In tre dialoghi con il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, sul tema dell'ecologia integrale, Francesco allarga la riflessione alla questione più ampia del piacere. E si dice contrario alla visione del gastronomo secondo cui la Chiesa lo ha sempre condannato: "Questo è un moralismo che non ha senso e che casomai può essere stato, in qualche epoca, una cattiva interpretazione del messaggio cristiano”
“Il piacere di mangiare così come il piacere sessuale vengono da Dio”. Ad affermarlo è Papa Francesco nel libro-intervista scritto con il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, intitolato Terrafutura (Giunti). Il volume raccoglie tre dialoghi con Bergoglio sull’ecologia integrale avvenuti dal maggio 2018 al luglio 2020. “La Chiesa – spiega il Papa – ha condannato il piacere inumano, rozzo, volgare, ma al contrario il piacere umano, sobrio, morale lo ha sempre accettato. Il piacere arriva direttamente da Dio, non è cattolico né cristiano né altro, è semplicemente divino. Il piacere di mangiare serve per far sì che mangiando ci si mantenga in buona salute, così come il piacere sessuale è fatto per rendere più bello l’amore e garantire la prosecuzione della specie”.
A Petrini che sostiene che “la Chiesa cattolica ha sempre un po’ mortificato il piacere, come se fosse qualcosa da evitare”, Francesco replica di non essere d’accordo. E aggiunge: “Quello che dice lei fa riferimento a una moralità bigotta, un moralismo che non ha senso e che casomai può essere stato, in qualche epoca, una cattiva interpretazione del messaggio cristiano”. Bergoglio sottolinea, inoltre, che proprio perché il mangiare e il sesso sono i due atti che garantiscono la sopravvivenza della specie, “Dio li ha fatti bellissimi, pieni di piacere. La rigidità pelagiana ha fatto tanto male, la visione pelagiana ha rifiutato in maniera bigotta il piacere e ha fatto danni enormi che in alcuni casi si sentono fortemente ancora adesso”.
Parole destinate a fare scalpore, ma non nuove nel magistero papale. Parlando ai confratelli gesuiti nella nunziatura apostolica in Mozambico, in occasione del suo quarto viaggio in Africa, nel settembre 2019, Bergoglio aveva spiegato che “una delle dimensioni del clericalismo è la fissazione morale esclusiva sul sesto comandamento. Una volta un gesuita mi disse di stare attento nel dare l’assoluzione, perché i peccati più gravi sono quelli che hanno una maggiore angelicità: orgoglio, arroganza, dominio. E i meno gravi sono quelli che hanno minore angelicità, quali la gola e la lussuria”. E a un gruppo di giovani francesi, ricevuti in Vaticano nel settembre 2018, Francesco aveva detto che “la sessualità, il sesso, è un dono di Dio. Niente tabù. È un dono di Dio, un dono che il Signore ci dà. Ha due scopi: amarsi e generare vita. È una passione, è l’amore appassionato. Il vero amore è appassionato”.
Nel dialogo con Petrini, il Papa rivela anche che “abbastanza di frequente le persone che mi sono più vicine mi avvisano che si sentono in giro commenti cattivi su di me: che non sono più lo stesso di prima, che sto perdendo la rotta perché ho accolto i rom in Vaticano, ho parlato di accoglienza dei migranti e degli ultimi. Io non mi stupisco e non me la prendo”. E sul suo predecessore afferma: “Mi arrabbio quando dicono che Benedetto è un conservatore, Benedetto è stato un rivoluzionario! In tante cose che ha fatto, in tante cose che ha detto, è stato un rivoluzionario. Poi è invecchiato e non ha potuto continuare, ma è stato proprio un rivoluzionario”.
Il dialogo tra Francesco e Petrini nasce dall’enciclica sociale di Bergoglio, Laudato si’, pubblicata nel giugno 2015. Da lì è iniziato un percorso che ha visto Petrini, sostenuto dal vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili, fondare le Comunità Laudato si’, “gruppi spontanei ed eterogenei di persone delle estrazioni più varie, – come le definisce il loro fondatore – unite dalla volontà di dare gambe al concetto di ecologia integrale, tema cardine dell’enciclica”. Ma poi incontrando Francesco, come racconta lo stesso Petrini, nacque “l’idea di un dialogo che potesse diventare un libro”. Un confronto, come sottolinea il fondatore di Slow Food, tra “un agnostico e un Papa, un ex comunista e un cattolico, un italiano e un argentino, un gastronomo e un teologo”.