Dovrà affrontare un nuovo processo l’ex giudice del Consiglio di Stato Francesco Bellomo, accusato di aver adescato alcune corsiste della sua Scuola di Formazione proponendo loro borse di studio a patto di sottoscrivere un contratto che imponeva, tra le altre cose, di indossare minigonna e tacco 12. Mentre a Piacenza è già imputato per stalking e lesioni gravi ai danni di una giovane, un’altra inchiesta era in corso a Bari. E poche ore fa è arrivata la decisione del gup Annachiara Mastrorilli: Bellomo è stato rinviato a giudizio con l’accusa di atti persecutori. Insieme a lui andrà a processo anche l’ex pm di Rovigo Davide Nalin. Già sospeso per due anni dalle sue funzioni su decisione del Csm, secondo i magistrati avrebbe collaborato con l’ex consigliere di Stato all’organizzazione della scuola. Stralciata, invece, la posizione dell’avvocato barese Andrea Irno Consalvo, responsabile di alcuni corsi e accusato dai pm di aver “taciuto quanto a sua conoscenza” su ciò che accadeva all’interno dell’istituto.
“Casomai la ‘persecuzione amorosa‘ l’ho subita io”, ha commentato Bellomo subito dopo la decisione del gup, specificando di essere “concentrato sui procedimenti, mi interessa quello”. Anche se nel tempo libero, aggiunge, “scrivo libri, lo pubblicherò a breve, completo la trilogia perché ho fatto un sistema di penale, uno di amministrativo e ora lo completo con civile. Ho scritto 2500 pagine, più i processi, ho meno tempo adesso di quando lavoravo”. Nel futuro anche l’idea di lavorare a dei “romanzi“. Anche perché, conclude, “di cose da dire ne ho tante su questa storia che non ho detto e prima o poi dovrò farlo. C’è molto di più, molto di più e di peggio”.
I fatti che gli contesta il gup di Bari riguardano in totale quattro ragazze. Inizialmente i magistrati lo avevano accusato di maltrattamenti ed estorsione, ma il giudice ha deciso di riqualificare la prima ipotesi di reato in atti persecutori e la seconda in violenza privata. Per quest’ultimo fascicolo inerente a un’ex allieva, inoltre, è stato dichiarato il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione. In attesa di tornare in tribunale, però, all’ex giudice sono stati revocati i domiciliari. Bellomo era stato arrestato la prima volta l’8 luglio 2019. Venti giorni dopo il Tribunale del Riesame aveva revocato la misura cautelare disponendo l’interdizione per dodici mesi. La Procura aveva poi fatto ricorso e dopo la pronuncia favorevole della Cassazione, nuovi giudici del Tribunale della Libertà di Bari avevano ripristinato la misura degli arresti domiciliari nel luglio 2020.
Ma ora il giudice ha stabilito che Bellomo può tornare in libertà perché il clamore mediatico della vicenda lo indurrà “sicuramente” ad una “maggiore prudenza nel ripetere comportamenti analoghi” e rende “decisamente avvedute potenziali vittime nell’approcciarsi allo stesso”. Invece dei domiciliari, gli è stato imposto il divieto di avvicinamento alle persone offese. Nel provvedimento si legge che “non è venuto meno il quadro indiziario” nei sui confronti, ma si sono attenuate le esigenze cautelari sulla base anche del tempo trascorso (più di un anno), della “apprezzabile condotta processuale ed extraprocessuale mostrata” dall’imputato, dell’effetto “deterrente” della misura cautelare fin qui applicata, oltre alla riqualificazione delle accuse nei suoi confronti, ritenendo così la misura degli arresti domiciliari “non proporzionata” rispetto all’entità dei fatti contestati. “Caduta l’accusa più grave di estorsione e restituita la libertà al dottor Bellomo. Un primo passo importante”, ha commentato il suo avvocato Cataldo Intrieri.
Un altro capitolo della vicenda riguarda invece le presunte calunnie e minacce di cui Bellomo si sarebbe reso responsabile nei confronti del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Quando nel 2017 scoppiò lo scandalo sulle borsiste, l’ex consigliere di Stato fu infatti sottoposto a procedimento disciplinare e a presiedere la Commissione che doveva giudicarlo, affiancato dalla collega Concetta Plantamura, c’era proprio Conte. Secondo l’accusa, Bellomo li ha “incolpati falsamente” di aver esercitato “in modo strumentale e illegale il potere disciplinare”, svolgendo “deliberatamente e sistematicamente” una “attività di oppressione” nei suoi confronti “mossa da un palese intento persecutorio“. Per i pm di Bari, invece, che avevano chiesto di rinviarlo a giudizio anche per questo filone del procedimento, Bellomo avrebbe calunniato e minacciato l’attuale premier. Ma la decisione finale è stata rinviata: il gup di Bari si è dichiarata incompetente e ha deciso di mandare i fascicoli a Roma.
Diversa la situazione a Milano, dove il 24 ottobre scorso il giudice per le indagini preliminari di Milano ha archiviato, come richiesto dalla Procura, l’inchiesta nei confronti di Bellomo per stalking e violenza privata su quattro studentesse della sede milanese della scuola di preparazione alla magistratura ‘Diritto e scienza’. Il gip Guido Salvini ha concluso che in questo caso “non si ravvisano condotte rilevanti sul piano penale“.