Un esito favorevole in un processo d’appello per omicidio? In Calabria tutto ha un prezzo e, stando a quello che il giudice della Corte d’Appello di Catanzaro, Marco Petrini, ha riferito il 5 febbraio 2020 ai pm di Salerno (che lo avevano arrestato), una sua sentenza favorevole si poteva comprare anche con poche migliaia di euro.
“Ammetto di aver accettato la promessa di ricevere la somma di 2.500 euro dall’avvocato Giancarlo Pittelli in cambio dell’assoluzione dell’imputato da lui assistito”. I magistrati della Dda di Catanzaro hanno inserito il verbale del giudice, oggi sospeso, nei faldoni del maxi processo “Rinascita Scott”, iniziato la scorsa settimana a Roma in attesa che sia pronta la nuova aula bunker di Lamezia Terme.
Petrini ha spiegato ai pm campani che Pittelli, ex senatore di Forza Italia, dopo la sentenza a lui favorevole non lo ha pagato. La corruzione comunque ci sarebbe stata. Lo dice lo stesso giudice che si sarebbe fatto corrompere: “La proposta corruttiva fattami personalmente dall’avvocato Giancarlo Pittelli avvenne nei locali della Corte d’Appello. Colloco l’episodio, se ben ricordo, in epoca successiva alla sua cessazione della carica parlamentare. Dopo la decisione favorevole il Pittelli non mi ha versato la somma promessa”.
Petrini è confuso, non ricorda e rimanda i pm al prossimo interrogatorio: “Mi impegno a fare mente locale – dice – e ricordare meglio l’episodio corruttivo”. Lo fa effettivamente 20 giorni più tardi, il 25 febbraio, quando chiarisce che il processo nel quale venne coinvolto era quello a carico di Nicholas Sia, un ragazzo accusato di avere accoltellato un coetaneo, Marco Gentile, per un debito di droga e per essere stato deriso in pubblico più volte dalla vittima.
“All’imputato, – spiega Petrini – la Corte ridusse su mia proposta la pena da 18 a 12 anni. Ribadisco che io ero il relatore. La somma promessami da Pitelli non mi fu poi mai consegnata”. Duemilacinquecento euro, quindi, per uno sconto di pena di 6 anni: poco più di 400 euro per ogni anno in meno da scontare dietro le sbarre.
Quello per l’omicidio Gentile non è l’unica corruzione che confessa Marco Petrini e che lo lega all’avvocato Pittelli, uno dei principali imputati nel processo nato dell’inchiesta “Rinascita-Scott”.
Il giorno prima dell’arresto dell’ex senatore di Forza Italia, avvenuto il 19 dicembre, infatti, i due avevano trattato un altro procedimento per il quale Pittelli aveva promesso denaro al magistrato. Era quello a carico di Rocco Delfino, imprenditore ritenuto vicino alle cosche di Gioia Tauro e anch’egli imputato in “Rinascita-Scott”.
“Per il procedimento Delfino – fa mettere a verbale Petrini – mi fu promesso denaro ugualmente da Pittelli, si trattava di un procedimento di prevenzione patrimoniale per il quale si chiedeva la revoca di un provvedimento di confisca definitivo emesso dal Tribunale di Reggio Calabria ai sensi dell’articolo 28 del codice Antimafia. Ricordo che il processo fu trattato alla presenza dell’avvocato Pittelli e dello stesso Delfino il giorno precedente l’arresto di entrambi da parte della Dda di Catanzaro. Per questa vicenda la decisione non è stata adottata. La promessa della somma di denaro per revisionare il provvedimento di confisca patrimoniale di Delfino mi fu fatta dall’avvocato Pittelli nel novembre 2019 in Corte d’Appello. Ciò lo ricordo perché era in corso di trattazione il processo penale a carico di Nicholas Sia. Nel caso Delfino, Pittelli non mi quantificò la somma di denaro che mi aveva promesso in cambio di una revoca della confisca del suo assistito”.
Dopo aver tirato dentro ai suoi verbali avvocati, colleghi giudici, imprenditori e uomini politici, però, nelle settimane successive a quegli interrogatori il magistrato Petrini ha ritrattato buona parte delle sue dichiarazioni che sono comunque confluite nel processo “Rinascita-Scott”, dove la Dda di Catanzaro ha depositato i verbali pieni di omissis.
Restano, infatti, le accuse pesantissime sulle quali, adesso, sta indagando la Procura di Salerno che non crede alla seconda versione di Petrini. Il 12 giugno i pm campani hanno interrogato pure Cosimo Virgiglio che oggi è un pentito ma fino a 10 anni fa era un imprenditore massone al servizio della cosca Molé di Gioia Tauro. Anche il collaboratore di giustizia parla di Giancarlo Pittelli, definito dalla Dda di Catanzaro “la cerniera tra i due mondi”.
“L’avvocato Pittelli, intendo il noto politico, – afferma Virgiglio – nasce in ambito massonico nelle logge regolari della zona jonica. Poi entra nel sistema ‘parallelo’”.
Il pentito non ha dubbi quando, ai pm di Salerno, ribadisce che “la carriera politica dell’avvocato Pittelli fu decisa nell’ambito massonico comprensivo del sistema parallelo, perché lo stesso era particolarmente abile nelle relazioni personali”.
“Pittelli nasce come persona onesta – aggiunge il collaboratore – Tuttavia aveva anche il compito di intrattenere rapporti con i magistrati in maniera occulta”.
L’ambiente era quello del Grande Oriente d’Italia e, in particolare, della loggia Pitagora di cui Virgilio era maestro venerabile e di cui “faceva parte anche l’avvocato Pittelli”.
“Questi – sono sempre le parole del pentito – era presente durante un incontro a cui prese parte il Goi. Era il mese di agosto nel 2004 e l’avvocato Pittelli aspirava ad essere eletto senatore. Pittelli faceva parte di una loggia regolare, successivamente egli entrò a far parte anche di logge coperte, in modo da potere, da un lato, rimanere ‘pulito’ come esponente di logge legali, dall’altro, attraverso i legami con la massoneria occulta, avere rapporti anche con i canali criminali”.
La figura che ne esce fuori è di un Pittelli che ha fatto cose decise non solo da lui ma anche da un mondo poco chiaro. Da qui l’immagine di “cerniera” che il procuratore Nicola Gratteri e i suoi pm gli hanno affibbiato dal giorno del suo arresto: “Pittelli – conclude il pentito – aveva il ruolo di avvicinare i magistrati per corromperli. Prendeva ordini dalla loggia coperta, la stessa di cui faceva parte omisiss”. Virgiglio fa il nome di un secondo massone. I pm di Salerno, però, stanno ancora indagando e impongono il segreto istruttorio. Per il momento.