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Api sempre più a rischio: a minacciarle un mix devastante di fattori, lo stesso che ha causato l’epidemia di Covid

Il mondo dell’alveare è una spia dei problemi ambientali. La maggioranza degli alimenti che consumiamo deriva infatti dall’opera di impollinazione di vari insetti. Ma l’inquinamento sta mettendo tutto questo in grave rischio. Ecco cosa (dovremmo) fare

di Vita&Salute per il Fatto

Ma che futuro vedono le api per l’alveare che abitano e per l’ambiente che ogni giorno esplorano alla ricerca dei fiori su cui tuffarsi per suggerne il nettare? “Tanto per cominciare non si avvalgono solo degli occhi”, osserva Luca Tufano, tecnico apistico e divulgatore scientifico del mondo delle api. “Le api esploratrici escono in volo dall’alveare, controllano il territorio e raccolgono dei campioni di polline. Finita la raccolta tornano all’alveare e passano i campioni alle api bottinatrici (raccoglitrici), che finita l’analisi dei pollini andranno a ricercarli. Dove? Esattamente nell’area verso la quale, con una danza di orientamento, le esploratrici le indirizzano, delineando la rotta. Così, le api raccoglitrici hanno a disposizione una mappa, sensitiva (polline) e visiva, del tesoro. E non falliscono l’appuntamento, come hanno dimostrato diversi modelli matematici”. Le api, quindi, sentono il territorio, lo annusano. E sanno che i loro habitat stanno conoscendo purtroppo un periodo di costante avvelenamento.

Pesticidi killer – Sotto accusa, in primis, l’impiego indiscriminato dei pesticidi, nemici giurati degli insetti impollinatori. Negli ultimi anni l’ha scoperto anche l’Europa che parla ormai di scelte irrinunciabili per ridurre l’uso di pesticidi. “Per favorire l’aumento della qualità degli habitat degli impollinatori sui terreni agricoli, la riduzione dell’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti minerali dovrebbe diventare un obiettivo chiave della futura Politica agricola comune (Pac)”, sostengono non poche risoluzioni approvate dal Parlamento europeo. E non basta. Il Parlamento chiede anche maggiori fondi per sostenere la ricerca sulle cause della diminuzione degli impollinatori, per proteggere la diversità delle specie.

Secondo uno studio condotto dalla Virginia University, le sostanze chimiche impiegate in agricoltura si depositano sui fiori e disorientano irreparabilmente gli insetti impollinatori, con la conseguenza di non essere più in grado di sentire adeguatamente i profumi. Per il Wwf nel “Mondo che Verrà”, ossia nel mondo che tutti insieme siamo chiamati a costruire dopo lo shock provocato dal Covid-19, devono esserci le api e tutti gli altri impollinatori che, come abbiamo visto, rappresentano un elemento fondamentale della nostra sicurezza. Per far sentire la propria voce, salvare le api, per sostenere l’agricoltura biologica e indicare la propria proposta per costruire insieme un futuro sostenibile è imperativo partecipare alla consultazione attiva sul sito wwf.it e firmare la Campagna “Stop ai Pesticidi. Salviamo Api e Agricoltori”. La raccolta firme sarà attiva fino al 30 settembre 2020.

Il suolo si consuma – Ma sotto accusa non ci sono solo i pesticidi. C’è un pesante avvelenamento dovuto alle attività umane che modificano l’habitat di api, impollinatori e genere umano. In particolare il consumo di suolo, la modificazione di indirizzi colturali, l’urbanizzazione, l’inquinamento dovuto al traffico, alle produzioni industriali, ai riscaldamenti, l’eccessivo sfruttamento dei pascoli, l’abbandono delle aree rurali con la conseguente riforestazione naturale, i cambiamenti climatici e la diffusione di parassiti e malattie veicolate dall’introduzione di nuove specie aliene invasive. Tutto ciò ha costituito un mix veramente devastante per l’ambiente e che molto probabilmente è tra le ragioni del Covid-19. “È difficile indicare i momenti in cui si sono verificati i singoli spillover (il passaggio del Coronavirus dall’animale all’uomo), ma una cosa è certa: la presenza così pervasiva dello stesso tipo di virus attraverso una vasta diversità di specie è dovuta a un pianeta sempre più interconnesso e popolato, sul quale è ogni giorno più difficile tracciare i confini tra ecosistemi urbani e aree non urbane. È normale che i virus passino da una specie all’altra. E che passino a noi: anche l’uomo è una specie, una come le altre. Ciò che non è ‘normale’, o meglio sostenibile, è l’invasione sistematica e velocissima di habitat che dovremmo proteggere, l’inquinamento, il riscaldamento globale, il depauperamento delle foreste e, in buona sostanza, l’alterazione di quegli equilibri ambientali che consideriamo inalterabili ma che sono, invece, delicati e fragili”, denuncia con forza Ilaria Capua, che dirige l’One Health Center of Excellence in Florida ed è autrice del libro “Il Dopo. Il virus ci ha costretto a cambiare mappa mentale” (Mondadori, pp. Xx, € 17,00). Capua, infatti, considera lo spillover all’origine del Sars-CoV-2 come attraversamento di galassie: “I pipistrelli sono contenitori neutrali di agenti patogeni”, il buco nero tra regni si è originato quando un animale intermedio ha passato il virus all’uomo, ma “gli scienziati parlavano di rischio pandemico da anni”, siamo noi che non li abbiamo ascoltati: “L’uomo nel suo delirio antropocentrico non ha capito che il virus lo tratta alla stregua di un qualsiasi animale”. È ora di cambiare rotta.

