Una roadmap per rendere a emissioni nette zero il settore dei trasporti in Europa entro il 2040. Mettendo la parola fine, per esempio, alle vendite di nuovi veicoli alimentati a diesel, benzina e a gas, compresi gli ibridi, al più tardi entro il 2028. In uno studio pubblicato oggi da Climact e NewClimate Institute e commissionato da Greenpeace Belgio viene tracciata una vera e propria tabella di marcia “coerente con i tempi indicati dalla comunità scientifica per contrastare l’emergenza climatica e in grado di dare il proprio contributo per limitare l’aumento medio della temperatura globale entro 1,5 gradi centigradi” scrive Greenpeace. Il rapporto descrive come l’Ue potrebbe alimentare i trasporti attraverso le energie rinnovabili, evitare i biocarburanti e ridurre significativamente la sua quota di emissioni di gas serra, trasformando il modo in cui le persone e le merci si muovono. Lo studio prevede elementi essenziali della transizione come il miglioramento delle infrastrutture per la mobilità ciclistica e pedonale nelle città, investimenti significativi e continui in ferrovie, treni e autobus, l’eliminazione dei voli a corto raggio e lo stop di tutti gli investimenti nel settore dei trasporti ad alta intensità di carbonio, come nuovi aeroporti e infrastrutture stradali ad alte prestazioni.
LE EMISSIONI NEL SETTORE TRASPORTI – Mentre le emissioni di gas serra provenienti da altre fonti hanno subìto un rallentamento o un calo, infatti, l’Ue non è riuscita finora a ridurre quelle del settore dei trasporti, che hanno continuato a salire con un aumento del 28% nel 2017 rispetto ai livelli del 1990. E questo nonostante gli impegni in materia di clima e l’adozione di specifici regolamenti come gli standard di CO2 per le auto e i furgoni. Il settore è da solo responsabile del 27% delle emissioni complessive di gas serra dell’Ue nel 2017, con aviazione internazionale, trasporto marittimo e trasporto su strada come fonti di emissioni in più rapida crescita nel settore. E mentre la Commissione europea chiede una ripresa verde, ha però acconsentito “all’iniezione di decine di miliardi di euro nelle compagnie aeree e nelle case automobilistiche – sottolinea Greenpeace – senza condizioni climatiche significative e giuridicamente vincolanti da parte dei governi nazionali”.
LA ROAD MAP – I modelli usati nel rapporto mostrano che si possono ridurre le emissioni dei trasporti del 53% attraverso l’efficienza tecnologica, l’elettrificazione e l’utilizzo di combustibili sintetici a base rinnovabile, e del restante 47% riducendo la domanda di trasporto e passando a opzioni di trasporto più pulite. Tra i primi step c’è lo stop alle vendite di nuovi veicoli alimentati a diesel, benzina e a gas, compresi gli ibridi, al più tardi entro il 2028 e, gradualmente, alla circolazione di tutti i veicoli con motore a combustione interna in Europa entro il 2040. Anche se, nelle grandi città, il divieto della circolazione di questi veicoli dovrebbe essere stabilito molto prima, a iniziare da quelli diesel. Altri obiettivi sono: ridurre il parco veicoli leggeri del 27% entro il 2030 e del 47% entro il 2040, rispetto ai livelli del 2015; aumentare il tasso di occupazione e di utilizzo di tutti i restanti veicoli leggeri per passeggeri rispettivamente del 25 e del 20% tra il 2020 e il 2050; ridurre l’utilizzo di veicoli privati dal 62% al 42% del totale nelle grandi aree urbane (con una riduzione ancora più significativa nei centri urbani) e dall’attuale 79% al 68% nelle aree non urbane entro il 2040.
