Dopo aver detto no all'alleanza con Michele Emiliano, suggerita anche dal premier Giuseppe Conte, la candidata pentastellata alla guida della regione ha battuto la Puglia "profonda", insieme a ministri e sottosegretari. E venerdì chiude la campagna elettorale a Bari con Alessandro Di Battista e Barbara Lezzi, prima spalla nell'utopica lotta di conquistare la Regione del Tap e dell'Ilva
Su e giù nella Puglia profonda, molti paesi e qualche città in meno. Niente lustrini, ma un ritorno alle origini con la difesa dei beni comuni e gli attacchi su agricoltura e sanità, perché Raffaele Fitto e Michele Emiliano sono “la stessa cosa”. Ha resistito, la candidata M5s Antonella Laricchia: “Non chiedetemi di piegare la testa, abbiate il coraggio di tagliarmela”, era stata la risposta all’accerchiamento per convincerla a desistere favorendo l’accordo Pd-M5s attorno alla figura del governatore uscente. No e no, ha detto e ribadito l’ultima pasionaria pugliese del Movimento Cinque Stelle, ri-candidata governatrice e con un posto in lista a Bari: nel caso in cui dovesse arrivare dietro a Emiliano e Fitto il posto in consiglio non è garantito anche se è sfidante per la poltrona più importante dell’aula del governo regionale.
Alla fine la linea della fermezza – spalleggiata dall’ex ministra Barbara Lezzi in prima linea per il no all’intesa – ha ripagato, tanto che i big M5s nelle ultime tre settimane hanno sfilato tutti accanto a lei negli appuntamenti della campagna elettorale. I nomi di chi si è affacciato in Puglia sono tanti: Di Maio, Crimi, poi ministri e sottosegretari. Fino addirittura ad Alessandro Di Battista che per fare campagna per Laricchia è tornato a fare i comizi. Insomma una vera mobilitazione nonostante i sondaggi parlino chiaro: il duello è a due. Da una parte il centrodestra unito dopo 15 anni e dall’altro la coalizione extralarge e multicolor di Emiliano. Non è colpa solo delle storiche battaglie che in Puglia il Movimento non è riuscito a sbrogliare. Dalla Tap che non si doveva fare fino all’Ilva che sbuffa sempre meno, ma non perché sulla via della chiusura.
Resta il nodo di fondo dell’incapacità dei 5 Stelle di essere competitivi alle Regionali di fronte alle lenzuolate di liste degli altri (Emiliano, per dire, ne schiera 14). Vale anche in un territorio come la Puglia dove alle Politiche del 2018 il Movimento sfiorò il 50%, un consenso dimezzatosi un anno più tardi alle Europee. Secondo i sondaggi, si perderà per strada un’altra percentuale a doppia cifra. Eppure Laricchia ci crede, macina chilometri e da fine agosto, quando la campagna elettorale è entrata nel vivo, ha ritrovato l’abbraccio dei big.
Luigi Di Maio, per dire, ha trascorso con lei tre giorni. Certo, c’entra anche il referendum per il taglio dei parlamentari, grande cavallo di battaglia per il Movimento. Ma l’ex capo politico ha ricordato più volte che a Laricchia “hanno proposto di tutto e non ha accettato”. E quindi: “Avete la garanzia che è integerrima”. Le danze le aveva aperte il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa: “La miglior scelta possibile per la Puglia”. Poi sono venuti il capo politico ad interim Vito Crimi, la ministra Paola Pisano, viceministri di peso come Stefano Buffagni e Giancarlo Cancelleri. Si è speso per lei anche Danilo Toninelli.
Una pletora di big in una Regione dove magari la vittoria resta utopia, ma un buon risultato – probabilmente il migliore nelle 7 regioni al voto – è alla portata. A tastare il polso all’elettorato pugliese a 48 ore dalle urne, arriverà appunto anche Alessandro Di Battista. In piazza Diaz, a Bari, sarà lui a chiudere la campagna elettorale di Laricchia insieme all’ex ministra Lezzi. Alla vigilia delle elezioni politiche di due anni fa, 200 chilometri più a sud, in uno slancio infervorato promise che il Tap sarebbe stato “bloccato in due settimane”. Poi arrivò il via libera e lui, che non era più deputato, ammise l’errore. Tra alcuni mesi il gas azero dovrebbe iniziare a scorrere nei tubi. Le battaglie nella Regione in molti casi sono diverse da quelle degli anni scorsi. Laricchia e i M5s pugliesi sono invece rimasti quelli delle origini: sulle barricate contro la “malapolitica” costi quel che costi, fosse anche un sussulto nelle stanze del governo per la vittoria di Fitto.