Un tassello fondamentale della natura – Dunque è normale che le api in un ambiente siffatto siano a pericolo estinzione. “Noi alle api vogliamo bene non solo perché producono il miele e attuano l’impollinazione, ma soprattutto perché sono un tassello della natura, perché è meraviglioso vederle volare di fiore in fiore, perché hanno una società da cui abbiamo tanto da imparare”, ricorda Sergio D’Agostino, apicoltore, tecnico apistico e Presidente di Anai. (Associazione nazionale apicoltori italiani). E aggiunge. “Noi ci sentiamo, prendendo a prestito una metafora, come l’entomologo ottocentesco: si aggirava per prati e boschi con un retino, catturava l’insetto, lo osservava e poi lo liberava. Meglio che essere il bimbo discolo che cattura le lucertole e poi l’impicca con un cappio ricavato da un filo d’erba. Se si amano veramente le api, occorre proteggerle veramente”.

Purtroppo sul mondo delle api spesso circolano informazioni farlocche. Un esempio? Molti lamentano la presenza massiccia di api nelle spiagge e nelle città, e hanno chiamato in causa la loro fuga dalle campagne. Secondo alcuni buontemponi, le api scapperebbero per sottrarsi alla chimica agricola. E allora tutte in città, che si sa è un ambiente tradizionalmente pulito e privo di smog: stare a Milano o Roma è meglio che sullo Stelvio…

Che cosa ha determinato, in realtà, questo fenomeno? Gli apicoltori non hanno dubbi: “Di certo, il fatto che le città sono sempre più vicine, rubando e cementificando territorio, alle campagne e così quando le api sciamano e si dividono per creare nuove famiglie incontrano più facilmente i centri urbani. I nuclei abitativi e le strade stanno sempre più cacciando il floreale insetto dal suo habitat. Basta con il folclore, la cosa è seria e le cifre parlano chiaro”? Insomma, è improrogabile la difesa degli impollinatori.

La nuova strategia europea – “L’impollinazione è uno dei servizi ecosistemici più importanti forniti dalla natura per il benessere umano e per la nostra economia. Quasi il 90% di tutte le piante selvatiche con fiore (le angiosperme) dipendono dall’impollinazione animale, mentre delle circa 1.400 piante che nel mondo producono cibo e prodotti dell’industria quasi l’80% richiede l’impollinazione da parte di animali, non solo api domestiche e selvatiche, ma anche vespe, farfalle, falene, coleotteri, uccelli, pipistrelli e altri vertebrati”, precisa Franco Ferroni, responsabile agricoltura & biodiversità del Wwf. Si tratta di un vero e proprio esercito di oltre 20mila specie di animali che insieme garantiscono l’impollinazione dei fiori da cui dipende il 35% della produzione agricola mondiale, con un valore economico stimato ogni anno di oltre 153 miliardi di euro a livello globale e 22 miliardi di euro in Europa. Le principali colture coltivate per il consumo umano in Europa, l’84%, richiedono l’impollinazione degli insetti per migliorare la qualità e i rendimenti dei prodotti, come molti tipi di frutta, verdura e frutta secca. Uno studio condotto in Svizzera nel 2005 ha evidenziato come il valore economico dell’impollinazione da parte delle colonie di api domestiche sia molto più elevato di quello derivante dai prodotti diretti dell’apicoltura (miele, polline, propoli, pappa reale, cera d’api, ecc.). Valutando una sola colonia di api, si stima una produzione di 1.171 euro in frutti e bacche impollinate, e solo 240 euro per i prodotti diretti dell’apicoltura.

Infine, è chiaro che “Il matrimonio fra apicoltura e agricoltura s’ha da fare” ed è una base da cui partire. La Commissione Ue, lo scorso 20 maggio, ha presentato la nuova strategia Ue per la biodiversità e la strategia “Farm to Fork”, indicando alcuni obiettivi per il 2030 fondamentali per la tutela degli impollinatori, come la riduzione del 50% dei pesticidi, il 25% della superficie agricola europea coltivata in agricoltura biologica e il 10% della superficie delle aziende agricole destinata alla natura. Noi aggiungiamo la riduzione dell’inquinamento ambientale.

