Il regolamento che disciplina il conferimento della cittadinanza onoraria recita che il riconoscimento viene concesso da un Comune o da uno Stato ad un individuo ritenuto legato alla città per il suo impegno o per le sue opere. Quindi la scelta di abbandonare l’aula da parte dei consiglieri della minoranza di centrodestra leccese durante il voto per il conferimento della cittadinanza onoraria a me appare irragionevole.
Meno di un anno fa, lo stesso Comune di Lecce, con voto unanime, ha conferito la Cittadinanza Onoraria alla senatrice Liliana Segre senza che questo destasse ad alcun tipo di obiezione. Non si capisce perché questa esplicita opposizione nei miei confronti. Come motivato dal sindaco Carlo Salvemini durante la sua relazione, la mia opera rappresenta una fortissima testimonianza civile, la consapevolezza che ogni percorso di riconoscimento dei diritti passa dalla fuoriuscita da una condizione di invisibilità e marginalità delle lavoratrici e dei lavoratori italiani e stranieri, che rappresenta il terreno di coltura di fenomeni di sfruttamento e prevaricazione dei quali i braccianti di Nardò sono stati vittime.
Appunto dalla battaglia mia e dei miei colleghi iniziata nove anni fa a Nardò grazie ad uno sciopero storico che coinvolse diverse centinaia di lavoratori migranti si è arrivati alla legge contro il caporalato e al primo processo in Europa contro la schiavitù nel lavoro. Risultati, questi ultimi, che hanno determinato il corso della storia nella lotta al caporalato e allo sfruttamento nel nostro Paese e di cui la città di Lecce è stata una delle principali artefeci grazie all’impegno determinante delle sue diverse articolazioni istituzionali.
Un impegno costante che mi è valso il riconoscimento dalla più alta carica dello Stato, il presidente Sergio Mattarella, che mi ha insignito dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Un riconoscimento importante che dimostra che la Costituzione è di tutti e tutti hanno il dovere di difenderla. Oggi la mia azione prosegue con l’Associazione Internazionale anti caporalato NoCap, che promuove una filiera agroalimentare etica, certificata e sostenibile dando reddito a diversi agricoltori italiani e restituendo dignità a centinaia di lavoratori stranieri e italiani. Un impegno a favore di tutti per la legalità, la giustizia sociale e la realizzazione dei nostri principi costituzionali.
Il Fatto Quotidiano ad esempio ha riportato ampiamente i dettagli del Progetto Donne NoCap – braccianti italiane contro lo sfruttamento, un progetto implementato proprio tra la Provincia di Lecce e il Metapontino.
I fatti appena descritti avrebbero trovato il consenso di qualsiasi cittadino di qualsiasi orientamento politico, ma purtroppo la politica e le sue dinamiche hanno ancora una volta preso il sopravvento di fronte all’evidenza, facendo passare in secondo piano un evento importante e una riflessione sana sul lavoro e i diritti in questo Paese.
Tutti dovremmo aver fame e sete di giustizia, pertanto il rispetto della dignità del lavoro dovrebbe essere un valore che va oltre lo schieramento politico.