Nella sentenza, la corte spiega perché ha accolto la richiesta della procura di riformulare in sequestro aggravato dal terrorismo uno dei capi di imputazione del 47enne. "La sua condotta ha messo concretamente in pericolo non solo le persone sequestrate, ma anche un numero molto più ampio di cittadini, componenti delle Forze dell’ordine e utenti della strada"
Il suo scopo era quello di “condizionare i pubblici poteri” in materia di “accoglimento degli stranieri”, intimidendo la popolazione con un’azione “plateale” in modo da generare” panico” nelle persone. Sono queste le motivazioni che hanno spinto la prima corte d’Assise di Milano a condannare lo scorso 15 luglio a 24 anni di carcere Ousseynou Sy, l’autista che nel marzo del 2019 dirottò e incendiò un autobus con a bordo una scolaresca di Crema con 50 ragazzini, due insegnanti e una bidella. Nell’atto, depositato in questi giorni, si legge che “il sequestro è stato ideato come diretto ad un numero elevato di vittime, individuate in modo indiscriminato, reclutate fra una fascia debole della popolazione, minacciate in modo gravissimo nella loro integrità fisica”.
Tutte motivazioni che hanno spinto i giudici ad accogliere la ricostruzione della Procura, secondo cui Sy ha agito con finalità terroristiche. Una delle imputazioni contestate all’uomo sono state infatti riformulate dalla corte, trasformando il sequestro semplice in sequestro con l’aggravante del terrorismo. L’autista risponde anche di strage aggravata dal terrorismo, incendio e lesioni. “La sua condotta”, si legge ancora nella sentenza, ha messo “concretamente in pericolo non solo le persone sequestrate, ma anche un numero molto più ampio di cittadini, componenti delle Forze dell’ordine e utenti della strada (e se fosse arrivato a Linate, come aveva richiesto, avrebbe esposto a pericolo anche gli utenti di detto aeroporto)”. Quindi, ribadiscono i giudici, “la scelta dell’azione dell’imputato non era stata né ‘delirante‘, né ‘palesemente inadeguata’. Infatti, la sua condotta che, secondo le sue stesse dichiarazioni aveva il fine di intimidire la popolazione e di condizionare i pubblici poteri a riconsiderare la politica verso i migranti, risulta essere stata coerente e congrua rispetto a tale scopo”. Nelle sue motivazioni, la corte riconosce però che l’autista non ha mai avuto “finalità di uccidere”, nemmeno durante l’incendio dell’autobus.
L’episodio risale al 20 marzo 2019, quando il 47enne dirottò e incendiò un pullman a San Donato Milanese con a bordo 50 studenti della scuola media “Vailati” di Crema, due insegnanti e un’operatrice scolastica. Il gruppo si salvò anche grazie alla prontezza di Ramy e Adam, i due ragazzi che hanno chiamato i soccorsi e a cui il governo gialloverde ha poi concesso la cittadinanza italiana. “Ricordatevi che il mio gesto aveva solo lo scopo di salvare vite umane, perché non se ne poteva più. Tutti i giorni vedevo orrori”, aveva dichiarato Sy in aula prima del verdetto, riferendosi alle politiche migratorie portate avanti dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. Proprio quei “pubblici poteri” che l’autista voleva condizionare prendendo in ostaggio gli studenti del pullman.