Condannare la famiglia Ciontoli a 14 anni di reclusione per l’omicidio volontario di Marco Vannini: è la richiesta del procuratore generale Vincenzo Saveriano al processo d’appello bis per l’omicidio del ragazzo, che fu ucciso da un colpo di pistola esploso da Antonio Ciontoli. In subordine, l’accusa ha chiesto di ritenere solamente i familiari di Ciontoli – quindi la moglie Maria Pizzillo e i figli Federico e Martina, quest’ultima fidanzata di Vannini – responsabili di concorso anomalo in omicidio e di condannarli alla pena di 9 anni e 4 mesi di reclusione.
Era la notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 quando Marco Vannini fu ucciso da un colpo di pistola mentre si trovava a casa della fidanzata a Ladispoli, sul litorale romano. Il ragazzo, poco più che ventenne, aveva appena comunicato ai genitori che avrebbe trascorso la notte in quella casa.
Il processo bis è stato disposto dopo la sentenza dei giudici della Corte di Cassazione del 7 febbraio scorso, che ha accolto la richiesta delle parti civili e del sostituto procuratore generale di annullare la sentenza d’appello per la famiglia Ciontoli e disporre un nuovo processo per il riconoscimento dell’omicidio volontario con dolo eventuale. Il 29 gennaio scorso, infatti, i giudici della corte d’Appello avevano rovesciato la sentenza di primo grado che aveva condannato Ciontoli a 14 anni per omicidio volontario, condannando Antonio Ciontoli con l’accusa di omicidio colposo a 5 anni di reclusione e confermando, invece, le condanne a tre anni per i familiari.
Per questo la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza d’appello e ha ordinato un processo d’appello bis per Ciontoli e i suoi familiari. Per i giudici, la morte di Vannini fu sicuramente conseguenza del colpo di pistola esploso da Ciontoli, ma anche della mancanza di soccorsi che avrebbero potuto salvare il ragazzo. La famiglia Ciontoli non solo omise i soccorsi, ma li ostacolò dicendo il falso.