L’area di governo che supera quella del centrodestra a una tendenziale sottostima nei sondaggi per i partiti che sostengono la maggioranza. Sono queste le due principali novità contenute da una analisi dell’Istituto Cattaneo dedicata all’esito delle elezioni. “Le regionali del 2020, nel loro complesso, segnano una ripresa sul piano elettorale del centrosinistra, la buona tenuta del Pd e un ampliamento dei consensi per l’area di governo (Pd + altri di centrosinistra + M5S). Nell’insieme delle regioni che sono andate al voto nell’ultima tornata, l’area di governo prevale rispetto al centrodestra in un rapporto di 57 a 43“, si legge nel report firmato da Marco Valbruzzi e dal direttore dell’Istituto, Salvatore Vassallo.
“Questo dato – continua l’analisi – non può essere immediatamente proiettato al livello nazionale, ma segnala un equilibrio diverso da quello rilevato dai sondaggi pre-elettorali per le regionali e diverso anche da quello segnalato dai sondaggi degli ultimi mesi sulle intenzioni di voto per il Parlamento. Un indizio che sembra segnalare una tendenziale sottostima in questo momento del voto per i partiti di governo nei sondaggi e una situazione di maggiore equilibrio tra governo e opposizione nell’elettorato”.
Sul fronte dei singoli partiti, continua il Cattaneo “il Pd si conferma primo per consensi nel complesso delle regioni chiamate al voto nell’ultima consultazione. Seguito da Lega, Fratelli d’Italia, 5 Stelle e Forza Italia.Questo dato va ovviamente letto considerando che in Campania e Veneto i voti di molti potenziali elettori di Pd e Lega sono andati alle liste dei presidenti”. E dunque i voti raccolti dalle liste di Luca Zaia e Vincenzo De Luca, che alle politiche andrebbero in maggioranza al Carroccio e ai dem. “Tenendo conto di questi voti – continua l’analisi – si ha un quadro più realistico della distanza che ancora separa i due partiti principali dalle altre forze politiche delle due aree. Il Pd risulta quindi non solo stabile, ma lievemente in crescita. Il calo della Lega risulta ridimensionato. Restano evidenti le altre tendenze. Continuano la rapida ascesa di Fratelli d’Italia (primo partito al Sud nel centrodestra), il crollo repentino del Movimento 5 Stelle, la discesa costante di lungo termine di Forza Italia”.
L’istituto Cattaneo ha anche analizzato i flussi elettorali relativi al referendum sul taglio dei parlamentari. Nelle grandi città gli elettori del M5s sono stati compatti sul Sì, quelli del Pd si sono invece divisi tra Sì, No e astensione, mentre gli elettori di centrodestra hanno sostenuto a maggioranza la riduzione dei parlamentari. Lo studio sottolinea la buona partecipazione, al 53% quasi in linea con il 56% delle Europee dello scorso anno. Tuttavia guardando più a fondo il dato globale, si notano due driver: nelle sette regioni in cui si è votato anche per l’elezione del governatore la partecipazione è stata più alta (in media 63,7%) delle restanti regioni (in media 48,2%), con l’eccezione del Trentino in cui però si svolgevano le elezioni comuniali nel 95% dei municipi. “Il contributo netto delle elezioni regionali è stimabile nell’ordine dei 5,6 punti percentuali”; in secondo luogo la partecipazione è stata maggiore al nord che al Sud, dove quindi l’effetto traino delle elezioni Regionali è stato maggiore.
L’Istituto compie poi una analisi dei flussi rispetto al referendum del 2016 sulla riforma Renzi-Boschi: “Sembrerebbe che le due riforme costituzionali – si legge nel report – siano state interpretate dagli elettori in modi nettamente contrapposti. Chi aveva giudicato quella del 2016 una “schiforma” (così la chiamarono alcuni oppositori) ha in larga misura aderito alla riforma per la riduzione dei parlamentari. Al contrario la maggior parte di chi aveva appoggiato il cambiamento della Costituzione voluto da Renzi ha in larga misura bocciato il taglio dei parlamentari”.
L’analisi poi si concentra sulle risposte dei cittadini al quesito referendario: il No è andato meglio al Nord che al Sud, e nelle grandi città rispetto ai piccoli centri. Al Sud hanno votato contro il taglio dei parlamentari al 27,4% ma nelle città con più di 250mila abitanti questa percentuale raggiunge il 35,5 per scendere gradualmente con il diminuire delle dimensioni delle città fino al 24% nei piccoli centro. Al Nord il No è su livelli superiori, cioè al 32%, ma anche qui si va dal 41,4% delle grandi città sino al 30,9 dei piccoli comuni. Per quanto riguarda i partiti “in media, circa un elettore del Pd su due ha votato a favore della riduzione dei parlamentari, mentre la parte rimanente si è divisa tra il No e l’astensione”. Nei grandi centri, poi, gli elettori Dem si sono orientati sul No, come a Napoli (53% sì, 47% no) o a Torino (45% No, 40% Sì, 15% astenuto).