Una luce in fondo al tunnel. Addirittura, “dopo i mille di Garibaldi, il nuovo Risargimento del calcio italiano”, come dice il presidente della Sampdoria, Massimo Ferrero. Troppa retorica, decisamente. Però una macchia di colore sugli spalti, per una volta vero, non quello virtuale delle grafiche posticce della pay-tv. Un suono autentico, un filo di emozione alle partite, quello sì. È tornata la Serie A. Grazie ai tifosi.

Pochi, a dire il vero: al massimo mille, a volte anche meno visto che data l’incertezza e l’improvvisazione tanti club non hanno fatto nemmeno in tempo ad organizzarsi. Zero sabato pomeriggio a Firenze per il debutto di Fiorentina-Torino, 114 al Bentegodi per Verona-Roma, tutto esaurito a Parma, Reggio-Emilia e allo Juventus Stadium. Nessun pagante, tutti invitati: per iniziative sociali (medici che hanno combattuto il Covid) o commerciali (gli ingressi degli sponsor, così si salvano almeno i ricchi contratti). Non cambia quasi niente e cambia tutto.

Sarà che l’inizio della nuova stagione, la classifica azzerata, orari e giorni di gioco tradizionali, ci hanno restituito una sensazione di normalità. Pur senza particolari spunti calcistici (la solita Juve che vince contro la solita provinciale rinunciataria a Torino, il meglio paradossalmente proprio dallo 0-0 fra Verona e Roma), guardare le prime partite della Serie A 2020/2021 ha avuto un gusto diverso, più autentico. E il merito forse è proprio dei tifosi. Certo, erano decisamente ancora troppo pochi per gli stadi così grandi, specie per i club che continuano a contare nervosamente i milioni persi per il Covid e a fare pressioni sul governo. Però almeno c’erano, si vedevano ogni tanto sulle tribune, si sentivano fra un’azione e l’altra: applausi, esultanze, persino qualche coro al posto del silenzio surreale a cui ci eravamo abituati negli scorsi mesi. Calcio quasi normale. Peccato fosse anche (quasi) fuori legge.

Ad oggi è ancora in vigore un decreto che consente la presenza di mille spettatori in eventi sportivi di “minore entità”: certo non si può dire che la Serie A rientri fra questi. Il via libera è arrivato grazie al solito modus operandi all’italiana, fatto di deroghe, forzature: la “spallata” di alcune Regioni, che per fini politici hanno sfruttato un cavillo del Dpcm (il passaggio dove si autorizza in casi eccezionali i governatori a derogare oltre il tetto dei mille, previo parere del Cts: “Se sopra mille serve il parere del Cts, sotto non ce n’è bisogno”, questo il ragionamento capzioso di Bonaccini &C.); il dover fare buon viso a cattiva sorte del governo, che non potendo andare allo scontro istituzionale in pieno weekend elettorale, ha preferito dare l’ok a tutti per evitare almeno disparità. Che però restano comunque: vale solo per la Serie A, non per altre discipline e categorie minori, infatti la Serie B o i Dilettanti del presidente Sibilia sono sul piede di guerra, in settimana ci vorrà un nuovo intervento uniformatore.

Mille spettatori non fanno davvero la differenza, né per i contagi, né per il calcio. Ospitare così poche persone in stadi così grandi non rappresenta un problema, il divieto era probabilmente eccessivo e ingiustificato. Il punto è che i club non si accontenteranno e questa riapertura minima sarà solo il primo passo per ottenere ciò che vogliono davvero, ovvero una capienza del 30-40%, cioè anche 10-15mila persone a San Siro o all’Olimpico, che per il Comitato tecnico scientifico al momento resta un rischio “impensabile”. La riapertura degli stadi, il ritorno alla normalità del pallone non sarà semplice. Intanto godiamoci il piacere ritrovato, e un po’ proibito, della Serie A con il pubblico. Pare quasi vera.

Twitter: @lVendemiale

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