I CAMBIAMENTI A LIVELLI SISTEMICO – La tabella di marcia non si basa solo su leve di natura tecnologica, come l’elettrificazione rapida del settore e l’aumento dell’efficienza dei trasporti, ma anche su cambiamenti a livello sistemico. Tra questi la riduzione della domanda di trasporto, il passaggio ad alternative sostenibili e il bando totale della circolazione dei motori a combustione interna cioè alimentati con diesel, benzina o gas entro il 2040. Secondo lo studio la domanda di mobilità dovrebbe diminuire del 12% entro il 2040 rispetto ai livelli pre-Covid (escluso il trasporto aereo, la cui diminuzione dovrà essere maggiore). Va ridotto anche il numero di autocarri sulle strade europee dagli attuali 6 milioni a 3,6 milioni entro il 2040 e, al contempo, va raddoppiato l’utilizzo della navigazione interna e del trasporto ferroviario dal 29% al 58% entro il 2040. Si suggerisce poi di limitare l’uso dei cosiddetti ‘e-fuels’ (carburanti sintetici prodotti da elettricità) a quelli prodotti da energia rinnovabile e a modalità di trasporto che non hanno alternative valide, come l’aviazione, ma anche di ridurre del 33% il numero totale di chilometri volati per passeggero. “Tale riduzione – si spiega nel lavoro – potrebbe essere necessariamente più elevata qualora i combustibili sintetici da rinnovabili non riuscissero a soddisfare tutta la domanda”. Altro step previsto è la riduzione, entro il 2040, del consumo di energia nei trasporti di superficie, nel trasporto merci e nell’aviazione del 63% rispetto al 2015.
I BANCHI DI PROVA – “La responsabilità del settore dei trasporti in Europa non si limita alla quantità di emissioni di gas serra e di inquinamento atmosferico prodotta” afferma Federico Spadini, campagna trasporti di Greenpeace Italia. “Sulla scia della crisi post-pandemia – continua – in alcuni Paesi d’Europa, le compagnie aeree, le case automobilistiche e le compagnie di navigazione stanno licenziando i propri lavoratori con grande rapidità, nonostante stiano ricevendo cospicui finanziamenti pubblici che dovrebbero essere utilizzati a favore della collettività”. In Italia, le iniziative a supporto della mobilità sostenibile sono state finora troppo timide. “Il piano per l’utilizzo del cosiddetto “Recovery fund” sarà un grande banco di prova per il governo” conclude. Dal 15 ottobre 2020 al 30 aprile 2021, ricorda Greenpeace, tutti i governi Ue dovranno presentare alla Commissione europea i piani nazionali di resilienza e ripresa post Covid-19. Due i prossimi appuntamenti: entro il 31 dicembre 2020 dovranno essere adottati dalla Commissione europea una strategia europea per una mobilità intelligente e sostenibile, attualmente in fase di elaborazione in vista dell’’Anno europeo delle ferrovie’ (nel 2021), e dalla Banca europea per gli investimenti (che ha investito quasi 15 miliardi di euro nell’espansione di strade e aeroporti tra il 2016 e il 2019) una nuova tabella di marcia per il clima.
LE RICHIESTE – Non è un caso se una delle richieste contenute nel rapporto di Greenpeace è rivolto proprio alla Banca europea degli investimenti: vietare qualsiasi investimento per l’aumento della capacità di autostrade e aeroporti. Ai decisori politici si chiede le risorse per la ripresa dell’Ue non vadano a finanziare i grandi inquinatori come l’industria aeronautica e le case automobilistiche. “Si dovrebbe adottare – scrive Greenpeace – una lista di esclusione ambientale che definisca quali attività non devono essere sovvenzionate nei piani di recupero”. Per l’ong, il salvataggio delle compagnie aeree e delle altre industrie inquinanti dovrebbe essere subordinato “al rispetto delle misure regolamentari per allineare l’Ue all’obiettivo dell’Accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi”. La Commissione europea ha già pianificato una revisione dell’esenzione dall’imposta sul cherosene nell’ambito della direttiva sulla tassazione dell’energia prevista per il 2021. “Questa deve anche facilitare un’equa applicazione del principio ‘Chi inquina paga’ – scrive Greenpeace – attraverso tasse su voli e carburante, per indurre un taglio della domanda di trasporto aereo”.