La campanella suona in quasi tutta Italia per gli studenti, ma sul tavolo della ministra Azzolina e del commissario Arcuri rimangono ancora alcuni fascicoli da affrontare. Innanzitutto la fine della distribuzione dei banchi, poi quella dei dispositivi di protezione. Ma anche il completamento del personale e il recupero di tutti gli spazi necessari perché gli alunni possano continuare con le lezioni in presenza
La scuola riapre, ma molti problemi restano sulla scrivania della ministra Lucia Azzolina, su quella del Commissario straordinario Domenico Arcuri, ma soprattutto nella testa di presidi e insegnanti che devono far funzionare la macchina dell’istruzione facendo i conti con i banchi che mancano; i bidelli e gli insegnanti di sostegno e di posto comune che non sono ancora arrivati; le mascherine da distribuire; il caos sui certificati medici; la mancanza di aule; i cantieri ancora aperti nelle scuole e tanti altri nodi che nei prossimi giorni verranno al pettine.
I banchi – La prima questione aperta riguarda i banchi che il Commissario Arcuri ha acquistato per 17.800 istituti che ne hanno fatto richiesta. La distribuzione non avverrà come annunciato inizialmente entro il 14 settembre, ma proseguirà fino alla fine di ottobre. Arcuri nei giorni scorsi ha dettagliato il calendario della consegna dei 2,007 milioni di banchi tradizionali e delle 434 mila sedute innovative richieste. Nel mese di settembre verrà soddisfatto il fabbisogno delle scuole primarie dell’intero territorio nazionale (tranne una quota marginale destinata alle regioni che hanno fatto una richiesta significativamente maggiore cioè Lazio, Campania e Sicilia) e degli istituti comprensivi di tutte le regioni ad eccezione di Puglia, Calabria e Sardegna che inizieranno la scuola a fine settembre. Sempre entro la fine di questo mese arriveranno i banchi nelle scuole secondarie di primo e secondo grado solo delle aree più colpite dal coronavirus. Nella prima parte di ottobre si passerà a completare la distribuzione dando la priorità alle scuole primarie. Dal 15 ottobre al 30 si concluderà la distribuzione nelle regioni che hanno formulato maggiori richieste seguendo sempre il criterio delle zone più colpite dalla pandemia. Questo calendario ha creato qualche problema ai presidi. All’Itis “Majorana” di Cassino ad esempio la consegna era prevista per il 5 settembre; è stata poi posticipata al 10 ma finora non c’è traccia. E così gli studenti hanno deciso di rivolgersi alla ministra. Al liceo classico “Albertelli” di Roma, invece, pur di scongiurare doppi turni e didattica a distanza le lezioni si faranno solo sulle sedie che non vanno assolutamente spostate.
Il personale – E’ il problema di sempre e anche quest’anno il ministero non è riuscito a mettere la pezza: parte la scuola ma mancano professori, maestri e bidelli. Un “vuoto” che crea enormi problemi di organizzazione. Basti pensare, ad esempio, alla necessità dei bidelli durante la mensa scolastica. In una scuola su due o tre piani ne serve uno ad ogni piano per poter igienizzare i servizi dopo l’uso di ogni bambino. Se non ci sono si apre un problema molto pratico: il bambino può andare in bagno senza essere sorvegliato? E chi sanifica dopo l’uso? Problemi reali che nel sindacalese e nel politichese si traducono in un balletto di numeri.
Il ministero dell’Istruzione dice che ad oggi (13 settembre) abbiamo 60mila posti vuoti (sostegno e posto comune) derivati dagli 84 mila che erano disponibili per le assunzioni in ruolo, che verranno assegnati in queste ore dagli uffici scolastici territoriali. A questi si sommano le deroghe per il sostegno: circa 60 mila. Secondo gli uffici di viale Trastevere, con le nomine di queste ore, domani saranno meno di 100 mila i posti vuoti.
Diversa la versione del sindacato. Secondo la Cisl Scuola 207.220 sono i posti al momento da coprire, attingendo dalle GAE (laddove ancora attivabili) e dalle graduatorie provinciali per le supplenze, tuttora in attesa di essere pubblicate. Come sempre non si trovano i professori delle materie scientifiche. Discorso a parte per il sostegno dove secondo la Cisl all’infanzia manca oltre il 50% dell’organico; alla primaria l’80% così come alle superiori. Alle medie i posti scoperti arriverebbero oltre il 90%.
Il certificato medico – Se n’è parlato fino all’ultimo minuto, ma il nodo del certificato medico è rimasto in sospeso. Per Legge non è obbligatorio anche se alcune scuole lo richiedono. All’inizio dell’emergenza si era pensato di ripristinarne l’uso per le assenze oltre i tre giorni ma tutto è rimasto al palo. Ora sembra che debbano essere le Regioni a stabilire se modificare le norme e come sempre si procederà in ordine sparso. Intanto i maestri e i professori restano nel panico perché non sanno come comportarsi esattamente.
Le mascherine – Se n’è parlato in tutte le salse. Dopo mesi di confusione con presidi che annunciavano di doverle dare solo al corpo docente, una nota del capo dipartimento del ministero dell’Istruzione Giovanna Boda ha chiarito che i dispositivi saranno per tutti. In queste ore il Commissario si è impegnato a far arrivare nelle scuole ulteriori scorte tant’è che ha chiesto agli istituti di tenere aperti gli edifici anche nel weekend. Resta un problema: la dotazione che arriverà con cadenza settimanale, bisettimanale o mensile a seconda della popolazione scolastica, sarà consegnata alla sede degli istituti. Qualcuno poi dovrà preoccuparsi di portate le mascherine nei singoli plessi: lo faranno i bidelli o gli insegnanti?
Le aule – All’inizio di settembre erano ancora 104 mila gli studenti senza aula. Ora secondo la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina sarebbero meno di 50 mila. La caccia agli spazi non termina con l’inizio della scuola. Sindaci, presidi e presidenti di provincia continuano a fare i conti con un problema che dovrà essere risolto al più presto. Gli affitti di spazi esterni sono stati finanziati con due interventi di 70 milioni e 34 milioni ma secondo l’Anci questi finanziamenti sarebbero arrivati troppo tardi. Nel frattempo si è ricorsi a qualsiasi soluzione: teatri, parrocchie, Fiere, musei, moduli temporanei e persino tende.
“Non si può entrare in classe tra calcinacci e polvere”. L’indicazione è arrivata direttamente dal direttore dell’ufficio scolastico regionale del Lazio. In questa regione il 20% delle scuole facendo ricorso ad un’ordinanza sindacale ha rinviato la partenza delle lezioni. Il caso Lazio non è comunque l’unico. Anche in Liguria otto comuni hanno scelto di aprire più tardi, il 24. In Piemonte si segnala un caso. In provincia di Cremona, a Offanengo, un’intera scuola primaria fino a dicembre non potrà tornare nella sua sede ma dovrà fare scuola all’oratorio, alla biblioteca e al museo.