Sono 14,6 milioni gli europei che lavorano, direttamente o indirettamente, nell’automotive, occupando circa il 6,7% di tutti i posti di lavoro dell’UE. E i veicoli a motore valgono complessivamente circa 440,4 miliardi di euro di tasse nei principali mercati europei, con l’industria automobilistica che genera un’eccedenza commerciale di 74 miliardi di euro (il fatturato dall’industria automobilistica rappresenta oltre il 7% del PIL dell’UE) e spende circa 60,9 miliardi di euro all’anno in innovazione.
Sono questi i numeri sbandierati dall’Acea, l’associazione europea dei costruttori di automobili, per sottolineare l’importanza strategica del comparto auto e i rischi economici che correrebbe l’Unione Europea se non si raggiungesse al più presto un accordo col Regno Unito del post Brexit. In primis sono a rischio le economie e i posti di lavoro su entrambi i lati della Manica, già piagati dagli effetti della pandemia, finora quantificati in circa 100 miliardi di euro di produzione persi.
Senza un accordo entro il 31 dicembre, entrambe le parti sarebbero costrette a commerciare secondo le cosiddette regole non preferenziali dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), tra cui una tariffa del 10% sulle auto e fino al 22% su furgoni e camion. Tali tariffe – di gran lunga superiori ai margini generati della maggior parte dei produttori – dovrebbero quasi certamente essere trasferite ai consumatori, rendendo i veicoli più costosi, riducendo la scelta e influendo sulla domanda. Senza contare che anche i fornitori automobilistici e i loro prodotti ne sarebbero danneggiati: ciò renderebbe la produzione più costosa e le auto importate da Asia e America più competitive.
Prima che la crisi del coronavirus colpisse, la produzione di veicoli a motore dell’UE e del Regno Unito era di 18,5 milioni di unità all’anno. Quest’anno circa 3,6 milioni di unità sono già andate perse nel settore a causa della pandemia. Nuove proiezioni, sostiene Acea, suggeriscono che una riduzione della domanda derivante da una tariffa OMC del 10% potrebbe portare nel prossimo quinquennio a intaccare di circa tre milioni di unità la produzione degli stabilimenti dell’UE e del Regno Unito, con perdite per 52,8 miliardi di euro per gli stabilimenti del Regno Unito e 57,7 miliardi di euro per quelli sparsi nella UE. Logicamente, anche i fornitori subirebbero questi cambiamenti.
Pertanto l’Acea torna a chiedere il raggiungimento di un accordo di libero scambio UE-Regno Unito con disposizioni specifiche per il settore automobilistico: un deal che dovrebbe includere tariffe a quote zero e un’armonizzazione delle regole che eviti costose divergenze normative. In ballo, come detto, c’è il futuro delle quattro ruote made in Europe.