Migranti, ma anche anziani, malati in dialisi, donne in difficoltà: è questo il popolo che abita le quattro strutture ora diventate zone rosse. Difficile poi tracciare i percorsi e i contatti dei contagiati
Una storia di invisibilità sociale che d’improvviso diventa uno dei cluster più temuti in Sicilia dall’inizio della pandemia, mettendo gli ultimi al centro della scena. Migranti, ma anche anziani, malati in dialisi, donne in difficoltà: è questo il popolo che abita le quattro strutture palermitane della Missione del francescano laico, Biagio Conte, ora diventate zone rosse. Così ha deciso venerdì il presidente della Regione Nello Musumeci dal momento che i contagi dal 16 settembre continuano a salire. Una percentuale alta di positivi, il 60 per cento, per numeri ballerini: sono 161 i tamponi risultati contaminati da Sars Cov 2 ma sembra che alcuni degli ospiti della missione abbiano fatto il tampone più volte: si tratta di irregolari che forniscono nomi falsi, è stato dunque difficile per gli operatori dell’Asp identificarli.
Si stima ci siano almeno un centinaio di positivi, ma il numero è destinato a salire: sono circa 400 i tamponi già fatti e si attende il risultato di più di 200 di questi, mentre altri tamponi devono ancora essere fatti. Difficile poi tracciare i percorsi e i contatti dei contagiati nei giorni precedenti all’istituzione della zona rossa: persone che avevano lavori temporanei ma in nero, complicato ora vista l’irregolarità degli impieghi temporanei localizzare dove lavorassero, per non dire dei lavavetri ai semafori i cui contatti sono impossibili da ripercorrere. Proprio l’invisibilità dei nuovi contagiati in Sicilia è il dato che desta preoccupazione adesso perché così risulta impossibile prevedere l’estensione del contagio e circoscriverlo. Al momento però nel Palermitano i contagi restano bassi: sono stati 81 ieri, di cui 66 all’interno delle missioni. Non solo, i numeri dei presenti all’interno di queste strutture di accoglienza per gli ultimi si sono notevolmente ridotti rispetto alle stime iniziali. Sono quattro in tutto in città, ma quella che desta più preoccupazione è quella di via Decollati che riceve soprattutto migranti in difficoltà, e irregolari. Qui, prima dell’estate erano in 700, ma adesso i pasti richiesti al Comune di Palermo che sta garantendo l’approvvigionamento, sono stati 300, perché durante agosto e settembre molti sono andati a lavorare nei campi: 450 in tutte le strutture, di cui 300 in via Decollati, mentre era di 900 la stima totale all’inizio. Meno della metà, dunque, ma la situazione risulta lo stesso molto delicata per la fragilità sociale dei soggetti colpiti, e, come si è detto, perché si tratta di persone che fino a qualche giorno fa giravano per il centro di Palermo in cerca di lavoretti.
Tra i contagiati nei giorni scorsi a Palermo anche una dipendente dell’Asp, al Pt Biondo di via La Loggia, per questo uno dei laboratori che processa i tamponi in città ha subito ieri uno stop in vista della sanificazione, riprendendo le attività oggi a pieno regime. È prevista, dopo quella di ieri, anche per oggi pomeriggio una nuova riunione in prefettura per fare il punto della situazione. Nelle quattro strutture è stato disposto il presidio sanitario permanente con medici dell’Asp e di Medici senza frontiere. A destare preoccupazione anche la struttura di via Archirafi dove sono ospitati un centinaio di anziani, alcuni dei quali in dialisi: “Finalmente riusciamo ad avere supporto sanitario per queste persone, siamo missionari ma non infermieri, cerchiamo di dare loro tutta l’assistenza possibile ma hanno bisogno di aiuti specializzati”, ha sottolineato Riccardo Rossi, della Missione di Biagio Conte che invece in questo momento si trova in missione in Scozia, ma chiama costantemente i fratelli e missionari di Palermo. Alta, invece, la tensione in via Decollati, vicino la stazione di Palermo, dove è stato necessario garantire il presidio delle forze dell’ordine. Si tratta di gente in grave difficoltà e in condizioni di irregolarità, veri e propri invisibili sui quali adesso si sono accesi i riflettori. Un’attenzione che ha destato molta preoccupazione tra alcuni di loro che temono di essere espulsi, mentre altri non potendo uscire temono per le loro famiglie di provenienza alle quali non potranno mandare soldi fino alla fine della quarantena. Per questo dopo la riunione di ieri in Prefettura è stato previsto l’intervento di mediatori culturali.
Solo 14 di loro hanno finora accettato di andare nel Covid Hotel San Paolo, dove adesso ci sono in tutto 120 persone. Sono 2316 i positivi al momento in tutta la Sicilia, di cui 2109 in isolamento, mentre 207 sono ricoverati nei presidi Covid, di questi 120 solo nel palermitano. Mentre l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, ha disposto l’acquisto di 2 milioni di test rapidi, di una parte è stata già consegnata venerdì e l’altra sarà a disposizione tra oggi e domani. Pochi minuti per sapere l’esito dei tamponi e circoscrivere i focolai. Nei giorni scorsi anche il sindaco di Corleone, dopo il focolaio scoppiato dopo un matrimonio con 250 invitati, aveva disposto un semi-lockdown in paese, prevedendo la chiusura delle scuole e dei bar e pub dopo le 22, ma muovendosi in autonomia. Dall’assessorato alla salute, assicurano che al momento non sono previste altre zone rosse in Sicilia. Mentre a creare nuove tensioni politiche sono i 60 risultati positivi sulla Open Arms a Palermo. Sono al momento 2500 i migranti in quarantena sulle navi al largo della Sicilia, la cui destinazione dopo la quarantena desta la preoccupazione del governatore, Nello Musumeci, che punta il dito contro l’Europa: “Altre ong pretendono di utilizzare i porti siciliani mentre stiamo scoppiando – detto in una nota Musumeci – Vorrei che ragionassero di questo al vertice europeo del 23 settembre. Vorrei che capissero che l’Europa è assente sul suo fronte più scoperto: il Mediterraneo”.