Il database comprende oltre 2,4 milioni di nomi di cittadini di tutto il mondo e sarebbe stato realizzato dalla società Zhenhua, con base a Shenzhen. A pubblicarlo è stato un consorzio di giornali internazionali di cui fa parte il quotidiano Il Foglio. Le informazioni sono raccolte da un algoritmo che va a caccia di materiale online, ad esempio articoli di giornale e profili pubblici sui social network, e poi lo mette insieme per creare i fascicoli
Ci sono personaggi della politica, come l’ex premier Matteo Renzi, Walter Veltroni e Silvio Berlusconi. Ma anche industriali del calibro di Ferrero e Merloni, fino ad alti ufficiali dell’esercito e cittadini condannati per reati gravi (dal terrorismo alla criminalità organizzata). È un elenco di 4.544 italiani quello raccolto dalla società cinese di big data Zhenhua, con base a Shenzhen, diffuso nelle scorse ore dal quotidiano Il Foglio. Il database, che in totale comprende oltre 2,4 milioni di nomi di cittadini di tutto il mondo, è stato sottratto all’azienda e trasmesso a una società di intelligence australiana, che a sua volta l’ha girato a un consorzio di giornali internazionali. Ne fanno parte anche il Telegraph, Sunday Times, Indian Express, Globe and Mail e l’Australian Financial Review.
Lo scopo dei dossier non è chiaro. Stando a quanto riportato da diversi analisti, le informazioni raccolte da Zhenhua sono disponibili pubblicamente in rete e non derivano da attività di spionaggio. In sostanza l’azienda – analogamente a quanto fanno decine di altre società in tutto il mondo – sfrutta un algoritmo che va a caccia di materiale online, ad esempio articoli di giornale e profili pubblici sui social network, per poi mettere insieme tutte le informazioni e creare un fascicolo per ogni personalità di ciascun Paese. I dati raccolti comprendono data di nascita, indirizzo, stato civile, educazione, fotografia, profili social, affiliazione politica, precedenti penali e altri dettagli. Di alcune persone, per esempio Renzi e Berlusconi, è ricostruita anche la rete di relazioni familiari, con nomi e dati dei parenti più stretti.
Il database, chiamato Okidb (Oversea key information database), è finito nelle mani di Christopher Balding, un accademico americano che ha lasciato la Cina nel 2018 in critica con il regime. È lui ad averlo trasmesso a una società di cyber sicurezza australiana di nome Internet 2.0 che ha estrapolato una parte dei nomi. Tra i profili saltati fuori, 50mila appartengono a cittadini americani, 35mila ad australiani e 9.700 ad inglesi. Come riporta il Guardian, sono inclusi anche il primo ministro Boris Johnson, la Royal family, diverse celebrità ed esponenti dell’esercito. Un esponente della società, contattato dal giornale britannico, ha dichiarato che Okidb “esiste ma non è così magico come viene descritto”, specificando che semplicemente mette in relazione le persone con i social media che utilizzano e le integra con altro materiale. “Ci sono molte piattaforme come questa oltreoceano”. Secondo Balding, invece, il database è “tecnicamente complesso” e utilizza “strumenti di linguaggio, targeting e classificazione” delle informazioni “molto avanzati”.
Su un punto gli analisti citati da Guardian e Washington Post sono concordi: la raccolta globale di dati di massa – condotta da aziende private e intelligence di tutto il mondo – offre “una miriade di opportunità” a chi la sfrutta. Da qui i dubbi su Zhenhua, basata nel distretto tecnologico della Cina. Ex funzionari statunitensi e ricercatori del settore citati dal Post sostengono che il database trapelato in queste ore è coerente con la spinta del governo cinese di “espandere la capacità del Paese nella raccolta dei dati per scopi strategici, anche se i dati di per sé non sono immediatamente rivelatori”. Concetto ribadito anche da Samantha Hoffman, ricercatrice presso il Cyber center dell’Australian strategic policy institute. “Sappiamo che il Partito comunista cinese cerca di promuovere la raccolta dei dati di massa, posto che la capacità di elaborarli e utilizzarli arriverà in futuro”. A suo parere, l’elenco di Zhenhua dimostra che “i social media sono uno strumento importante”. Non è casuale, infatti, che le principali fonti citate nei dossier siano Facebook, LinkedIn, Twitter, Techcrunch e altre.
Nel caso degli italiani, i nomi sono divisi in tre categorie. “Persone politicamente esposte”, tra cui sono elencati parlamentari ed ex parlamentari come Laura Boldrini, Enrico Letta e Giulio Tremonti, ma anche imprenditori come l’ ex vicepresidente di Confindustria Lisa Ferrarini e scienziati come Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto nazionale di Geofisica. La seconda parte è dedicata a “parenti e collaboratori”. La terza, invece, riguarda le “persone di interesse speciale”, cioè circa 3mila nomi di cittadini a processo o indagati per reati gravi.