"San Marino non metta a repentaglio l'indipendenza dei magistrati". L'8 settembre il Consiglio d'Europa scrive alle autorità del Titano chiedendo di porre fine alla guerra che la politica ha scatenato contro i suoi stessi giudici. Il Segretario di Stato risponde ammettendo: "Conflitti interni hanno coinvolto la politica". La missiva da Strasburgo taciuta per giorni, mentre l'offensiva continuava puntando ai magistrati d'appello
L’Europa avverte San Marino: “Basta colpi di mano sulla giustizia”. Dopo le epurazioni di questa estate, da Strasburgo è arriva una diffida al governo del Titano dove i giudici denunciano una sistematica aggressione della politica alla loro autonomia, con tanto di epurazioni mirate. È una lettera del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa che esprime “preoccupazione” e chiede alle autorità sammarinesi di “astenersi ad azioni che possano interferire con iniziative della magistratura”. L’esecutivo però l’ha ignorata e tenuta nascosta per giorni, con l’intenzione di completare il “repulisti” cacciando anche i giudici d’appello che la maggioranza non ritiene allineati alla propria linea. E siccome a San Marino un terzo grado non c’è, eventuali assoluzioni passerebbero in giudicato. Una forma surrettizia d’indulto, un corridoio perfetto per l’impunità.
Da mesi i magistrati della piccola Repubblica ai piedi del monte Titano denunciano gli effetti nefasti di un “golpe” travestito da riforma del sistema giudiziario (qui l’antefatto della vicenda) che ha innescato una furibonda girandola d’incarichi e fascicoli all’interno dell’unico Tribunale della Città-Stato, a scapito dei magistrati in prima linea in inchieste e nei processi che vedono imputati e indagati per corruzione e riciclaggio ex ministri e capi di Stato. Ci sono poi indagini e processi aperti a carico di politici tutt’ora seduti nei banchi della maggioranza del Consiglio Grande e Generale, il Parlamento di San Marino.
Nove dei quindici giudici del Tribunale si sono messi di traverso. Ignorati su suolo sammarinese, hanno scritto tre lettere al Consiglio d’Europa e il 19 agosto anche al Commissario europeo per i diritti umani. Un primo, blando, warning era arrivato dal Segretario generale, ma la successiva risposta del Commissario è un chiaro “altolà”. Dunja Mijatović non scrive ai giudici ma direttamente al segretario di Stato. I toni della lettera sono durissimi, l’oggetto un chiaro monito: “Richiamo alle autorità sammarinesi ad astenersi ad azioni che possano interferire con iniziative della magistratura”.
Nella lettera esprime “preoccupazione” e trancia una dietro l’altra le travi cui la politica sammarinese appende i suoi giudici: leggi retroattive, composizione e votazione dell’organo di autogoverno della magistratura con maggioranza politica, interferenza del potere esecutivo e legislativo su procedimenti penali in corso, incarichi e fascicoli sottratti ai giudici senza validi motivi. In un passaggio, Mijatović cita il Gruppo di Stati contro la corruzione (Greco) e ricorda che gli ispettori dovrebbero chiudere a breve (il 21 settembre, ndr) il nuovo rapporto di valutazione su San Marino. E’ proprio qui che arriva il monito ad astenersi, “in attesa dell’adozione e della pubblicazione di tale rapporto e prima che eventuali raccomandazioni in esso contenute siano adeguatamente attuate”.
Coi giudici sotto schiaffo della politica, la valutazione positiva del Greco non è scontata. La posta in gioco è alta. Dal Consiglio Europeo dipendono poi altre autorità di controllo internazionale come il comitato di esperti antiriciclaggio Moneyval, lo stesso che in anni non lontani aveva messo San Marino sotto procedura rafforzata, provocando il crollo dei rapporti e degli accordi economici con gli altri stati. Nubi sulla Repubblica del Titano che vuole entrare nell’Unione Europea, che cerca di collocare il proprio debito sul mercato internazionale delle banche, che chiede prestiti (anche all’Italia) per rimpinguare le casse. Difficile accreditarsi come Paese “pienamente recuperato alla legalità”, se mette il bavaglio ai giudici e smonta il tribunale, minando così ogni garanzia circa lo stato di diritto.
Ma ci sono gli altri interessi in gioco, quelli della politica. Il governo non rende nota la lettera da Strasburgo dell’8 settembre. L’opinione pubblica ne scopre l’esistenza solo il 14, quando viene pubblicata sul sito della Commissione Europea. Perché? Perché l’indomani e per due giorni, il 9 e il 10 settembre, è stato convocato nuovamente il Consiglio giudiziario plenario, il Csm sammarinese composto da politici e giudici dove doveva compiersi la “vendetta” finale dei primi sui secondi.
L’obiettivo– racconta un giudice sotto tiro – era “finire il repulisti”. “I politici vogliono far saltare non solo le indagini ma anche i due processi più clamorosi nella storia di San Marino”. Il processo Mazzini che è la “Tangentopoli sammarinese” e vede già condannati in primo grado ex esponenti dei partiti dell’attuale maggioranza e della vecchia classe dirigente di cui resta espressione. “Vogliono semplicemente che salti o vada in prescrizione”. L’altro riguarda la finanza, il giro losco delle banche sorte come funghi quando San Marino riciclava denaro, liquidate negli anni dagli azionisti e dai cda che oggi sono sotto processo. “Se cambia il giudice incaricato dell’appello con uno più “gradito”, il colpo di spugna è più facile”. E sarebbe anche definitivo, perché sotto il monte Titano non c’è Cassazione.
Fonti interne al Tribunale spiegano che l’epurazione n.2 non è andata in porto, almeno finora. Un esponente politico della maggioranza si è messo di traverso e la lettera d’avvertimento dall’Europa qualche effetto lo ha avuto. Lo rivelano i toni conciliatori che il Segretario di Stato Luca Beccari ha usato nella risposta al Consiglio d’Europa. “Non è intenzione del governo in questa fase promuovere ulteriori iniziative legislative individuali nel campo della giustizia (…)”. La lettera fa riferimento anche all’attività “intensa” della magistratura che per questo “ha portato alla luce alcune vulnerabilità e problematiche che interessano il sistema giudiziario, conducendo inevitabilmente a visioni differenti sulla corretta applicazione delle sue regole”. E per queste “visioni differenti”, sostiene, “sono sorte in seno al tribunale una serie di conflitti interni, che hanno inevitabilmente coinvolto anche la politica”. Se non è una mezza ammissione, poco ci manca.
Difende poi l’interpretazione retroattiva della norma che, ridefinendo i criteri di composizione del Csm sammarinese, ha provocato l’annullamento delle delibere assunte dal Consiglio giudiziario nella composizione precedente, con effetto-domino sull’assegnazione di fascicoli e incarichi. Menziona anche un parere pro-veritate vergato dal costituzionalista Antonio Baldassare, omettendo un passaggio importante nel quale esclude che le delibere possano essere annullate tutte “ex lege”, come si era tentato di fare segretamente e a dispetto dello stesso autorevole parere. Perché il Commissario ha chiesto il contrario: “criteri oggettivi nell’assegnazione delle cause ai singoli giudici” e che “nessun caso venga sottratto a un giudice senza validi motivi”. La resa dei conti è solo rinviata.