Qualche giorno fa, mio figlio di 7 anni è tornato a casa con tre mascherine usa e getta (non imballate, quindi non restituibili) dategli dalla scuola. Marchio FCA. La scuola ci ha informato che iniziava la distribuzione, ogni tre giorni, ne distribuivano sei.
Avendo tre figli in età scolare, ho fatto due conti e ho capito che la marea stava arrivando.
Tobia, non abituato al concetto dell’usa e getta (in casa nostra non si butta via niente) ha detto: “Mamma, due mascherine ogni giorno, per tutti i fratelli, per tutti i giorni di scuola, che ce ne facciamo?”. E ha disegnato una montagna di mascherine sopra le quali lui camminava.
L’ho rassicurato.
Ho preso il quadernino degli avvisi, e ho scritto: “Chiedo alla scuola di non dare più mascherine chirurgiche usa e getta al nostro bambino. Abbiamo già le lavabili e non vogliamo creare rifiuti inutili”. Per sicurezza ho scritto anche una mail alla dirigente scolastica, e ho fatto la stessa richiesta per gli altri figli. Il giorno dopo aveva già accettato.
Molti altri genitori della scuola hanno fatto come me. Su Fb il mio appello ha fatto il giro d’Italia, condiviso (ad oggi) da di 1330 persone e gruppi.
Se i genitori non prenderanno le mascherine, le scuole potranno donare quelle in avanzo alle ASL, alle RSA, ai centri di accoglienza, e automaticamente rallenterà la produzione (e i rifiuti connessi).
Il Wwf ha calcolato che se solo un ragazzo per classe (5% della popolazione scolastica) disperdesse per strada, volontariamente o meno, la propria mascherina, ogni giorno verrebbero rilasciate in natura 1,4 tonnellate di plastica. A fine anno scolastico sarebbero 68 milioni di mascherine per un totale di 270 tonnellate di rifiuti plastici non biodegradabili. Se buttate correttamente nell’indifferenziata, andrebbero incenerite, con conseguente dispersione nell’atmosfera di CO2, polveri sottili e diossina, e le ceneri tossiche sarebbero destinate a discariche speciali.
Purtroppo dal nefasto giorno in cui il commissario Arcuri ha promesso 11 milioni di mascherine chirurgiche al giorno da distribuire alle scuole, facendo accordi con FCA e Luxottica, il concetto del lavabile e del riuso è stato messo sotto accusa.
Molti presidi hanno pensato che le mascherine usa e getta fossero le uniche ammesse, e molti studenti, al suono della campanella, si sono trovati con le spalle al muro. Metti la chirurgica, o torni a casa.
Eppure ci si potrebbe opporre, con saggezza, documenti alla mano. Come ha fatto Carlo Cuppini insieme ad altri genitori di una scuola di Firenze che con una argomentata lettera alla preside, ha ottenuto il permesso di far usare ai bambini mascherine lavabili a scuola. La lettera modello è visionabile qui.
Cosa dice il Comitato Tecnico Scientifico? Consiglia l’usa e getta ma non obbliga nessuno. Nel documento del 28 maggio ha previsto che “gli alunni dovranno indossare… nei locali scolastici una mascherina chirurgica o di comunità di propria dotazione, fatte salve le dovute eccezioni…” (pag. 18-19) concetto ribadito nel successivo verbale del 31 agosto 2020 n.104 (pag. 4). La stessa Oms sostiene (linee guida aggiornate al 21 agosto): “I bambini che sono in buona salute possono indossare una mascherina di tessuto (non medical or fabric mask)“.
Se non sono obbligatorie le usa e getta, quindi, perché regalarle a pioggia, giorno dopo giorno, col rischio che se ne faccia un pessimo uso e che diventi un immane spreco? Senza parlare dello sperpero dei soldi pubblici…
Basterebbe lasciarne una scorta per chi non le ha, per chi le perde o le rompe. Oppure ancora meglio, dotare di una o due mascherine lavabili gratuite tutti i bambini..
Gli esempi virtuosi iniziano a fioccare: a Filottrano la scuola ha ricevuto una mascherina a bambino, da parte di una generosa azienda di sartoria locale.
A Tollo (Chieti) il Comune ha acquistato e regalato 300 mascherine lavabili ai propri studenti esortando a non utilizzare quelle inviate dal ministero. A Nereto (Teramo) la dirigente scolastica ha distribuito agli alunni della scuola Primaria e Secondaria di I grado mascherine riutilizzabili. La Regione Abruzzo ha distribuito 93.000 mascherine agli studenti di I grado, certificate e riutilizzabili almeno 20 volte. Le certificazioni per le mascherine istituzionali sono CE/ISS Inail; mentre per quelle autoprodotte, l’ISS fornisce delle indicazioni, “devono essere multistrato, che garantiscano confort e respirabilità“.
Un altro esempio virtuoso, è l’azienda Eta Beta di Bologna (nata anni fa per il lavaggio di pannolini lavabili) che ora fa anche lavaggio di DPI (mascherine chirurgiche e FFP2/3).
Insomma, l’alternativa all’usa e getta esiste e va incentivata. In fondo non chiediamo nulla di strano. Dovrebbe essere la scuola ad insegnarlo e lo Stato a ringraziarci: in un pianeta inquinato, non c’è salute per nessuno.
Ultima ora: anche Zero Waste Italy si oppone a questa scellerata pioggia di mascherine usa e getta, invitando il governo ad un ravvedimento e spronando i genitori a rifiutare l’usa e getta”