Settimana di fuoco nel Regno Unito: l’aumento dei contagi ed il ritorno del fattore R al di sopra dell’1 si è accompagnato alla decisione del primo ministro Boris Johnson di recidere dagli accordi preliminari della Brexit stipulati con l’Unione Europea in relazione al confine irlandese. Risultato la sterlina è crollata perdendo il 4 per cento rispetto al dollaro e quasi il 10 rispetto all’Euro dall’inizio dell’anno. Una cuccagna per gli speculatori.
Il Regno Unito è nel caos ancora una volta. Ai lockdown territoriali nelle Midland fanno eco le nuove leggi sull’interazione tra gli individui limitate da lunedì prossimo ad un massimo di sei persone. La popolazione teme il peggio e ce già chi ha iniziato ad acquistare nuovi congelatori per riempirli di prodotti alimentari provenienti dall’Unione Europea anche in vista di nuovi lockdown. Torneremo ai tempi bui degli anni Settanta, si domandano in molti?
Ma allora le abitudini alimentari erano diverse, solo i ricchi bevevano il vino e seguivano la dieta mediterranea. Oggi i supermercati sono la copia di quelli francesi, tedeschi ed italiani e non sarà facile tornare a mangiare secondo la dieta anglo-sassone e fare a meno della mozzarella di bufala. Naturalmente il problema è ben più serio, Johnson rischia di scontarsi con il gigante commerciale europeo su un terreno legale, rischia infatti di infrangere un trattato internazionale con conseguenze disastrose non solo per il Regno Unito ma per tutto il mondo delle nazioni non-canaglia.
Ci si domanda perché mesi fa il governo ha firmato un accordo che non poteva mantenere, che andava contro un altro, ben più viscerale e fondamentale per questa nazione, si tratta del Good Friday Agreement, stipulato per porre fine a decenni e decenni di tensione sociale e violenza politica. Il nocciolo della questione è il confine tra il nord dell’Irlanda, parte a tutti gli effetti del Regno Unito, e la Repubblica irlandese. Questa frontiera, secondo l’accordo, deve rimanere aperta, come se l’isola fosse a tutti gli effetti un singolo stato.
Finché le due nazioni facevano parte dell’Unione Europea il problema non si poneva ma alla fine di dicembre, quando Londra lascerà la costruzione sovranazionale europea, il confine irlandese diverrà una frontiera esterna dell’Unione Europea e del Regno Unito. E Bruxelles domanda controlli doganali e dei movimenti degli abitanti delle due nazioni. Che Johnson stia bleffando? Tutto ormai è possibile, nell’anno traumatico che stiamo vivendo nulla ha più senso e quindi anche questa interpretazione è plausibile.
C’è chi è convinto che il braccio di ferro sia l’ennesimo test di forza tra i due contendenti e che il primo ministro del Regno di sua maestà stia cercando di rinegoziarne gli accordi di separazione. Ma è anche possibile che nel caos in cui tutte le nazioni si trovano a causa del Covid, Johnson abbia deciso di percorrere la strada più pericolosa, quella della hard Brexit, abbandonare quindi l’Unione senza un accordo. Nell’eventualità di un nuovo lockdown dovuto alla ripresa del virus ed in uno stato di emergenza sarà facile per il suo governo far passare una decisione che nessuno nel Regno Unito si auspica.
Ad inchiodarlo più delle minacce di Bruxelles, della rivolta dei suoi deputati e persino della disapprovazione della popolazione potrebbero essere i mercati. Il capitombolo della sterlina di questa settimana fa presagire speculazioni al ribasso violente, nella City, ormai deserta a causa dello smart working, si parla di un cambio a 1,02 con l’euro ed a 1,20 con il dollaro.
Nella notte fatidica della Brexit la moneta scese fino a 1,17 con il dollaro. E’ però anche vero che una sterlina stracciata farebbe gravitare i prezzi dei prodotti di importazione rendendoli meno appetibili alla popolazione. Per ora sul governo pesa una nuova spada di Damocle, la revisione delle decisioni prese entro il 15 ottobre, ma in un mese tutto può succedere, ormai è chiaro che questo è un anno imprevedibile per tutti e per tutto.