In prima linea tra gli sportivi al fianco del movimento Black Lives Matter, volto della nuova generazione emergente di tenniste, ma anche grande fan di Kobe Bryant. Dopo la vittoria nella finale degli Us Open a New York, Naomi Osaka ha voluto festeggiare proprio indossando la canotta dei Los Angeles Lakers con il numero 8. Su Twitter ha postato la foto di lei con la maglia per Kobe e la coppa al centro del campo: “Ho indossato questa maglia ogni giorno dopo le mie partite. Penso davvero che mi abbia dato forza. Sempre”, è la dedica della campionessa giapponese al campione di basket morto lo scorso 26 gennaio in un incidente in elicottero.

Osaka ha vinto per la seconda volta gli Us Open femminili di tennis. La giapponese, numero 9 del mondo e 4 del seeding, ha battuto la bielorussa Viktoria Azarenka in tre set con il punteggio di 1-6, 6-3, 6-3 in 1 ora e 54 minuti. Per la Osaka è la terza vittoria in un torneo del Grande Slam, dopo gli US Open 2018 e gli Australian Open 2019. “Nel primo set ero molto nervosa, non riuscivo a muovere i piedi. Era chiaro che non stessi giocando al 100%. Pensavo che sarebbe stato bello se fossi almeno riuscita a giocare al 70%”, ha commentato dopo il match Osaka. “Nel secondo, andare subito sotto di un break non mi ha aiutato, Ho pensato che dovevo essere positiva, che almeno dovevo fargliela sudare la partita”, ha spiegato ancora la campionessa giapponese.

Osaka è stata sempre in prima linea nella battaglia contro il razzismo, come dimostrato dalle sette mascherine diverse indossate a Flushing Meadows, tutte recanti il nome di una persona vittima di violenze. Dopo l’uccisione di George Floyd da parte della polizia a Minneapolis, Naomi è volata sul posto per marciare contro le violenze razziali. Prima degli Us Open, si era anche rifiutata di scendere in campo per la semifinale del torneo di Cincinnati: “Guardare il continuo genocidio della gente di colore per mano della polizia mi dà il voltastomaco”, aveva scritto l’atleta.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Maratona di New York: un 50esimo compleanno senza storie e abbracci

next