Gli eroi che amiamo di più sono quelli che lo diventano per caso. Abbiamo chiamato i medici e gli infermieri eroi perché hanno dovuto sostenere una prova indicibile, inimmaginabile. Nessuno sapeva, e nessuno pensava che sarebbe stato possibile quel che è successo tra marzo e aprile di quest’anno.
La statistica, che è una scienza esatta, ci dice che la riapertura delle scuole provocherà focolai di contagio. La ragione ci dice che chiudere in una stanza per più ore venti o trenta persone è di per sé un rischio altissimo perché sfida un virus che si trasmette per via aerea, dunque gli concede armi che non dovrebbe ottenere.
La ragione ci dice però anche che non possiamo tenere ancora sbarrate le scuole, perché questo sarebbe un costo ancora più alto in termini sociali ed educativi. Ha superato il miliardo nel mondo il numero degli studenti lasciati a casa. Non si può andare oltre.
Dovremmo dunque essere più solidali con il popolo della scuola, specialmente con gli insegnanti che dovranno superare una prova anch’essa non richiesta e assumere dei rischi alti. A marzo nessuno sapeva. E sono stati eroi. Oggi che sappiamo quasi tutto sugli effetti anche letali del virus, dobbiamo immaginare che purtroppo ci sarà chi si ammalerà anche gravemente. E ancor più dei ragazzi, la cui età li pone parzialmente al riparo dai rischi più gravi, saranno i loro docenti a subirne le conseguenze più severe.
Non è facile trasformare un luogo di studio, anche di gioco, in un’area di massima sicurezza. Abbiamo riconosciuto ai medici e agli infermieri la forza del coraggio e la dedizione, tralasciando ogni considerazione su qualche collega che ha disertato la corsia. Ecco, faremmo una cosa buona e giusta se usassimo lo stesso metro di giudizio anche con i professori.
E intanto gli dicessimo grazie.