Io e i miei dissimili abbiamo molto in comune: amiamo la pasta, il sesso, la natura, l’arte, i viaggi, i bambini (degli altri), i volti dei vecchi, e guai a chi ci tocca la mamma. Ma allora perché li chiamo dissimili? Che cosa mi fa sentire extra e terrestre? In fondo la vita potrebbe essere venuta dallo spazio, portata da una cometa sulla terra, e quindi noi siamo gli extraterrestri, non abbiamo bisogno di sondare le immensità celesti per scovarli, basta guardarci negli occhi per scoprire l’Et che ognuno di noi è.

Fin da piccolo ho sempre amato le pecore nere, le trovavo elegantissime, coraggiose, forse disperate e forse felici, e mi sono detto: Ricky, tu grande sarai una pecora come tutti, ma sarai nera! Anche qui sul blog del Fatto cerco di essere una pecora nera, porto me stesso come notizia, lo scandalo dell’individuo che non si assoggetta al pensare comune. E questo infastidisce alcuni, ricordo che in discoteca avevo un modo di ballare tutto mio, e una notte un amico mi disse scocciato: “Ma perché non balli come gli altri, cazzo!”.

Non ballo come gli altri perché sprecare l’unica occasione che ho per essere me stesso mi sembrerebbe un crimine, e questa occasione si chiama vita. In che cosa sono diverso? Se mi ferite anche il mio sangue è rosso, ma se mi pestate un piede vi dico “grazie”. Sono un masochista: è il mio modo per difendermi da un mondo che percepisco spietato. Se andate a letto con la mia donna, vi porto i pasticcini, se tutti godono non sta succedendo nulla di male. Se sotto questo post che sto scrivendo mi prendete a male parole, il mio orgoglio diventa duro, durissimo, si eccita del vostro disprezzo.

Certo, anche io ho i miei eroici furori, i morti non si deridono, i morti si amano, la “necrofilia” dovrebbe essere insegnata nelle scuole, in fondo “chi tace acconsente”. Non si deve mai parlare male degli assenti, io sono un uomo leale. Un masochista leale. Credo nell’Acaro Universale, non ho illusioni su una vita ultraterrena, penso che “la vita non sia il sogno di un folle, ma di un Folletto” e che tutti finiremo in polvere, alcuni polvere da sparo, non di più. Ma poi perché chiamo assenti i morti? Quando guardo i miei dissimili difficilmente vedo qualcuno che possa dirsi “presente”.

A scuola ci hanno abituato a dire “presente” durante l’appello, ecco, non c’è parola che sia stata tradita tanto quanto questa, forse solo la parola amore ha subito più tradimenti. Tradimenti di senso, non carnali. La scuola ha agito con ogni mezzo per toglierci giorno dopo giorno, campanella dopo campanella, un pezzo alla volta della nostra presenza originaria, e non è rimasto più nulla di noi, solo rigurgiti, etichette, bestemmie, cori da stadio, matrimoni disperati, vacanze di gruppo, dichiarazioni d’amore meno appassionate di quelle dei redditi, e nonni inebetiti dai nipotini.

Avete ridotto il mistero della vita a questo: una ciancia, una burla, un museo degli orrori e degli errori. Stamattina ho fatto il cavalcavia in bicicletta, e mi sono detto: “Ecco Ricky, questo è quello che i tuoi dissimili chiamano sforzo fisico”. Sono nato per sedermi e per sdraiarmi, ogni poltrona è il trono della mia pigrizia, ogni letto il regno delle mie negazioni fiorite. Sono ancora al mare perché non lavoro, mi godo settembre, sono un uomo felice.

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