Torneranno presto a casa le due sorelle di Torino di 13 e 15 anni che a luglio avevano subito l’allontanamento coatto dalla madre e la collocazione in una Casa Famiglia per poi essere addirittura separate. Un provvedimento a cui si erano ribellate con tenacia e disperazione, nonostante la loro giovanissima età.
Il motivo dell’allontanamento coatto dalla madre? Il rifiuto del padre denunciato per violenza e maltrattamenti. La vicenda era stata seguita da Veronica Giannone che da tempo si occupa del problema degli allontanamenti coatti dei minori da madri che hanno denunciato violenze e maltrattamenti per essere collocati in Case Famiglia. Il nodo del problema è ancora una volta la Pas – sindrome di alienazione parentale o costrutti affini.
Le motivazioni con le quali i tribunali, sulla base di Ctu orientate da questo costrutto, allontanano i figli dalle madri per rinchiuderli in Case Famiglia hanno assunto forme differenti, ma tutte si fondano sullo stesso dogma: se un bambino ha paura di vedere il padre, si indagano i comportamenti materni e non quelli paterni, anche se le donne hanno svelato violenze, anche se ci sono processi in corso e persino in presenza di condanne passate in giudicato.
Il pregiudizio alla base di queste teorizzazioni è che i figli devono comunque provare un legame d’amore incondizionato verso i genitori a prescindere dai comportamenti di questi ultimi. Quando rifiutano il padre, anche se violento, la colpa è da ricercare sempre nella madre, responsabile di volersi vendicare dell’ex partner o persino colpevole di avere paura per le violenze subite e quindi di influenzare direttamente o “inconsciamente” i figli. Non viene fatta nessuna valutazione sulle capacità genitoriali di chi ha commesso violenze o sulle conseguenze dei maltrattamenti sui figli ai quali viene imposta la frequentazione con i padri rifiutati.
Eppure ricerche internazionali hanno rilevato che l’affidamento condiviso con uomini violenti espone le donne e i bambini a percosse e maltrattamenti che avvengono talvolta durante lo scambio dei bambini. D.i.Re ha realizzato la ricerca Io C’Entro in collaborazione con l’Università degli Studi di Trieste e il Laps – laboratorio di psicologia sociale e di comunità – indagando un piccolo campione di donne ed è risultato che solo nel 9,1% dei casi a violenza era completamente cessata.
La deputata Veronica Giannone, che ha già raccolto più di 200 segnalazioni per allontanamenti anomali, nei giorni scorsi ha fatto un’interrogazione parlamentare denunciando un giro ingente di denaro e di conflitti di interesse legato alle consulenze, e si è occupata anche del caso di Ginevra Amerighi che da 9 anni non vede la figlia: “La Ctu redatta dalla Togliatti – che lavorava in una struttura dove Ginevra avrebbe dovuto imparare a fare la madre (cosa di cui si è giustamente rifiutata) – l’ha infatti accusata di essere una madre malevola e alienante; la bambina è stata così affidata in via esclusiva al padre, senza aver mai più avuto nessun incontro con la madre; Ginevra non la vede da 9 anni; la decisione del tribunale dei minori non è mai stata messa in discussione neanche quando il padre della bambina, nel 2017, viene condannato in primo grado per lesioni. Il tribunale infatti inizialmente affida la bambina alla madre con il diritto di visita al padre, ma quando arriva la Ctu tutto cambia: ‘Tratti istrionici e prognosticati comportamenti imprevedibili nel futuro’, questa la diagnosi che invita la donna ‘a farsi curare’ presso il centro di salute mentale indicato dalla Ctu; i servizi sociali di Lipari, dopo un’accurata indagine socio-ambientale, hanno redatto un’ottima relazione sulla vita di Ginevra. E come loro molti altri. Anche il neuropsichiatra Volterra si è dichiarato sconcertato dopo aver visionato la perizia fatta a Ginevra, poiché afferma: ‘avrebbe tutte le carte in regola per vincere questa battaglia giudiziaria’.”
La bambina, che ora ha 11 anni, ha chiesto ai giudici di poter vedere o almeno sentire per telefono la madre. Una richiesta respinta dal Tribunale di Roma che prende ancora tempo. Come se 9 anni di distacco dalla madre non fossero stati un danno abbastanza grave per una bambina.
Vicende che inquietano e suscitano dubbi e per questo la Commissione di Inchiesta sul femminicidio, presieduta dalla senatrice Valeria Valente, ha raccolto 576 segnalazioni. Si tratta di fascicoli che saranno sottoposti a verifica per capire se chi ha vergato le perizie abbia commesso l’errore di confondere violenza e conflitto e ci sia stato un pregiudizio nei confronti delle madri.
L’inchiesta ha destato un certo nervosismo tra i consulenti tecnici d’ufficio e gli avvocati. Nei giorni scorsi, un centinaio di loro ha firmato un “Memorandum” redatto da Guglielmo Gulotta, sostenitore della Sindrome di alienazione parentale. Il documento spiccatamente autoreferenziale minimizza sulle conseguenze della violenza assistita, ironizza sui lavori della Commissione parlamentare, ammette con nonchalance che “errori grossolani” sono cose che capitano (caro professore, quando si decide della vita altrui, la grossolanità è segnale di una incompetenza ingiustificabile), persegue la strategia dello straw man argument, ovvero salta di palo in frasca, citando gli innocenti condannati a morte negli Stati Uniti, il poeta Khalin Gibran e tira in ballo pure le Brigate Rosse facendo intendere che criticare le perizie che affidano i figli a uomini violenti sia equiparabile ad un atto di terrorismo.
Al Memorandum, pubblicato anche su un quotidiano nazionale, ha risposto la senatrice Valeria Valente.
La Commissione di Inchiesta ad ottobre renderà pubbliche le sue conclusioni: i consulenti tecnici d’ufficio che sposano il costrutto della Pas sono così preoccupati?
@nadiesdaa