Il 70% dell’agricoltura dipende da loro – Le api sono indicatori ambientabili formidabili e ogni giorno ci dicono che abbiamo imboccato una strada che potrebbe essere senza ritorno. Eccesso di pesticidi tossici, agricoltura prevalentemente chimica, attività antropocentriche che erodono il suolo, inquinamento e tanto altro sono non solo all’origine della loro possibile estinzione ma di danni irreversibili anche per il genere umano. Le api e gli altri insetti impollinatori stanno morendo: ecco perché il Wwf chiede ai cittadini di agire direttamente per chiedere all’Unione europea il divieto dei pesticidi più pericolosi e maggiore sostegno all’agricoltura biologica. Il “Mondo che Verrà” non può fare a meno delle api e degli altri insetti impollinatori. Negli ultimi cinque anni sono scomparsi 10 milioni di alveari nel mondo, quasi 2 milioni l’anno, oltre 200mila solo in Italia. I cambiamenti climatici, con l’aumento delle temperature e la diffusione di nuovi parassiti, stanno mettendo a rischio salute e sopravvivenza delle api, con effetti drammatici sulla sicurezza alimentare globale. Perché dal loro ruolo essenziale di impollinatori dipende il 70% della produzione agricola mondiale, quindi del cibo che portiamo a tavola. Tutti questi fattori, secondo molti scienziati, sono fra le cause che hanno scatenato Covid-19.

Che cosa ci offrono le api? Nutrimento delle nostre difese

Miele
È un prodotto straordinario, buono per tutte le stagioni. Contiene un gruppo di sostanze ricche di aminoacidi, vitamine (B, C, K, acido folico e pantotenico), sali minerali (calcio, fosforo, ferro, zolfo, potassio, manganese e altri in quantità oligodinamiche), zuccheri, enzimi, sostanze ad azione antibiotica e ancora biostimoline, acetilcolina, pigmenti che ne fanno alimento-rimedio doc, alleato della buona salute. La parola d’ordine, dunque, è di inserire stabilmente a tavola il miele o meglio i diversi tipi di miele (in ogni dispensa ce ne dovrebbero essere almeno 5 varietà: acacia, castagno, millefiori, eucalipto, arancio, ecc.) come ingrediente per yogurt, tisane, bevande e dolci o spalmandolo su fette biscottate e tartine. È indicato in tutte le età della vita, non fa ingrassare e non presenta controindicazioni, se non in persone predisposte: bambini, adulti, anziani ne traggono un indubbio vantaggio.

Polline
Una vera fonte di sali minerali, oligoelementi e vitamine e poi ancora enzimi e aminoacidi essenziali. Di grande interesse la presenza del superossido dismutasi (Sod), un enzima in grado di contrastare i radicali liberi, combattendo l’invecchiamento cellulare. Si tratta di un riequilibratore organico, fattore di longevità, disintossicante e tonificante. Come sceglierlo? Meglio italiano e consumato entro l’anno dalla raccolta. I granuli devono presentarsi duri e secchi al tatto; e se formano grumi, una volta compressi nel palmo della mano, ciò sta a indicare una cattiva essiccazione. La dose è di un cucchiaio al giorno per almeno 2 mesi (da sciogliere in acqua, nello yogurt, in tisane non calde o direttamente nella bocca). Per il polline vale quanto detto per il miele. Così controllare attentamente l’etichetta e, se possibile, preferire quello italiano e biologico.

Pappa reale
Super alimento da impiegare per due cicli di cura l’anno, di almeno tre settimane l’uno – può aiutare ad affrontare meglio i cambi di stagione perché, tra le tante proprietà, ha quella antinfluenzale e una cura fatta durante i mesi freddi permette di passare indenni sotto le forche caudine di bronchiti e raffreddori o, nel peggiore dei casi, di superare la malattia in tempo record. Come regola va presa la mattina a digiuno, con l’apposito dosatore, lasciandola sciogliere sotto la lingua. I principi attivi possono così essere assorbiti in modo ottimale, senza l’intervento dei succhi gastrici. Da scegliere la pappa reale fresca e italiana. Occhio quindi all’etichetta e scegliere quella che riporta “Origine Italia”.

Propoli
Contro i mali di stagione è un’arma in più: funziona da vero e proprio antiossidante e antibiotico naturale. E non basta. L’elevata presenza di bioflavonoidi lo consiglia per fortificare ed elasticizzare la pelle, preparandola meglio anche all’appuntamento con il sole. La sua azione? Combatte i radicali liberi, molecole molto instabili che si formano normalmente nelle cellule. Ma come impiegarlo? C’è solo l’imbarazzo della scelta visto che è possibile trovarlo in granuli, tintura, compresse, unguento e persino in caramelle. Vale quanto già detto per gli altri prodotti dell’alveare: controllare l’origine Italia e la provenienza bio in etichetta.

Articolo di Massimo Ilari

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