Presentata la relazione dei magistrati contabili relativa al 2018. I conti in peggioramento creano timori per la sostenibilità di quota 100 che amplia la platea dei beneficiari delle prestazioni. Il nodo dell'inefficienza delle riscossioni, recuperato solo il 18% dei mancati versamenti
I crediti contributivi non riscossi dall’Inps dal 2000 sono pari a 140,6 miliardi di euro. Lo segnala la Corte dei Conti nella sua relazione sulla gestione finanziari dell’Inps nel 2018. La Corte invita anche l’Istituto a verificare se la permanenza in vigore di “quota 100” sia sostenibile per i conti. In merito alle mancate riscossione la relazione specifica come i 140 miliardi sono la cifra che rimane in carico ai soggetti incaricati del recupero delle somme (agenti della riscossione). I crediti al netto delle sospensioni e degli sgravi ammontano a 180 miliardi ma da questi vanno detratte le riscossioni che sono state pari a 39 miliardi. Le riscossioni – segnala la Corte – sono pari ad appena il 18,1 % del totale.
L’Istituto di previdenza ha chiuso il 2018 in rosso per poco meno di 8 miliardi di euro, in peggioramento di circa un miliardo rispetto al 2017. Il bilancio è atteso peraltro alla sfida Covid che impatterà sui conti a partire dall’esercizio 2020. Lo scorso maggio il presidente del consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, Guglielmo Loy, aveva segnalato un rosso da quasi 36 miliardi specificando che “per le pensioni non ci sono problemi, ma se l’emergenza sanitaria dovesse proseguire sarà necessario un intervento del Governo per tenere in equilibrio il sistema previdenziale”.
Nel frattempo le previsioni per il 2019 del Def, scrive ancora la Corte dei Conti, “mostrano un aumento della spesa per pensioni del 3,2 per cento che tiene conto di Quota 100 e delle altre misure correttive alla legge n.214 del 2011″. La spesa per altre prestazioni sociali in denaro è prevista in aumento dell’8,3 per cento rispetto al 2018″, aggiunge la Corte.
Alla luce di una situazione contabile non brillante la i magistrati contabili lanciano quindi l’allarme. “In un sistema previdenziale che eroga ancora gran parte delle prestazioni ad elevata componente retributiva, peraltro, misure ampliative della spesa attraverso l’anticipo dell’età di pensionamento rispetto a quella ritenuta congrua con l’equilibrio attuariale e intergenerazionale, il blocco dell’indicizzazione dell’età di uscita dal lavoro alla speranza di vita e la reintroduzione del sistema delle finestre , comportano sia esigenze di cassa immediate (tipiche, come detto, di un meccanismo a ripartizione), sia debito implicito, in quanto la componente retributiva del trattamento non viene corretta per tener conto della maggiore durata della prestazione”. Va quindi verificata la sostenibilità della spesa nel lungo periodo e agli effetti che sulla adeguatezza delle prestazioni produrranno le azioni normative poste in essere nel presente, vanno altresì considerate le conseguenze di dette azioni sulla sostenibilità del modello da parte del sistema”
Meno ispezioni ma più incisive. Dalla relazione emerge infine che “nel corso del 2018 sono stati svolti 17.410 accertamenti ispettivi, il 12,9 per cento in meno del 2017 . Sul complesso delle aziende ispezionate quelle risultate irregolari sono 14.034, pari all’80%. In notevole diminuzione, inoltre, il numero di lavoratori irregolari rilevati (37.552, – 65,6 per cento rispetto al 2017), mentre rimane stabile il numero delle evasioni totali pari a 5.171 (5.243 nel 2017).