisione della Suprema Corte che ha portato all’annullamento della sentenza che, secondo i difensori, è stato motivato anche dal fatto che per gli ermellini non c’erano le prove della colpevolezza dell’imputata. In attesa del nuovo appello Taroni resterà comunque in carcere, a meno che non scadano nel frattempo i termini della custodia cautelare. Il verdetto è stato reso noto solo ieri sera, venerdì 11 settembre. “Siamo molto soddisfatti. Oltre alla questione delle pagine mancanti, la sentenza d’appello conteneva molte lacune” è stato il commento del difensore Intrieri.