Il commercialista, finito agli arresti domiciliari giovedì con i colleghi Alberto Di Rubba e Andrea Mazoni, e il cognato Fabio Barbarossa, per l'affare del capannone di Cormano, è stato sentito dai pm Stefano Civardi e dall'aggiuto Eugenio Fusco. L'intercettazione: "Perché io non so dove sono finiti i 49 milioni ma molte cose le so"
L’unica cosa certa è che l’interrogatorio c’è stato e il verbale non è stato secretato. Davanti ai pm Michele Scillieri, il commercialista finito agli arresti domiciliari giovedì con i colleghi Alberto Di Rubba e Andrea Mazoni, e il cognato Fabio Barbarossa, per l’affare del capannone di Cormano rifilato, secondo la procura di Milano, al doppio del prezzo alla Lombardia Film Commission. Ma l’indagine sui revisori legali del gruppo della Lega al Senato e alla Camera, capaci di movimentare conti finiti nel mirino dell’Antiriciclaggio, cresce giorno dopo giorno. Cosa abbia detto il contabile agli inquirenti per ora è un mistero. Quello che sappiano è che Scillieri considerava la vendita del capannone di Cormano, da ristrutturare e con il tetto in amianto, “una porcheria”. “Hanno inventato che costava il doppio“ diceva il titolare dello studio in via Privata delle Stelline 1, a Milano, dove ilfattoquotidiano.it ha scoperto che era stata domiciliata la sede fantasma della Lega per Salvini premier, il nuovo partito nazionale creato dall’ex ministro dell’Interno.
Il ruolo di Scillieri è stato descritto da Luca Sostegni, il presunto prestanome fermato il 15 luglio scorso, che ha cominciato a parlare con gli inquirenti. “Scillieri si vantava delle amicizie che aveva con Di Rubba e altri esponenti locali della Lega, tanto da aver ricevuto un incarico per cercare di vendere la sede della Lega di via Bellerio. Ricordo che c’era fretta di concludere l’operazione perché, trattandosi di un immobile di proprietà della Lega Nord, si correva il rischio del sequestro dalla Procura di Genova, in relazione alle indagini per la truffa sui rimborsi elettorali”, ha spiegato Sostegni ai pm in un interrogatorio del 29 luglio. Sostegni ha raccontato che una mattina lui e Scillieri sono “andati a fare un sopralluogo presso la sede di via Bellerio”. Di Rubba “è venuto a prenderci e ci ha portato dentro, si è parlato della volumetria e della somma che si sperava di realizzare“. L’intenzione, ha aggiunto, “era di vendere ad un ipermercato” e una parte “poteva ospitare degli appartamenti”. Poi, “quando la Procura di Genova ha disposto il sequestro non se n’è fatto più nulla”. Sostegni ha descritto anche come è andato l’affare, ormai sul punto i pm hanno già ricostruito tutto compresa la “furbata dei lavori” alla ditta di Francesco Barachetti, indagato per concorso in peculato. Il nome di Barachetti era già emerso in un report dell’Unità d’informazione finanziaria di Bankitalia per movimenti di denaro anche verso la Russia, anche se allo stato non esistono collegamenti con il caso Savoini. La Barachetti, si leggeva nella relazione , “risulta essere controparte di numerose transazioni finanziarie con il partito della Lega Nord”.
“Perché io non so dove sono finiti i 49 milioni ma molte cose le so” – Il commercialista era insofferente e arrabbiato con Di Rubba e Manzoni, “Questi non mi devono scassare le balle, perché io di cose ne so, e vorrei tenermele per me e portarmele nella tomba, però se apro quel cassetto” diceva intercettato al suo interlocutore. In più passaggi farà capire di poter aprire il “cassetto della memoria” che creerebbe danni enormi ai commercialisti della Lega e al partito. “È una cosa diversa – dice Scillieri – che non ho mai detto”. Ed elenca come l’idraulico Baracchetti è diventato un imprenditore”. Poi sul Di Rubba-Manzoni aggiunge: “Loro su quella società hanno fatto 160mila euro di fatture fasulle. Questi sono dei mascalzoni che ti rubano la marmellata appena la tiri fuori. Perché io non so dove sono finiti i 49 milioni, ma molte cose le so”. Ma anche: “Ho imparato che gente sono, se non stai attento ti rubano il pezzo di carta. Hanno ciucciato una montagna di soldi alla Lega. Ma una montagna! Non ti dico i 49 milioni ma non siamo lontani sai? Te lo dico io, perché una parte li hanno mandati (…). Casualmente hanno costituito le leghe regionali e lì hanno dato dei soldi. Dieci milioni. Una parte li hanno mandati su e sono tornati indietro, li hanno cuccati”. Il riferimento alle leghe regionali da usare come possibili casse esterne al partito per evitare sequestri sarà confermato dall’ex direttore della filiale Ubi di Seriate Marco Ghilardi. Dopodiché Scillieri aggiunge: “Qui non parliamo di 30 mila euro, di 300 mila euro, non parliamo di cazzate, parliamo di unab. Ecco non fatemelo dire! Perché a me non si apre quel cassettino nella testa, non si è mai aperto, ecco non fatemelo aprire. Sono dei criminali, dei banditi, perché se non la finiamo il cassetto lo apro”. Che cosa contenga il cassetto delle memorie di Scillieri per ora è un mistero.