Il Parlamento europeo “non riconosce il risultato delle elezioni presidenziali tenute in Bielorussia il 9 agosto” perché portate avanti “in palese violazione degli standard riconosciuti a livello internazionale” e non riconoscerà Lukashenko presidente “una volta che il suo mandato corrente sarà giunto al termine”, cioè dopo il 5 novembre. Allo stesso modo, gli eurodeputati condannano l’avvelenamento dell’oppositore russo Alexey Navalny, ridotto in fin di vita dopo aver ingerito l’agente nervino Novichok, chiedendo l’avvio di “un’indagine internazionale“. Sono due prese di posizione durissime quelle arrivate in queste ore dalla seduta plenaria a Bruxelles, anche se i rappresentanti dei cittadini Ue – come altre volte in passato – hanno fatto fatica a trovare l’unità, mancata soprattutto tra i partiti italiani.

La prima risoluzione, che condanna le violenze e la repressione del regime dopo le elezioni che hanno riconfermato Lukashenko per il sesto mandato, è passata con 574 sì, 37 no e 82 astensioni. Un voto a cui la Lega di Matteo Salvini non ha partecipato, preferendo l’astensione, mentre Pd, M5S, Forza Italia e Fratelli d’Italia si sono schierati compatti per il Sì. “Che schifo”, è stato il commento a caldo del segretario dem Zingaretti. “Chissà perché la Lega ha deciso di voltare le spalle, per l’ennesima volta, alle decisioni del suo Paese”, ha aggiunto Emanuele Fiano, accusando anche l’eurodeputata del Carroccio Susanna Ceccardi (in corsa alle regionali in Toscana). Ancora più duro il capo-delegazione del Pd a Bruxelles Brando Benifei, secondo cui “Salvini è il miglior alleato dei peggiori dittatori: dopo aver fornito appoggio politico a Orban in numerose occasioni, ora rifiuta di condannare il regime bielorusso per non scontentare Putin“. Per il vicepresidente del Parlamento Ue in quota M5s, Fabio Massimo Castaldo, il voto di oggi rappresenta comunque “un forte monito in difesa dei valori della democrazia”. A suo parere, “nuove elezioni in Bielorussia rispettose degli standard internazionali sono l’unica via per poter ristabilire relazioni future con l’Unione europea”.

Ancora più combattuta è stata la presa di posizione dell’Europarlamento sul caso Navalny. La risoluzione che chiede l’avvio immediato di un’indagine internazionale sul suo avvelenamento e sulle presunte violazioni della Russia in materia di armi chimiche è passata con 532 sì, 84 no e 72 astenuti. Gli eurodeputati esortano Mosca alla cooperazione, ma chiedono allo stesso tempo agli Stati membri di prendere una posizione chiara, ad esempio rafforzando le misure restrittive già in atto contro il Cremlino. Si chiedono sanzioni che consentano il congelamento dei beni europei di individui corrotti, in linea con i risultati del lavoro condotto dalla Alexei Navalny Anti-Corruption Foundation. Tutti propositi che non sono stati sollecitati in modo unanime dai partiti italiani. La Lega ha votato no, schierandosi dalla parte di Vladimir Putin. Il M5S e il Pd invece si sono spaccati: i dem hanno votato a favore insieme a Forza Italia, mentre gli eurodeputati pentastellati si sono astenuti insieme a Fratelli d’Italia.

Le decisioni adottate oggi a Bruxelles sono arrivate all’indomani delle dichiarazioni di Ursula von der Leyen, che nel suo primo discorso sullo Stato dell’Unione. Durante la plenaria, la presidente della Commissioneha ribadito che “l’Unione Europea sta con il popolo della Bielorussia” e che i suoi cittadini “devono essere liberi di decidere sul loro futuro da soli. Non sono pedine sulla scacchiera di qualcun altro”. Di fronte a queste prese di posizione, la reazione di Minsk non si è fatta attendere. Il ministero degli Esteri bielorusso ha definito “esplicitamente aggressiva” e non costruttiva la risoluzione approvata oggi. “Siamo delusi – dichiara in una nota ripresa dall’agenzia russa Ria Novosti – dal fatto che il Parlamento europeo, che si posiziona come una struttura seria, oggettiva e democratica, non sia riuscito a trovare la volontà politica per guardare al di là del proprio naso, per superare la unilateralità e non diventare ostaggio dei luoghi comuni”.

Intanto nella capitale del Paese continua la repressione nei confronti dell’opposizione: Maria Kolesnikova, che ha strappato il suo passaporto per evitare di essere deportata in Ucraina contro la sua volontà ed è attualmente detenuta nella città bielorussa di Zhodino, è stata dichiarata sospettata in un’indagine penale su “un caso di azioni volte a causare danni alla sicurezza nazionale”, il 9 settembre scorso. Accusata ai sensi dell’articolo 361 del Codice penale bielorusso, potrebbe ora affrontare da due a cinque anni di carcere. Dall’Ucraina, intanto, la leader dell’opposizione ed ex candidata alla presidenza Svetlana Tikhanovskaya ha dichiarato che l’opposizione è pronta a fornire “garanzie di sicurezza” a Lukashenko se si dimette “pacificamente”. Ai giornalisti che le hanno chiesto se a Lukashenko saranno date “garanzie di sicurezza” in caso di dimissioni “pacifiche”, Tikhanovskaya ha risposto: “Se ne può discutere. Naturalmente, se lascia pacificamente, c’è una probabilità di questo genere, direi anche una certezza. Personalmente devo parlare a nome di tutti, e in questo caso si terrà conto dell’opinione di tutti”.

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