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Banca Interamericana, con lo statunitense Mauricio Claver-Carone si rompe una tradizione

di Diego Battistessa*

Si chiama Mauricio Claver-Carone ed è l’uomo che rappresenta un cambiamento epocale negli equilibri geopolitici della regione latinoamericana. Avvocato, 44 anni, figlio della diaspora cubana che a Miami ha creato il suo quartier generale, Claver-Carone è stato nominato il 12 settembre scorso nuovo presidente della Banca Interamericana per lo Sviluppo (Bid per la sua sigla in spagnolo) con sede a Washington.

Il suo insediamento, come successore del colombiano Luis Alberto Moreno, arriva dopo una dura e serrata guerra diplomatica capitanata dal presidente argentino Alberto Fernández che si è opposto fermamente alla nomina di Claver-Carone, attuale assessore e uomo di fiducia di Donald Trump per le questioni latinoamericane. Fernandez aveva provato ad opporre alla candidatura di Claver-Carone quella dell’argentino Gustavo Béliz, ma di fronte alla schiacciante approvazione della maggioranza dei paesi che conformano il Bid sulla nomina dello statunitense ha deciso di ritirare il suo candidato e di chiamare i suoi alleati all’astensione.

Ad oggi i membri del Bid sono 48 (la Cina è l’ultima arrivata in ordine di tempo), divisi tra Non Borrowing Members (paesi che non possono ricevere finanziamenti) e Borrowing Members (paesi che possono ricevere finanziamenti). Nella votazione finale, la posizione argentina è stata supportata dal blocco dei paesi dell’Unione Europea che fanno parte dei Non Borrowing Members, ai quali si sono aggiunti Messico, Perù, Cile e Trinidad e Tobago. Questo sforzo però non ha impedito che gli altri 30 paesi membri votassero a favore di Claver-Carone cedendo per 5 anni (a partire dal 1 di ottobre) la presidenza della più grande banca regionale a livello mondiale agli Usa.

Il nuovo presidente del Bid non ha nascosto in passato le sue avversioni per i governi di Cuba (lui fa appunto parte dei dissidenti ed esuli in contrasto con la rivoluzione castrista) e Venezuela e la sua nomina rompe una tradizione di presidenti latinoamericani del Bid durata fin dagli albori di questo organismo internazionale nel 1960. Felipe Herrera (cileno), Antonio Ortiz Mena (messicano), Enrique V. Iglesias (uruguaiano) e appunto Luis Alberto Moreno (colombiano) i predecessori dello statunitense Claver-Carone alla guida di quest’organismo, creato per finanziare lo sviluppo economico, sociale e istituzionale e promuovere l’integrazione commerciale regionale in America Latina e nei Caraibi.

Questo nuovo corso non è ovviamente casuale e fa parte di un piano più ampio dell’amministrazione Trump nella guerra economica che vede di fronte Usa e Cina. Il gigante asiatico ha infatti investito ingenti risorse in America Latina, soprattutto a partire dal nuovo corso politico regionale iniziato all’inizio del terzo millennio e chiamato dagli analisti “marea rosa”, uno scenario che ha visto il consolidamento di un nuovo socialismo progressista e certamente non filostatunitense, capitanato dai governi di Venezuela, Brasile, Argentina, Ecuador, Bolivia, Nicaragua e ovviamente l’antagonista storico: Cuba.

Oggi però quell’epoca di integrazione regionale a sinistra, in contrasto con l’ingerenza “yankee”, sembra agonizzare e come previsto è arrivata la “zampata” degli Usa in stile “dottrina Monroe”, che vogliono ribadire che l’America Latina è il loro “giardino di casa” e non consentono ingerenze extracontinentali nella regione. Si prospetta un cambio importante nella gestione ed erogazione dei crediti del Bid a partire dai prossimi mesi, mesi che vedranno lo svolgimento di grosse contese politiche a livello nazionale come la costituente in Cile, le elezioni in Bolivia e Venezuela e il recente vuoto di potere in Perù.

Inoltre, due crisi migratorie senza precedenti, quella venezuelana e quella del triangolo nord, il Covid-19 che ha aumentato spaventosamente il divario tra ricchi e poveri nella regione, fanno presagire un 2021 particolarmente duro e pieno di tensioni per tutta l’area latinoamericana. In questo complesso e drammatico scenario il presidente argentino Fernandez ha comunque fatto gli auguri al nuovo capofila del Bid, augurandosi che questo importante e cruciale organismo regionale possa non trasformarsi in uno strumento di interventismo diplomatico al servizio degli Usa.

*Docente e ricercatore dell’Istituto di studi Internazionali ed europei “Francisco de Vitoria” – Università Carlos III di Madrid. Latinoamericanista specializzato in Cooperazione Internazionale, Diritti Umani e Migrazioni. www.diegobattistessa.com