“Un uomo ha le sue forze e fragilità e la fragilità a un certo momento, quando sei solo, non sai come affrontarla. C’è chi la affronta parlando, chi la affronta bevendo, chi facendo altro. Quello che mi sento di dire, lo dico apertamente, è che le sostanze ti distruggono la vita. Questa è la realtà e lo posso dire perché di problemi legati a questo ne ho avuti. Fondamentalmente è una battaglia che uno fa tutta la vita“. Così Lapo Elkann, intervistato da Silvia Toffanin a Verissimo. Lapo Elkann, o si odia o si ama. “Ha avuto tutto dalla vita, come può essere depresso o fragile?”, l’obiezione che spesso si legge sui social quando si tratta del nipote di Gianni Agnelli. Questo, quando non si mettono in mezzo le solite battute sull’uso di sostanze che sui social media vanno a braccetto con quelle sull’uso di farmaci per i disturbi psichici. Come se ci fosse qualcosa di comico. Ora, la fragilità, come la chiama Elkann, è incredibilmente democratica. Così come lo sono l’ansia, la depressione e tutte le malattie mentali. Così come lo è l’innesco di quel meccanismo che porta all’abuso di sostanze. “Una battaglia che dura tutta la vita“, dice Elkann. Allora accade che in un programma di intrattenimento pomeridiano, un ragazzo molte volte irriso proprio questa fragilità e per il suo aver cercato una via di fuga in quella che poi si è rivelata una durissima prigione, parli di due temi importanti. E lo faccia “apertamente”. Sentirsi fragili, avere bisogno di un percorso di cura non è e non deve essere un tabù. Il consumo e l’abuso di sostanze fra i giovani e gli adolescenti, alcol al primo posto, è un fenomeno preoccupante e in forte crescita sia a livello internazionale che nazionale come si sottolinea nello studio “Alcohol in Europe”. Siamo abituati a programmi di intrattenimento che si “buttano” (spesso ‘a babbo morto’) sulla cronaca nera ma non a programmi di intrattenimento che portano nelle case degli italiani argomenti ancora oggi stigmatizzati nel nostro Paese. La “fragilità” di Lapo vuol dire tante cose e in tanti possono riconoscercisi. Il racconto ha dalla sua la verità e per questo è importante ascoltarlo con le orecchie ben aperte. Come ha fatto Silvia Toffanin. Sempre più brava, la conduttrice possiede una dote rara tra i “padroni di casa” dei programmi: il talento di saper ascoltare. Toffanin non sgomita per “pungolare”, fa la domanda giusta e ascolta. Ama il programma che fa e punta a migliorarlo, non a mettersi in prima fila. L’inizio di stagione con ospiti scelti per quello che hanno da raccontare e non per logiche di promozione o di “estemporanea notorietà” lo dimostra. Piero Chiambretti, dopo Lapo, a raccontare in modo autentico un’altra realtà che il Paese vive e contro la quale il Paese combatte. Il covid-19, il suo ricovero, la perdita di sua madre. Il “Pierino” sarcastico e ironico ha fatto sedere davanti alla Toffanin un uomo commosso. “Anche fragile”. Viva, allora, i programmi come questo. E rincuora sapere che a Mediaset si sa fare bene anche intrattenimento di alta qualità.