La polizia ha arrestato in Sardegna il latitante Giuseppe Mastini, 60 anni, conosciuto come Johnny lo Zingaro. Uscito dal carcere di massima sicurezza di Sassari lo scorso 6 settembre grazie a un permesso premio, non era mai rientrato. Lo hanno trovato nelle campagne in provincia di Sassari: era nascosto in un casale in una zona rurale.
“Sono fuggito per amore, si fugge sempre per amore“. È quanto avrebbe detto Johnny Lo Zingaro ai poliziotti e agli uomini della penitenziaria. Quando è stato bloccato era solo, disarmato e non ha opposto resistenza.
E’ stata la sua terza fuga dal 1987 quando, sempre approfittando di una licenza premio, non rientrò in carcere e si rese protagonista di furti e rapine, del sequestro di Silvia Leonardi, dell’omicidio della guardia giurata Michele Giraldi e del ferimento del carabiniere Bruno Nolfi. Fu catturato nel 1989. Nel 2017 un’altra fuga dal carcere di Fossano, in provincia di Cuneo, dal quale avrebbe dovuto andare scuola di polizia penitenziaria di Cairo Montenotte dove lavorava da quando aveva acquisito il regime di semilibertà.
Lo “zingaro” – il cui soprannome è legato alle sue origini sinti – ha alle spalle una lunga scia di sangue dalla fine anni Settanta. Commise il suo primo omicidio ancora undicenne. Fu coinvolto anche nell’inchiesta sulla morte di Pier Paolo Pasolini. Negli anni Ottanta seminò il terrore a Roma.
Dopo la terza evasione il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, aveva affidato all’Ispettorato generale del ministero gli accertamenti sul caso, in particolare per verificare la correttezza dell’iter seguito dal Tribunale di Sassari che da febbraio 2019 ha concesso al fuggitivo ben 13 permessi, quasi uno al mese.
Dopo la cattura Bonafede ha ringraziato le forze di polizia coinvolte nell’operazione per il loro “lavoro congiunto”. Nelle ricerche di Mastini sono stati impegnati il Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria e dalla Polizia di Stato: “A loro va il mio più sentito ringraziamento”, ha detto il ministro.