Una lunga lettera inviata al Tempo che decide di pubblicarla con tanto di firma. Per dare voce alle ragioni del No al referendum costituzionale il quotidiano diretto da Franco Bechis ospita un intervento di Luigi Bisignani. Considerato uno degli uomini più potenti d’Italia durante i governi di Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, Bisignano è l’ennesimo pregiudicato che si schiera pubblicamente contro il taglio dei parlamentari.
“Caro direttore – scrive Bisignani – votare oggi No al referendum per il taglio dei parlamentari è una scelta coerente con la nostra Costituzione per scampare dallo strapotere di sedicenti leader improvvisati e per mandare a casa questo governo di azzeccagarbugli e dilettanti allo sbaraglio”. Dunque le obiezioni dell’ex giornalista non sono di natura costituzionale ma dettate soprattutto dalla sua evidente antipatia per l’attuale esecutivo.
Bisignani se la prende soprattutto col Pd e con quelli che chiama “neocomunisti 2020, fragili e fluttuanti alla Andrea Orlando, che, per conservare il loro improvvido potere si battono per il Si”. A sentire Bisignani “oggi i padri nobili del comunismo si staranno rivoltando nella tomba nell’assistere alla mancanza di visione e inconsistenza del Pd”. Il giornalista ne ha anche per il centrodestra, colpevole di non aver combattuto in modo compatto per il No al taglio. “Con un bel No vanno tutti a casa, se non fosse per ilmasochistico atteggiamento di una destra miope, litigiosa e inconcludente”. Alla fine ecco anche un prezioso consiglio – uno dei suoi – per i leader d Lega, Fdi e Forza Italia: “Salvini, Meloni e Berlusconi preferiscono abbaiare da soli alla luna anziché combattere uniti. La sola speranza è che si ricordino al più presto la lezione di Hobbes: homo homini lupus“.
Giornalista dell’Ansa, il suo nome venne trovato negli elenchi degli iscritti alla P2 (ma lui ha sempre smentito l’appartenza a qualsiasi loggia massonica), nel 1992 Bisignani diventa il responsabile comunicazioni della Montedison di Raul Gardini. In quel periodo, per sua stessa ammissione, fa il “postino“: porta miliardi di lire in titoli di Stato al Torrione di Niccolò V, sede dell’Istituto Opere Religiose, cioè lo Ior. Sono i soldi della maxi tangente Enimont: per quei fatti Bisignani sarà condannato a due anni e sei mesi per violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti: la condanna diventerà definitiva nel 1998. Dodici anni dopo quel precedente non gli permette di chiedere la sospensione della pena quando verrà condannato di nuovo: prende un anno e sei mesi per nell’ambito del processo sulla cosiddetta P4. Giudicato colpevole per dieci capi di imputazione, tra cui associazione per delinquere, favoreggiamento, rivelazione di segreto e corruzione, Bisignani era l’uomo al centro del caso che coinvolse anche l’ex parlamentare del Pdl, Alfonso Papa. Al centro del processo lo scambio di informazioni riservate tra i corridoi della politica e una serie di imprenditori. “Quello è più potente di me“, sono le parole accreditate a Berlusconi. E in quel periodo il leader di Forza Italia sedeva a Palazzo Chigi.