Dino Zoff si appresta a vivere una domenica fitta di impegni davanti alla televisione della sua casa romana. Innamorato (e assolutamente ricambiato) di tutto lo sport, seguirà con attenzione il Tour de France, un po’ di tennis e la Motogp. Non c’è il Gran Premio di Formula 1 sennò cercherebbe di guardare anche quello. Il primo amore però è il pallone, dal 1961 al 2005 quarantaquattro anni di carriera da professionista tra calciatore, allenatore e dirigente. Ovvio che sia curioso soprattutto per l’inizio del campionato di Serie A.
Al telefono Zoff risponde a tutti e con una gentilezza d’altri tempi. Ma magari questo fine settimana meglio non disturbarlo. Anche al circolo Aniene di Roma, di cui è uno dei soci, andrà tra qualche giorno. “Tanto ormai è come fossi sempre in vacanza”, sorride. Ha 78 anni, nel 2015 ha avuto qualche problema di salute, ma si è ripreso ed è di nuovo in forma. Ha la stessa voce di sempre, di quando giocava e gli dicevano vecchio già tempo prima che riuscisse a vincere il Mondiale.
Dopo aver smesso nel 1983, ha intrapreso la carriera da allenatore. Prima nello staff della Juve come preparatore dei portieri Tacconi e Bodini, poi ct della Nazionale olimpica, ma proprio al momento di andare a Seul è arrivata la chiamata da Boniperti. Gli danno la Juve, in panchina accanto a lui l’amico di sempre Gaetano Scirea, una specie di fratello minore. Gaetano morirà tragicamente proprio durante l’avventura bianconera nel 1989. Zoff viene mandato via nel 1990: lascia, vincendo la Coppa Italia e la Coppa Uefa. Nell’anno del Mondiale in Italia, Montezemolo voleva ripartire dal calcio champagne di Gigi Maifredi.
Zoff, cosa si aspetta da questo campionato?
Prima di dare giudizi aspetterei qualche partita. Quello che verrà sarà un campionato anomalo, veniamo da uno altrettanto anomalo, addirittura spezzettato. Per aver indicazioni su cosa sarà, servirà più pazienza del solito.
Le sue favorite?
Le due dell’anno scorso. Juve e Inter, che si è rinforzata e sembra farà ancora acquisti. Poi vedo bene Lazio e Atalanta, forse il Napoli.
Il divario tra Juventus e Inter si è assottigliato?
Alla fine del campionato scorso c’era un punto di differenza, ma la Juve lo scudetto lo aveva vinto prima. Detto questo, credo che l’Inter di Conte si sia un po’ avvicinata alla vetta.
La scommessa bianconera nel dare la panchina ad un assoluto esordiente la trova sensata?
Pirlo è una persona a modo, penso possa fare bene. Sarà supportato dalla società, che lo farà lavorare nelle migliori condizioni. Certo un po’ di esperienza se la deve fare…
Quindi Conte deve approfittarne proprio nella fase iniziale?
Sì, ma le giuste misure i grandi club le trovano in fretta. Se la società ha fatto questa scelta, i tifosi bianconeri possono stare tranquilli. Una dirigenza forte ha sempre fatto la differenza nel calcio, ieri e oggi.
Di quali squadre non perderà nemmeno una gara davanti alla tv?
Atalanta e Lazio hanno fatto vedere grandi cose, che ora devono confermare.
Quest’anno sulle panchine di Serie A è sparita la scuola toscana. Non ci sono Sarri, Allegri, Spalletti e Mazzarri. Ci sono però tre campioni del mondo 2006, potevano essere quattro se Nesta fosse arrivato in A con il Frosinone.
Un giusto ricambio, gente che ci sa fare. Va bene così.
Mai così tanti eroi del 1982 in panchina in una stessa stagione.
A volte abbiamo fatto altre scelte, a volte è semplicemente il caso a decidere. Non sempre le cose vanno come è giusto che vadano.
Segue il calcio estero dal suo divano di casa?
Certo, soprattutto quello inglese. Hanno le stesse nostre regole, ma a volte sembra un calcio diverso. Là con il Var sono meno fiscali. Qui si danno troppi rigori. Per il fuorigioco e la palla dentro o fuori è uno strumento insostituibile, io non sono contro alla tecnologia. Però a volte va a cambiare la forza di questo sport, porta via qualcosa allo spirito del calcio.
Non trova che il calcio negli ultimi anni stia cambiando di continuo e più rapidamente che in passato?
Evoluzioni ce ne sono sempre state, ma occhio che a volte capita che si torni indietro. Guardiola del Manchester City è diverso da quello del Barcellona.
Le capita di annoiarsi davanti alla tv?
No, no. Solamente quando squadre che non hanno il livello tecnico per farlo, esasperano il possesso palla.
Lei è stato commissario tecnico di una bella Nazionale che è arrivata in finale di Europeo nel 2000.
Quella di Mancini è particolarmente attrezzata, vincere tante partite così non è semplice. Io la vedo tra le prime in Europa. Non so se abbia qualcosa della mia, altri tempi e altri giocatori. Questa però sta facendo veramente bene.
L’altro giorno è scomparso all’età di 92 anni, Fino Fini. Ideatore del Museo di Coverciano, era stato per vent’anni medico della Nazionale.
Come me e con me è campione due volte. All’Europeo ’68 e al Mondiale ’82. Con lui ci si divertiva sempre, un uomo simpatico che aiutava a fare gruppo.