Chi pensava che la didattica a distanza con l’inizio della scuola sarebbe rimasta solo un ricordo resterà deluso: le scuole secondarie di secondo grado son pronte a ripartire solo grazie alla dad. Dal Nord al Sud i professori dei licei e degli istituti tecnologici, ma anche dei professionali continueranno in molte scuole a fare lezione online.
Un dato nazionale su quante scuole superiori avranno bisogno di ricorrere alla didattica a distanza non c’è: il ministero dell’Istruzione non ha ancora eseguito questo monitoraggio e nemmeno molti uffici scolastici regionali stanno verificando questo fenomeno.
Eppure andando ad analizzare alcune realtà abbiamo scoperto che per far fronte alla carenza di spazi, molti dirigenti scolastici hanno dovuto optare per la dad. D’altro canto il piano scuola presentato il 26 giugno scorso dalla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina prevedeva questa soluzione: “Per le scuole secondarie di II grado, vi sarà – si legge nelle linee guida – una fruizione per gli studenti, opportunamente pianificata, di attività didattica in presenza e, in via complementare, didattica digitale integrata, ove le condizioni di contesto la rendano opzione preferibile ovvero le opportunità tecnologiche, l’età e le competenze degli studenti lo consentano”.
L’opzione dad in Abruzzo, ad esempio, è stata scelta da circa un terzo delle scuole, secondo i dati dell’ufficio scolastico regionale. “Le superiori potranno ricorrere – spiega la dirigente Antonella Tozza – alle lezioni on line, ma in maniera residuale, fino al 30% del monte ore. Nella nostra regione abbiamo accompagnato questo processo con parecchi corsi di formazione”.
Anche Rocco Pinneri, dirigente dell’Usr della regione Lazio ammette che gli istituti che ricorreranno alla dad saranno decisamente tanti: “Sono poche le scuole fortunate che non hanno bisogno di fare didattica a distanza. Abbiamo lavorato molto per trovare gli spazi per le superiori, ma non è stato facile”.
Al Nord la situazione non cambia. In Veneto a consegnarci la fotografia della realtà è la capo dell’Usr Carmela Palumbo: “Il problema riguarda soprattutto i capoluoghi di provincia. In queste città almeno sette-otto scuole faranno lezione anche a distanza. Sono istituti che hanno preferito avere più spazio in aula. La dad non verrà fatta su metà della classe, ma su pochi studenti che si alterneranno ogni settimana. In ogni caso non saranno più del 10% delle superiori a scegliere questa strada”.
In Toscana Roberto Curtolo, il dirigente dell’ufficio scolastico regionale in un’intervista all’emittente “Controradio” ha dichiarato: “Circa un terzo delle scuole superiori utilizzerà il sistema integrato, con lezioni prevalentemente in presenza, ma anche con la didattica a distanza. Dipende in gran parte dall’organizzazione che si sono date le scuole tra giugno e luglio e dalla disponibilità di spazi e docenti: le scuole che avevano già gli spazi disponibili per il distanziamento hanno fatto la programmazione in presenza chiedendo anche il personale necessario – precisa Curtolo – mentre le scuole che hanno avuto gli spazi disponibili soltanto in questi giorni hanno fatto un altro tipo di organizzazione”.
In Emilia Romagna, invece, il dirigente Stefano Versari, non ha ancora monitorato il fenomeno e non intende farlo in questa fase delicata della ripresa dell’attività scolastica. A Milano, intanto, tre studenti su dieci delle superiori faranno lezione da casa.